I Nuggets sono fuori, anche quest’anno al primo turno, ma la base da cui ripartire nella prossima stagione si è fatta solida. Hanno un buonissimo quintetto di partenza e una lunga panchina, da cui trarre punti ed energie nei momenti di difficoltà.
Il primo mattone lo hanno messo gli scout lo scorso draft quando hanno preso col 22° pick del primo turno Kenneth Faried che è diventata la vera sorpresa di quest’anno.
Partito in quintetto dopo la pausa All Star Game, coach Karl, non l’ha più tolto. Faried ha un atletismo spaventoso, lotta su ogni pallone e sembra non fermarsi mai. Un esperto come l’ avvocato Buffa l’ ha paragonato al miglior Rodman.
Dennis era una tigre furiosa, ma sregolata, Kenneth invece è un ragazzo con la testa a posto, cresciuto in un ambiente senza eccessi come è il New Jersey e quindi senza problemi di disciplina; in più, esordire nella NBA in Colorado, piuttosto che L.A. o a New York aiuterà ancora di più questo giocatore nella sua maturazione. The Manimal diventerà il pezzo più pregiato di questi Nuggets e se aggiungerà il tiro, ora praticamente assente, e un buon movimento spalle a canestro al suo arsenale, con il fisico che si ritrova, diventerà davvero un fenomeno.
Senza una vera point-guard però una squadra non può diventare pericolosa: questo per fortuna, non è il caso di Denver che si terrà ben stretto Ty Lawson.
Un play alla nuova maniera, di quelli che corrono, vanno al ferro e segnano tanto (16.4 punti ,di media, in regular season e 19 nei playoffs). Ty se paragonato a nomi illustri, quanto a talento, come Rose e Westrbook, non sfigura e anzi ha una qualità che gli altri due inizialmente non avevano: un gran bel tiro da fuori, che gli esce in modo naturale.
Ty inoltre, possiede un gran controllo del corpo e un discreto fisico che gli permettono di arrivare al ferro e di trovare o un fallo o un canestro da “highlights”.
Ogni team ha un uomo che è il metronomo, quello che ti può cambiare la partita sia in difesa che in attacco, e il metronomo dei Nuggets è Danilo Gallinari. Danilo è quello che può portare davvero lontano questa squadra e questo lo sa anche Karl, che lo fa partire sempre in quintetto.
Le qualità del Gallo le conoscono tutti: grandissima tecnica, buonissima difesa, freddezza dalla lunetta e gran tiro da 3. Ma ha ancora molto da migliorare, come ad esempio il gioco spalle a canestro, praticamente mai utilizzato, e le penetrazioni, un po troppo timide per uno della sua stazza.
La cosa che però può far cambiare marcia alla sua squadra sta nella sua costanza ad iscriversi al tabellino: Danilo se riesce a portare la sua media di punti a partita (14.6, scesi a 13.4 nei playoffs) sopra i 20 punti, cosa più che possibile per lui, allora potrà fare la differenza per Denver tra vincere e perdere quelle partite che possono significare giocarsi magari una gara 7 in casa piuttosto che in trasferta.
Già perché il Gallo inizierà con una maturità e una grinta maggiore il prossimo anno e vorrà migliorarsi a tutti i costi, vista la sua delusione dopo l’ eliminazione allo Staples; si è infatti chiuso in camera e non ha rivolto parola a nessuno per giorni interi.
Quando però l’ affidabilità di certi giocatori manca, coach Karl può sempre fare affidamento su Aaron Afflalo. L’ ex Bruins è il giocatore più versatile e completo a disposizione: è un grandissimo difensore, possiede un’ elevata intelligenza cestistica e una grande affidabilità anche in attacco, dove trova buoni canestri, anche dall’arco (39.8 % in stagione). Inoltre è uno di quei giocatori che può partire sia da titolare che dalla panchina, offrendo sempre il suo contributo alla causa senza cali.
In Colorado dopo il terremoto scatenato dalla partenza di Melo, tutti hanno reagito alla grande, e i risultati lo dimostrano. Ma non tutti si sono ancora messi completamente in luce: uno di questi è Timofey Mozgov, il quale non ha ancora convinto il suo coach a concedergli lo spazio in partita (15.6 minuti).
Il russo però ha qualità, che seppur nascoste, in alcune occasioni sono venute alla luce: è un centro puro, alla vecchia maniera, ma diversamente dagli altri colleghi, possiede un’ agilità fuori dal comune per uno della sua stazza. Il ragazzo se lavorerà duramente sulla sua tecnica e sulla sua mentalità, potrà diventare il punto di riferimento di questa squadra all’ interno del pitturato.
La base, come quella della squadra, c’è, bisogna solo dargli tempo di maturare, aiutandolo, magari, mettendogli al fianco qualcuno che gli possa insegnare i “trucchi del mestiere”; in ogni caso, si sa, che i centri maturano sempre più tardi degli altri giocatori, quindi bisogna avere solo fiducia per questo giocare, sperando che si accorga, davvero, del suo potenziale.
