“I was a little bit disappointed in my performance last” ha detto nel dopo-gara il francesino degli Spurs. Ce ne siamo accorti. Nella notte Tony Parker, autore di 28 punti, 8 assist con 10-19 dal campo, ha guidato i suoi speroni alla prima vittoria in un opening game di una serie dal 2008.
Lo scorso anno la sconfitta in gara 1 contro i Grizzlies aveva compromesso la serie, risoltasi con la disfatta in sei partite dei nero-argento. Quest’anno coach Pop ha chiesto ai suoi di essere più lucidi, onde evitare il ripetersi della situazione. Inoltre i Big 3 del Texas (Duncan, Ginobili e Parker) sono stati messi a riposo precauzionale, data anche l’età non più rosea, nelle ultime due partite di regular season. Questa opportunità non è stata concessa ai Jazz, reduci sì da 5 vittorie, ma anche da un’estenuante lotta per andare ai playoff, conclusasi solo nella penultima partita.
Le novità nei quintetti sono state l’inserimento di Josh Howard al posto dell’ancora malconcio Raja Bell e Boris Diaw per gli Spurs a fianco di Timmy Duncan. Coach Corbin ha preferito affidarsi all’esperienza di Howard (62 partite di playoff all’attivo), invece di provare Carroll. Con quest’ultimo titolare Utah è 5-0. La mossa non ha pagato ed Howard è stato sul campo 16 sventurati minuti con 0-4 al tiro e 0 punti. Diaw ha invece dato ai suoi un buon impatto, soprattutto nei minuti iniziali, aiutando San Antonio a chiudere la prima frazione avanti 28-22.
San Antonio ci ha messo qualche minuto per entrare il forma playoff. Da allora non si è più volta indietro. Già nel primo tempo Parker ha iniziato a seminare il panico nell’aria avversaria a suon di entrate, arresti e tiri ed assist per i lunghi smarcati.
Nel secondo quarto Manu (6 punti nei primi 7 minuti sul parquet) e le seconde linee hanno mantenuto quasi inalterato il divario tra i loro e i Jazz che si affidavano alla sola front-line con Millsap, Jefferson e Favors per rimanere in partita grazie a 19 punti, 8 rimbalzi complessivi, conditi da ottime percentuali al tiro.
Nel terzo quarto c’è lo strappo decisivo: Parker e Ginobili tagliano la difesa come un coltello il burro, aprono il campo, permettono ai tiratori di appostarsi ed inizia il festival delle triple. Inoltre Duncan, ci fa rivedere a tratti il miglior Duncan di inizio anni Duemila: gancio in corsa, finta e schiacciata in faccia a Millsap per confezionare 11 dei suoi 17 punti finali nel terzo quarto (con 11 rimbalzi, 5 assist, 2 rubate e 7-14 al tiro). Neal, Jackson (2-4 da tre e 14 punti) e Bonner (3-4 da tre) danno fuoco alle polveri e danno il la per il parziale 17-8 con cui gli Spurs chiudono il terzo quarto a +15.
L’ultimo quarto è poca cosa. San Antonio gestisce le proprie forze. Parker scorrazza ancora a piacimento, aiutato ancora da una squadra equilibrata e profonda nel roster, molto migliorata con le acquisizioni di Marzo.
La chiave
La chiave dell’incontro è stata la capacità di Parker di battere il proprio marcatore, che ha permesso di creare più soluzioni di gioco in attacco per gli Spurs. Battuto l’uomo Parker aveva la possibilità di arrestarsi per un soffice jumper (molto più affidabile che in passato), appoggiare al tabellone come solo lui sa fare, scaricare ad un lungo smarcato, perché tutta la difesa convergeva sul francese, oppure scaricare ad un tiratore sull’arco.
Nel sistema degli Spurs ognuno sa cosa fare. Ciò crea una miriade di soluzioni e di ricerca per extra pass, che permettono sempre il tiro più comodo e più facile. Senza Parker o Ginobili (altro playmaker mascherato) a saltare l’uomo, questo sistema andrebbe in pezzi. Il tutto viene confermato dal numero di assist totali (25-17 SAS). Se ai titolari ci aggiungiamo il trio di specialisti dalla panchina Neal-Bonner-Jackson, più Ginobili off course, il secondo quintetto degli Spurs surclassa di netto quello degli avversari (44-31 per punti dalla panchina).
