Dopo le prime tre partite in cui Team Usa aveva vinto con uno scarto medio di 52,5 pti (persino superiore al già incredibile 48,0 con cui iniziò il torneo olimpico del “Dream Team” di Barcellona) la gara di quarto turno con la Lituania è stata la prima in cui la formazione a stelle e strisce si è trovata a giocare un finale in volata.
Singolare che sia successo proprio contro la squadra lituana che rischiò di interrompere l’egemonia statunitense qualche olimpiade fa con una tripla di Jasikevicius che però non trovò il bersaglio; singolare che alcun dei giocatori di allora fossero in campo anche nella sfida di ieri.
Team Usa dopo un inizio di torneo olimpico piuttosto morbido ha trovato per la prima volta situazioni di gioco che inevitabilmente dovrà affrontare dai quarti di finale in poi, con formazioni poco propense a lasciar correre la squadra americana portando il gioco a ritmi più bassi e cercando di limitarne lo strapotere fisico ed atletico.
Ieri infatti il rientro della formazione lituana è avvenuto in concomitanza con l’abbassamento delle percentuali del tiro da tre punti della formazione a stelle e strisce (dopo un inizio strepitoso dalla lunga distanza è seguito un 1/11); costringere infatti gli americani ad accontentarsi del tiro da fuori sembra poter essere una delle chiavi tattiche con cui arginare l’atletismo strabordante di James e compagni, vuoi per la disabitudine ad attaccare zone vere e proprie vuoi anche per i pochissimi riferimenti che l’ arena in cui si stanno giocando le partite da ai tiratori e che quindi, come abbiamo visto in tutto il torneo, fanno precipitare le percentuali al tiro.
Prima dell’ inizio delle Olimpiadi si era scritto molto riguardo al possibile accostamento di questa selezione statunitense con l’ Original “Dream Team”.
Fu Kobe Bryant per primo a sostenere questa tesi, che molti addetti ai lavori ed appartenenti a quella meravigliosa squadra cercarono di ridimensionare; geniale l’uscita d Larry Joe Bird che disse che in effetti dopo 20 anni di inattività poteva essere un pò fuori forma… insomma dopo le prime dichiarazioni lo stesso Kobe ma anche James e Melo avevano parzialmente ritrattato quanto detto, tant’è che nelle interviste pre-gara con la Francia la frase d’ordine era diventata: “Win is a win”.. poi sono iniziate le partite e fino alla gara di ieri quel paragone non era più sembrato così blasfemo!!
Al di là degli scarti, quello che fino ad ora ha colpito di Team Usa è la superiorità dimostrata in ogni partita, sia da un punto di vista tecnico che atletico e di talento.
Il Torneo Olimpico si è aperto con un confronto sulla carta non dei più semplici; la Francia rappresentava una delle candidate ad una medaglia ma nonostante questo Kobe e compagni dopo un primo quarto equilibrato hanno giocato i due periodi centrali ad un livello sia atletico che di intensità irreale scavando un solco che un Tony Parker carente di condizione non ha saputo arginare oltre a limitare il talentuoso Nicolas Batum rendendogli la vita impossibile in attacco e facendolo uscire mentalmente dalla partita.
Gli USA in quella prima partita hanno dimostrato di poter cambiare ritmo in qualsiasi momento anche aiutati dal fatto di aver portato 12 giocatori veri tanto da non notare sostanziali differenze tra primo e secondo quintetto e tenendo in considerazione che l’undicesimo e dodicesimo giocatore rispondono al nome di James Harden, di cui credo si sia parlato a sufficienza nell’ ultima stagione ed alla prima chiamata assoluta del Draft 2012 Anthony Davis (ieri neppure entrato nonostante le buone prestazioni fin qui fornite).
Se più di qualche addetto ai lavori sottolineava, prima del’ inizio del torneo olimpico, la carenza di lunghi nel roster americano, con il solo Tyson Chandler come centro puro, fino ad ora la scelta dello staff a stelle e strisce sembra aver pagato anche se né la Francia né tantomeno Tunisia e Nigeria potevano essere considerati dei test significativi. Ettore Messina, sollecitato sull’ argomento, ha giustamente ricordato che la versatilità dei giocatori americani può tranquillamente sopperire a mismatch problematici non scordandosi mai che per i vari Scola, Gasol e compagnia ci sono poi da marcare giocatori come James e Durant che possono diventare dei rebus irrisolvibili.
Le prime gare ci hanno raccontato di una squadra statunitense molto concentrata sul proprio gioco e sul proprio obbiettivo ovvero quello di stravincere il torneo e di conseguenza portarsi a casa la medaglia del metallo più prezioso. A mio modo di vedere l’azione simbolo rimane una delle primissime giocate di tutto il torneo : il passaggio schiacciato dalla propria metà campo di LBJ a KD con conseguente schiacciata ed and one è stata l’ estrema sistemi dello strapotere fisico ed atletico unito ad un talento che nessuna team può mettere in campo.