Ed arriviamo alla trade di cui tutti hanno parlato: dopo avergli fatto firmare un contratto da 67 milioni di dollari, il buon Nenè – buono ma sempre acciaccato – è stato spedito a Washington. In cambio hanno liberato spazio nel cap salariale e hanno ottenuto come pedina di scambio, uno che da tanti, e per i giusti motivi, è stato definito un “fenomeno da baraccone”.
Stiamo parlando di Javale McGee, quello che per stoppata intende mandare la palla in tribuna o quello che per divertirsi quando non si allena, “sniffa” cannella… Il più grosso problema di Javale sta, da sempre, nel suo carattere.
Lui, nato in una più che modesta città nel Michigan, la testa proprio non la usa, né fuori né dentro al campo da gioco e molte spesso pensa più allo spettacolo che alla vittoria; ma durante il finire della stagione e soprattutto durante i playoffs, quando in gara 5 a Los Angeles ha umiliato Andrew Bynum, si sono visti sprazzi di uno che potrebbe, tranquillamente, diventare un campione.
Già perché un giocatore di 213 cm che salta con quella facilità ed energia e corre da una parte all’altra del campo in quella maniera, forse in NBA non c’è mai stato. Karl non può pretendere tutto da subito da questo ragazzo, ma se anche lui gioca solo metà delle partite come gara 5 allo Staples, allora per staff e squadra la sua trade potrà considerarsi un successo.
In più non dimentichiamoci che, grazie allo spazio salariale liberato, i Nuggets si sono portati a casa il “figliol prodigo” dalla Cina, Wilson Chandler.
Chandler è stato voluto fortemente dalla dirigenza poiché aveva lasciato una buonissima impressione nell’anno trascorso tra le montagne; l’ex Knicks ha potenziale, tecnica e si aggiunge alla lista di quei giocatori che possono portare punti preziosi, oltre all’abilità di risolvere da solo la partita.
I Nuggets hanno un futuro roseo davanti a loro, e possono arrivare a giocarsi, tranquillamente, la finale di conference visto tutto questo potenziale del quintetto base e della lunga panchina.
Prima di parlare di titolo, bisognerà tirare fuori una All Star dal cilindro, senza però cambiare e rivoluzionare questo team, che “grazie” a Melo si è rafforzato, diventando una squadra con cui fare i conti ad Ovest.
Gli avversari sono avvisati, per poter puntare in alto, si dovrà passare per il Colorado e per il Pepsi Center.
Innamorato della NBA da un paio d’ anni, vero appassionato di LeBron dal suo primo anno nella lega e tifoso di tutte le squadre presenti a Miami. Non si perde un match dei suoi Miami Heat e segue costantemente anche la MLB, la NFL e il College BB.
Io non riesco ad essere tanto ottimista sui Nuggets, per ora. Mi spiego punto per punto :
1) Ty Lawson è un play moderno nel senso che è un non-play. È un buon tiratore e penetra con disinvoltura, ma non ha letture del gioco degne di nota. Forse con la struttura di squadra attuale lui funziona per una serie di motivi (la squadra gioca in velocità e lui più di tutti, 2-3 passatori almeno discreti in quintetto li trovi sempre…) ma ai PO si rimane sempre al guado ;
2) La storia di Gallo go-to guy non riesco proprio a berla! Con tutta l’ammirazione che ho per lui, non è a quei livelli : il tiro pare involuto rispetto al periodo di NY, il gioco in post da rivedere per uno con la sua stazza e le penetrazioni troppo poche, presenza a rimbalzo sub-par e tendenza alla giustificazione per via degli infortuni. Spero che i giorni passati a non parlare a nessuno dopo gara 7 gli abbiano permesso di accendere un fuoco che possa ardergli per diversi anni, perchè io continuo a ritenerlo soft, il che mi fa incazzare di brutto perchè potrebbe essere un overall 5 stelle extra-lusso ;
3) Il gioco dello scambio di Nené per McGee e lo spazio per firmare Chandler ad oggi non vale neppure lontanamente la candela. Ho forti dubbi sul funzionamento delle sinapsi del centro, mentre 8M all’anno per un 6° uomo, anche se W. Chandler, non ci stanno ;
4) Continuo a non capire il senso di “Denver si è rafforzata con la cessione di Melo”, sarà un mio problema ma non riesco ad inchiodarlo nella mia testa.
1) Quoto in toto.
2) Quoto in parte. Il Gallo è un giocatore ancora in trasformazione (però ho molti dubbi anch’io).
3) Lo scambio Nenè/McGee va visto sotto un altro punto di vista, cioè come una specie di sign and trade differita nel tempo. Nenè rischiava di andare via a zero. L’unico modo di tenerlo era con un contratto paragonabile a quello che gli avrebbero offerto in qualche gulag (dove è puntualmente finito). Una volta sotto contratto con un quinquennale ricco, il suo valore di scambio è precipitato (quasi 30enne injury prone). Javalone era tutto quello che si poteva rimediare in cambio, poco ma pur sempre più di niente.
Quanto a Chandler, stessa cosa: se uno si rinnova a 8M è perchè i procuratori si premurano a informare che questa o quella franchigia li offrirebbe. Credo che anche a queste cifre abbia mercato, quindi ok.