Quelli di Utah, Devin Harris e Tinsley, si sono fatti continuamente battere su ogni pick and roll degli Spurs, senza peraltro dimostrare un grande apporto in attacco. Harris è stato a tratti imbarazzante, con una difesa lasciva, che scaricava agli altri il compito di arginare le penetrazioni di Parker; in più in attacco non ha per nulla lasciato il segno con 7 punti, 2 assist (benché sia un play) e 5 palle perse. Il cambio Tinsley, autore di una buona partita (5 assist) non riesce, data l’età, a stare con TP. Utah ha patito poi il buco nella posizione di SG. Fuori Raja Bell, fuori dalla partita Josh Howard, rimanevano Carroll e Alec Burks, autori di una modesta partita.
Verso Gara 2
Mercoledì all’AT&T Center ci sarà gara 2. Coach Corbin ha dei dati su cui riflettere: il front-court si è comportato bene in gara 1, nonostante la sconfitta: con Millsap autore di 20 punti, 9 rimbalzi e 3 stoppate; Jefferson, che ha messo a referto 16 punti, 9 rimbalzi, 4 assist e 2 rubate; Gordon Hayward in costante crescita (17 punti e 12-12 ai liberi).
I Jazz devono fare il possibile per schierare Raja Bell, l’unico del roster in grado di difendere su Parker ad un certo livello. Se Utah non riesce a mettere in campo qualcuno che argini Parker, la serie è già chiusa. Se si riesce a tenere in qualche modo Parker fuori dall’area le cose potrebbero cambiare. Utah deve ripartire dalla certezza di un ottimo pacchetto di lunghi capace di battere San Antonio in stoppate (8-2) e rimbalzi (45-39) e rivedere le gerarchie per playmaker e guardia tiratrice, ruoli nei quali si è registrata inconsistenza, mancanza di lucidità e un numero spropositato di palle perse.
I Jazz pagano l’inesperienza propria di un team giovane, ma come ha dichiarato nel post-partita Corbin “Questi sono i playoff! È un normale processo di crescita e questi ragazzi hanno tanta voglia di imparare”.
Per quanto riguarda casa Spurs, Popovich ha dichiarato quello che tutti potevamo ipotizzare: “Dobbiamo continuare a giocare. La partita dura 48 minuti. A volte hai dei momenti esaltanti con grandi tiri. Ma alla fine scopri che è una partita di 48 minuti e che tutto ciò che conta è che la prossima giocata è la cosa più importante”.
Gara 2 potrebbe darci un indirizzo definitivo della serie. Gli Spurs hanno iniziato bene la loro rincorsa al titolo senza alcuna divergenza con quanto abbiamo ammirato in regular season. I tre vecchietti daranno il tutto per tutto. È la loro ultima occasione.
Riusciranno questi Jazz a smentire gli addetti ai lavori e diventare una seria insidia per il drive for five degli Spurs? Appuntamento a gara 2.
Speroni campioni Nba…vedrete
Ma perchè avete tolto il mio commento di ieri…?
Ci riprovo…
“I Jazz devono fare il possibile per schierare Raja Bell..”
Ma l’avete mai visto ultimamente Bell…?
I Jazz devono provare il quintetto lungo con Millsap da 3 e Favors molto più in campo…Devono tenere il meno possibile in campo Howard e devono farsi sentire di più sotto canestro…siamo ai PO e mandare qualche messaggio non farebbe male…questo servirebbe per allungare la serie…
Raja Bell non è il massimo ma sarà per lo meno un po’ più decente in difesa…
La serie non si gioca sotto canestro (45-39 in rimbalzi e 8-2 in stoppate per Utah in G1). Devono mettere in campo qualcuno che stia con Parker o trovare la chiave tattica per arginarlo.
Anche io li ho trovati un po’ mosci, però se dietro hai Harris che non difende, Tinsley che non ha l’età, Howard non pervenuto, Carroll debuttante. In difesa lasciano Parker scorrazzare ed in attacco perdono 9 palloni…
Ripeto: quest’anno non avete mai visto Raja Bell…
La serie la perderemmo anche se non giocasse Parker…