La sfida con la Lituania ha fatto suonare il primo campanello d’allarme mostrando al mondo intero che anche una squadra stellare come quella americana può essere contrastata, dal versante americano un piccolo bagno d’umiltà come quello di ieri può essere servito a ricordare che non tutte le squadre concederanno spazi in campo aperto per schiaccite e facili lay up tanto che persino coach Krzyzewsky si è detto contento di aver giocato una partita tirata come quella di ieri sicuro che dai quarti in avanti ogni singola gara dovrà essere lottata e giocata con una mentalità ancora più dura di quella mostrata fino ad oggi
Spagna Argentina, che sono le formazioni accreditate della maggiori chance di battere Team Usa, o per lo meno di poterlo infastidire, hanno avuto un inizio balbettante, con la prima che dopo aver mostrato una incapacità preoccupante nel riuscire a giocare tutta una partita allo stesso livello ha trovato la prima sconfitta del torneo contro la Russia sempre più sorpresa del torneo. Ora la Spagna si trova in una situazione particolare dovendo scegliere se perdere l’ultima sfida di girone contro il Brasile evitando quindi gli Stati Uniti fino alla finale o vincere accollandosi il rischio della scelta fatta.
Nella sconfitta contro la Russia si sono rivisti tutti i difetti di una squadra che come giustamente ha sottolineato Pau Gasol si sta fidando troppo del suo talento e non sta’ affrontando con la giusta cattiveria agonistica un torneo così importante. Ad oggi viene difficile credere che un roster così talentuoso possa mancare l’obbiettivo di una medaglia ma con l’arrivo delle partite ad eliminazione diretta un solo passo falso cancellerebbe l’ottimo lavoro fatto fino a qui da Sergio Scariolo ed il suo staff.
L’ Argentina dopo un esordio convincente proprio contro la Lituania è uscita sconfitta dal confronto con i Blues (disintegrati da Team Usa nella partita d’esordio) facendo venire a galla i tanti dubbi su un roster di sicuro valore ma vecchio e con pochi cambi al livello dello starting-five e quindi penalizzato da una formula che vede in campo tutte le squadre ogni due giorni.
Due parole le vorrei spendere ancora sul team di David Blatt; partita per lottare per una medaglia ad oggi è la squadra, USA a parte, ad aver espresso il miglior gioco, guidata sapientemente in panchina dal coach americano ed in campo da un Kirilenko fresco di firma con i T-Wolves e da Sved anch’egli messo sotto contratto dalla formazione di Minneapolis.
Nonostante un talento medio inferiore a molte altre contendenti la Russia sta riuscendo a ricavarei l meglio da ogni giocatore anche aiutata dalla non eccellente forma di alcune formazioni è già sicura del primo posto nel girone.
Ad ogni modo sembra evidente che quello che differenzia questa versione di Team USA con tutte le altre contendenti è la profondità del roster; Spagna, Francia, Argentina, Russia e Brasile hanno ottimi giocatori ma sono quasi totalmente prive di ricambi all’ altezza. A peggiorare la situazione poi ci sono anche condizioni non eccelse di alcuni giocatori chiave quali Parker per la Francia e Navarro per la Spagna rientrare proprio nella partita persa contro la Russia, oltre ad altre stelle che sono arrivate al torneo olimpico stanche e logorate da una stagione NBA frenetica causa lock-out e che inevitabilmente ha pesato di più sui giocatori dalla carta d’identità sbiadita.
Jalen Rose in una analisi pre-olimpiade aveva giustamente sottolineato come fosse sempre più difficile per la squadra americana vincere in quesiti tornei; vuoi per regole leggermente diverse vuoi soprattutto per l’enorme quantità di giocatori stranieri protagonisti anche a livello NBA.
Questa olimpiade, ed in particolare queste prime partite, stanno dimostrando che c’è sicuramente un maggior equilibrio tra i vari team con la formazione americana che sembra comunque superiore alle avversarie; il cambio di mentalità è sicuramente arrivato, in primis da parte della federazione statunitense e dal coaching-staff che ormai conoscono tutti gli avversari nei minimi dettagli non tralasciando più alcun tipo di particolare e poi dagli stessi giocatori che stanno finalmente giocando “per il loro paese”; onestamente ad oggi credo ci siano pochissime possibilità di vedere un vincitore del torneo olimpico diverso da quello con scritto USA sulle magliette.
Questa certezza, che si è radicata in quasi tutti gli addetti ai lavori, non deriva tanto dagli scarti fantascientifici o dal record di punti realizzati in un torneo olimpico, ma dalla consapevolezza che Team Usa non è una selezione All-Star in cui ognuno vuol far brillare la propria stella ma è una Squadra in cui ognuno ha accettato il proprio ruolo.
Coach K ha ben definito i compiti all’ interno del team evitando di far nascere gelosie e chiarendo fin dal torneo pre-olimpico chi dovesse fare cosa.
Dal canto loro i giocatori si sono completamente messi a disposizione accentando status sicuramente diversi da quelli che ricoprono all’ interno delle franchigie d’appartenenza. Anche ieri al primo momento di difficoltà la squadra americana è stata capace di sfumare l’enorme talento del’ MVP del’ ultima stagione Lebron James autore di 7 pti nel parziale decisivo di 10-2 che ha permesso a Team Usa di continuare la propria cavalcata verso l’oro
E’ questo forse il tema più importante di tutti, Krzyzewsky ha portato una mentalità nuova, più vicina a quella del college, dove il nome che conta è scritto davanti alle divise da gioco, avendo a disposizione però il meglio a livello di talento assoluto.
I giocatori per una volta hanno messo da parte il loro ego, giocando per la loro gente e non per soldi o contratti da strappare lasciando da parte ambizioni personali. Il connubio sembra funzionare e forse per la prima volta da Barcellona 92 si potrà tornare a parlare di Dream Team.
Tifo Knicks dal 1993 e da allora non ho potuto più smettere!
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