E chi se l’aspettava? Gli Houston Rockets occupano oggi l’ottavo posto nel selvaggio Ovest (32-28), facendo a spallate con Mavs, Nuggets, Suns e Jazz per uno degli ultimi posti in palio per i playoff.
Fra queste squadre i Rockets appartengono alla schiera dei “work in progress”, quelle franchigie in fase di ricostruzione. Quando una squadra decide di ricostruire da capo può seguire due logiche distinte: partire da uno o due giocatori franchigia, con uno status NBA da primi 15-20, e circondarli con giocatori più che modesti, ma via via in crescita; oppure può creare una cerchia di giocatori di livello medio, senza una superstar vera, con giocatori intercambiabili dotati di buone attitudini al gioco di squadra.
Non sempre si tratta di una scelta, ma di una necessità pur di rimanere competitivi e non affogare in quel pantano di mediocrità in cui lambiscono da anni molte franchigie. Questo è il caso degli Hawks, dei Pacers, dei Sixers, dei Nuggets e dei Rockets.
A dire la verità Houston aveva provato a partire da due All Star per puntare al titolo: nell’estate del 2004 venne creata la straordinaria coppia (sulla carta) Tracy McGrady – Yao Ming. A causa degli infortuni di entrambi l’unico successo raccolto da Houston fu una vittoria in Regular Season 81-80 contro gli Spurs in cui T-Mac segnò 13 punti in 35 secondi nel dicembre 2004.
Nel 2009 i Rockets, guidati da coach Adelman, costringono i Lakers, futuri campioni, alle sette partite nel secondo turno. Si trattava di un gruppo diverso, con Artest, Battier, Brooks, Landry, Lowry, Scola, von Wafer, Yao; oggi di tutti questi sono rimasti solo Scola e Lowry.
Comunque vada a finire la stagione, i Rockets saranno dei vincitori, sia con i playoff sia senza. Il successo della squadra è stata la capacità di aver creato un gruppo giovane e di prospettiva per il futuro. L’unico “neo” della stagione è stato quello di aver fatto partecipare Chase Budinger alla Gara delle schiacciate!
Il tutto era partito a giungo scorso: il 1° giugno Kevin McHale venne nominato head coach, in sostituzione del partente Adelman; il 23 giugno i Rockets spesero la 38esima chiamata al Draft per assicurarsi Chandler Parsons, senior da Florida.
All’inizio di luglio l’intero mondo professionistico rimase sconcertato dall’addio di Yao Ming al basket giocato ad appena 30 anni, dopo nove anni costellati da continui infortuni. Con un colpo del genere tutti ci saremmo aspettati un arrivo importante dal mercato! Ed invece firmano Sam Dalembert per sostituire Yao.
Nonostante il roster ridimensionato, anche se a dire il vero Yao aveva saltato tutta la stagione 2009-10 ed aveva giocato appena cinque match l’anno scorso, la squadra reagiva bene all’inizio di stagione con un buon 24-20 prima della trade deadline di marzo.
Il 15 marzo Houston manda il centrone della Tanzania Thabeet e Flynn a Portland per Marcus Camby. Il centro da UMass ha dato un ottimo apporto ai Rockets, soprattutto se si guarda agli 8,7 rimbalzi a sera in poco più di 23 minuti. Camby si unisce ad un gruppo di giocatori di tutto rispetto.
Parsons può essere considerato una delle steal of the draft, dato quello che ci ha mostrato questa stagione: un ottimo comprimario all around in grado di fare un po’ di tutto con un’ottima tecnica di base. Da ricordare i 21 punti nella vittoria contro i Thunder con 7 rimbalzi, 6 assist, 3-5 da tre ed una difesa impeccabile sul tiro della vittoria di Durant il 13 marzo.
Kyle Lowry sta vivendo la miglior stagione della carriera cifre alla mano: i 15,4 punti, 7,1 assist, 5,1 rimbalzi (ottimo per uno alto 6 piedi), 38,5 % da tre sono tutti career-high. Anche qui sottolineiamo la tripla doppia da 16+10+10 con cui ha steso I T’Wolves il 23 gennaio.
