Premessa: cercare di capire il segreto di questo sport, la magia in cui dimora è un tentativo tanto arduo quanto inutile.
Si può discutere di schemi e allenatori, guardie e ali, transizioni e contropiede, schiacciate e triple, falli (fortunatamente poco) e turnovers, si possono studiare, elaborare e calcolare numeri e statistiche di qualsiasi tipo, si possono rivedere partite e vivisezionarle con metodi militari in ogni singola situazione, ma trovare il vero motivo, il segreto per cui una squadra dopo aver solo vinto per quasi due mesi (20 W in a row) perde 4 partite di fila in una settimana appartiene solamente, come detto, alla magia di questa meravigliosa palla a spicchi, le cui storie ci “limiteremo” a raccontare.
A due gare dalle quinte finals degli ultimi 14 anni (e di tutta la loro storia), a due gare dal sogno di concludere per Duncan, Pop & co. la loro dynasty (come scrisse il San Antonio Express il 15 giugno 2007, il giorno dopo il quarto trionfo) con un ultimo banner da appendere al soffitto dell’ AT&T center, a due gare dalla possibilità di eliminare gli “sbarbati” (non tutti) cugini dell’ Oklahoma, i San Antonio Spurs devono abdicare e probabilmente chiudere la loro epoca di dominio. O forse no?
Cavalcando un’ onda lunghissima di vittorie nel finale della regular season e nei primi due turni di playoff e dopo aver portato la serie sul 2 a 0 convincendo (ma probabilmente soprattutto convincendosi) che la profondità del loro roster, l’esperienza dei loro big three e il fattore campo a favore potesse bastare per raggiungere nuovamente le finals, gli Spurs appena volati nell Oklahoma si fanno travolgere dall’ ondata azzurra-arancio senza dar l’impressione di riuscire mai a reagire soprattutto in alcuni giocatori come Tony Parker, mvp della loro stagione, il quale da gara 3 in poi, cioè da quando è stato preso in marcatura da Sefolosha, è completamente sparito dalla serie dando così un bel contributo alla disfatta.
Dopo l’ormai celebre orazione conclusa con “I want some nasty” del finale di gara 1 la cui influenza positiva si è allargata anche alla palla a due successiva, Popovich non è riuscito a farsi trovare pronto agli adeguamenti eseguiti da gara 3 in poi da coach Brooks.
In particolare, l’allenatore dei Thunder ha gestito in maniera eccellente la serie avendo deciso di mettere presto nell’ azione la palla nelle mani di Durant il quale ha assistito come probabilmente mai in carriera i compagni trovandoli anche in career game come Ibaka, il quale in gara 4 ha tirato 11/11 dal campo, mettendo anche decisivi jump shot, non proprio la specialità della casa.
La squadra texana ha così chiuso la sua stagione, partita, come ormai succede regolarmente negli ultimi anni, senza i favori del pronostico, ma terminata per il secondo anno consecutivo con la miglior percentuale di vittorie ad ovest trascinata da uno strepitoso Tony Parker e da un eterno Tim Duncan, il quale ha tirato fuori energie che sembravano ormai replicabili solamente nelle immagini di repertorio e lampi di un basket di un altro livello, conditi come al solito dalla classica calma imperturbabile che ha sempre contraddistinto il nativo di St. Croix.
Alla fine, proprio contro i “cugini” piú giovani, piú freschi, piú attrezzati fisicamente e probabilmente con piú fame di vittoria sono venuti fuori tutti i limiti di un roster che ha fronteggiato durante il corso di tutta la stagione il logorio fisico causato dall’ormai “avanzato ingiallimento” delle carte d’identità (indimenticabile il referto della gara contro i Sixers del 25 marzo in cui Duncan venne dichiarato DNP – old).
Considerando che difficilmente sarà replicabile una stagione così straordinaria, nonostante alla fine non si sia rivelata vincente, questa dynasty, questa era di dominio, la più lunga di tutto lo sport professionistico americano, durata quasi un decennio, probabilmente sarà costretta a terminare in tempi brevi nonostante la franchigia sia gestita da un general manager come R.C. Buford che sta facendo scuola in tutta l’nba e i cui assistenti (tra i quali il general manager degli stessi OKC Thunder, Sam Presti) si stanno diffondendo in tutte le franchigie.
Ma i Michelangelo, gli artisti che hanno dato le prime pennellate a questo progetto che rimarrà per sempre nella storia del basket USA, l’ allenatore dal sangue serbo, Coach Pop e l’ex nuotatore caraibico, Tim Duncan, partiti nel 1996 dal terzo peggior record dell’ NBA e arrivati fino al tetto del mondo (not one, not two, not three but four), saranno probabilmente i primi ad abbandonare, se non la prossima stagione, quella successiva e come dice Manu Ginobili: “Tim ha 36 anni, io 35, la nostra finestra si sta chiudendo”. O forse no?
@tanni__b / giovanni.benveniste@gmail.com
Sicuramente la nostra storia l’abbiamo fatta. Io mi auguro che la dinastia non sia finita. Spero continui anche senza Tim e Manu, anche se trovare due hall of famer così non è facile, magari con qualche nuova pedina promettente. Questa stagione avrei giurato che l’avremmo vinta, abbiamo fatto dei palyoff da sogno, ma dopo gara 3 Vs Oklahoma non siamo più riusciti a rialzarci in piedi.
Il futuro? Finchè il numero 9, 20 e 21 continueranno a giocare, io ci credo fino in fondo. Coach Popovich saprà ricostruire una squadra competittiva anche per il 2013.
Go Spurs…GO!
I thunder che hanno giocato contro gli Spurs avrebbero vinto il titolo…. Ibaka è scomparso e anche Durant non è stato lo steso, non parliamo del barba.
Detto ciò a me mi fanno imbestialire ogni hanno questi articoli su Celtics e Spurs… cavolo sono entrambe arrivate ad una passo dalla finale e sembra che si debba buttar via la squadra. Andate a dirlo ai Nets, Wolves, Clippers, tanto per citarne alcune squadre quanto pagherebbero per arrivare in finale di conference. Non è che se non vinco il titolo o si crede che non sia una contendere devo rifondare.
Finchè hanno volgia di giocare i vari Duncan, Garnett e Ginobili si continua su questa strada e chi sa mai se Bosh non mette 3/4 da 3 in gara 7….
Quoto Ema!
Beh non penso che l’articolo fosse un attacco agli Spurs, tutt’altro…è normale chiedersi se una squadra che ha due delle sue tre stelle sopra i 35 anni durerà ancora tanto…detto questo, sono già un paio di anni che si dice che è l’ultimo anno degli Spurs…