4) Beh come risultati siamo lì, in più la squadra è molto più futuribile.
Denver si è rafforzata con la cessione di Melo è semplice da capire; se guardi le partite di New York noti come il gioco cambi quando la palla è tra le mani di Melo: da uno champagne passiamo a un vino preso al supermercato a pochi centesimi. Melo tiene troppo la palla per se e non crea gioco per i compagni. Denver senza di lui ha dato libertà a molti altri talenti come Faried e Gallinari o i due pivot. Se messi in movimento ad alti ritmi pochi ci stanno dietro e Melo sarebbe stato inadeguato in un sistema in cui la forza è il collettivo e non l’All Star.
mi sembra un articolo da tifoso.
con questo roster non vedranno mai le finali di conference. buona squadra, un pò meglio di indiana forse, ma senza un giocatore determinante. Credo che oltre a lakers OKC e SPurs perdevano con Dallas Clippers e MEmphis..
Sapessi quanti ne ho letti di articoli da tifoso, puff…alcuni senza capo ne coda.
Anch’io simpatizzo Nuggets, e devo dire che sono molto soddisfatto sia della squadra che della dirigenza. Nessun rimpianto per chi è andato via, siamo molto meglio adesso, dobbiamo solo crescere e continuare a sviluppare i giovani insegnando un basket corale e senza individualismi. Poi più avanti potremmo piazzare qualche ulteriore colpo mercato.
1) ok ty lawson non è un playmaker puro ma perchè westbrook e rose, 2 tra le migliori pg dell’nba, lo sono???? ty non sarà dello stesso livello di questi 2 ma è un ottimo giocatore e ,soprattutto ai playoff di quest’anno, l’ha dimostrato
2) capitolo GALLINARI: come già avevo detto in precedenti discussioni l’italiano è arrivato in nba come specialista del tiro.. ci si è accorti in seguito che oltre a a tirare sapeva fare bene parecchie cose.. con quel tiro e e quella versatilità si prospettava un futuro da all star.. poi quel tiro è praticamente sparito e in questo gioco x attaccare tirare bene rimane la cosa piu importante.. spero che la serie con i lakers l’abbia fatto riflettere e lo spinga già da st’estate a migliorare il suo fondamentale..se torna a tirare come a new york unito a tutte le altre cose che sa fare piu che discretamente( passare la pallla, guadagnare tiri liberi, catturare rimbalzi,difendere…) diventerà un all star..
3) denver ha un bel gruppo ma x il futuro vedo meglio altri nuclei (OKC,MIN,NOH da ieri..).. cmq x la loro competitività passerà tutto dai miglioramenti del gallo anche perchè dall’anno prox il nostro connazionale richiamerà 11 mln all’anno..
4)SCAMBIO MCGEE-NENE: concordo in toto con LATRINLOVER.. e poi comunque solo x le sue doti fisiche una chance a Javale la darei sempre..
Do un pò di risposte sparse a tutti, giusto per spirito d’ iper-interattività :-)
1) Forse l’autore dell’articolo ha una simpatia particolare per i Nuggets ma il tema non è trattato in maniera troppo “mark” o in stile LeBron hater o lover che sciaguratamente girano nel forum, quindi pur non concordando “in toto” non mi sento di bollarlo come parola di tifoso ;
2) Il punto è: la franchigia quanto è davvero futuribile? Io voglio crederlo sul serio perchè l’età media è bassa e il talento c’è, ma qual’è il livello dell’asticella? Gallo si darà una mossa o resterà un quasar? Che margini di miglioramento ha Faried? Il nodo del centro che risposte avrà? Troppi dubbi ancora e ne basta uno affinchè le cose restino così ;
3) Ty Lawson è nè più nè meno che un Westbrook dei poveri, troy hudson ci ha preso in pieno. Solo che ad OKC c’è anche una frontline composta da un tizio col 35 che fa accapponare la pelle e 2 bestie spaventose per cm, kg e presenza sotto i tabelloni, laddove a Denver c’è un italiano che deve ancora decidere cosa farà da grande, un’ala grande sottodimensionata e con difetti ancora troppo evidenti e un punto interrogativo al centro. Morale: se Westbrook sgarra la giornata, in un modo o nell’altro i Thunder trovano produzione altrove, a Denver se Lawson canna la partita è la fine, ci si deve mettere in mano a Miller (al quale non si possono più chiedere miracoli) ;
4) Sulla questione McGee-Nené concordo con voi. Dico solo che fino ad ora non ne è valso la pena, ma se Javalone inizia a ragionare è ottimo. Ma è innegabile che fin quando c’è stato Nené s’è trascinato tutto il gioco di post sulle sue spalle, pur (a mio avviso) non essendo affatto un vero centro ;
5) Capitolo Chandler : è evidente che il mercato ha fatto il suo prezzo. Lui avrà ancora mercato, la cifra non è balorda in assoluto perchè il ragazzo è forte, ma forse (e sottolineo forse) questo spazio salariale poteva essere dirottato sulla free agency.