L’ultima nota di merito riguarda l’altro giocatore in rampa di lancio: il play sloveno Goran Dragic. Dopo lo stop di Lowry per un’infezione batterica, Dragic ha trascinato i suoi ad 11 vittorie in 17 partite con tre belle vittorie fuori casa con Oklahoma City, Chicago e Lakers e buone vittorie in casa con Lakers (di nuovo), e Memphis. Le ultime quattro vittorie consecutive, tutte fuori casa, risollevano a 12-17 il record fuori le mura amiche.
Il play slavo, non più all’ombra di Nash e di Lowry, ha esaltato le sue qualità. I suoi numeri sono incredibili, se si mettono a confronto le sue partenze dalla panchina con quelle in quintetto: 7,1 punti, 3 assist, il 25% da tre da sostituto diventano 18,2, 8,7 ed un 44,2% dall’arco più distante.
Il dato diventa talmente sorprendente in quanto tutti i numeri crescono spaventosamente: anche il 51,9% dal campo e l’81% ai liberi sono miglioramenti. Il solido Scola garantisce una quindicina di punti ed una presenza costante sotto i due canestri, come ormai ci ha abituato in questi anni.
Altri comprimari di buon livello sono Courtney Lee, autore di un 40% da tre punti, e Chase Budinger, 41,2% da tre ed ottimo saltatore. A livello di squadra i numeri riconoscono la buona selezione dei tiri prodotti dai Rockets, esemplificati dal 45,4% dal campo e dal 36,5% da tre punti con cui tirano.
Houston ha buone probabilità di accedere ai playoff: è entrata nella forma giusta nel momento giusto. Tuttavia il calendario non è particolarmente facile: delle ultime nove partite i Rockets devono affrontare le concorrenti Utah, Phoenix e Denver in casa e Denver, Dallas e Miami lontano da Clutch City. I playoff sono ancora lontani. Prima bisogna battere le concorrenti.
Diamo uno sguardo al futuro. Camby, in scadenza, libererà spazio salariale; rifirmarlo al minimo sarebbe una buona mossa per fare da chioccia ad un gruppo giovane.
Kevin Martin, in calo nell’ultima parte della stagione, anche a causa della crescita di Lee, 14,5 punti nelle ultime dieci uscite per lui, entrerà in estate nell’ultimo anno di contratto da 13 milioni di dollari, il che potrebbe attrarre qualche franchigia bisognosa di un aiuto nel breve periodo. Su Dalembert i texani hanno una team option per rinnovarlo di un ulteriore anno a 7 milioni; potrebbero decidere di non rinnovarlo se mettessero le mani su un buon centro.
Houston quest’estate dovrà fare delle scelte. Dovrà decidere chi tenere tra Camby e Dalembert. Bisognerà cercare di vendere Kevin Martin. Ma soprattutto bisognerà capire di sarà la point guard del futuro: Lowry o Dragic. Qualcuno si azzarda ad ipotizzare un uso di Dragic da sesto uomo o da numero 2 strategico. A parere di chi scrive Dragic sembra pronto per guidare una squadra NBA.
Come hanno dimostrato i Denver Nuggets un gruppo di buoni giocatori può fare buone annate se guidati da un allenatore che insegna pallacanestro, alla George Karl. Daryl Morey, GM dei Rockets, artefice della squadra attuale, è di fronte a due bivi:
- McHale è l’allenatore giusto per un progetto a lungo termine?
- Scommettere su un gruppo di giovani o sacrificarne qualcuno per ottenere un giocatore-franchigia che permetta di far rivivere i fasti di metà anni Novanta?
Una cosa è certa: con il 23* monte salari dell’NBA Houston deve muoversi sul mercato quest’estate per arrivare ad un giocatore importante.
Ma è ancora presto per guardare così lontano. Prima bisogna battere le concorrenti per i playoff. Poi si vedrà. Il futuro è tutto loro.