Sembrano passati secoli da quando un giovanotto, dalla muscolatura piuttosto esigua, pesante sì e no una novantina scarsa di chili, prodotto della University of Texas di Austin, stringeva la mano a David Stern, veniva scelto come secondo pick assoluto al Draft del 2007 ed indossava, sorridente, il cappellino degli allora Seattle Supersonics.
Sembra ancora più lontano nel tempo il ricordo delle due prime stagioni professionistiche di quel ragazzo con la maglia numero 35, prima dei “defunti” Sonics, poi dei Thunder di Oklahoma City: 43 vittorie in due anni, etichetta di “loser” ben stampata addosso, ed un futuro che dal punto di vista dei risultati di squadra, non prometteva nulla di buono, almeno in tempistiche brevi.
Poi la svolta. Dettata in gran parte dal genio del general manager di OKC, Sam Presti.
Le sue mosse in sequenza:
- via P.J. Carlesimo, head coach dal 2007 e licenziato in tronco dopo sole 13 partite di RS nel 2008, e dentro Scott Brooks;
- pick di Russel Westbrook e Serge Ibaka al Draft 2008 ;
- pick di James Harden al Draft 2009 ;
- trade coi Boston Celtics nel giorno della trade deadline, per avere Kendrick Perkins in cambio di Jeff Green.
Risultato? Probabilmente, la miglior squadra NBA del momento.
Finalmente pronti per vincere?
In una stagione anomala, caratterizzata da partite condensate una dietro l’altra, OKC ha dimostrato di saper reggere in modo egregio l’impatto con la season da 66 partite, favorita soprattutto dalla giovane età dei propri interpreti e dalla loro conseguente grande capacità di recuperare tra uno sforzo e l’altro.
Con un record attuale di 41-15, i Thunder restano i grandi favoriti ad Ovest per un posto nelle Finals.
Nella sfida con i “tori” di Chicago, di domenica scorsa, si è avuta finalmente la reale dimostrazione di superiorità che tanto ci si aspettava da questa squadra: a chi li rimproverava di sopravvivere sulle giocate dei singoli, a chi li accusava di non possedere un’identità difensiva di squadra, i Thunder hanno risposto a tutte le critiche grazie ad una prova magistrale in entrambe le fasi del gioco, dando così una bella lezione di pallacanestro a coloro che, record alla mano, rappresentano i primi della classe.
Primi della classe privi del loro giocatore simbolo, è vero. Ma non dimentichiamoci che senza il numero 1, i Bulls viaggiavano fino a quel momento a velocità a dir poco spedita, con un record di 14 vinte e 5 perse, accusando poco e niente la defezione di Rose in termini di capacità realizzativa e solidità difensiva. La scusante, quindi, può reggere fino a un certo punto…
La prestazione del Sunday Showcase non rimane comunque l’unica grande dimostrazione di forza avuta da parte di Oklahoma City in quest’ultimo periodo di stagione: la settimana appena passata infatti, in quella che molti giornalisti hanno chiamato “hell week” per la caratura delle avversarie che il calendario proponeva, i Thunder hanno dovuto affrontare, in sequenza, Miami Heat, Portland Trail Blazers, Los Angeles Lakers, Chicago Bulls, Memphis Grizzlies ed ancora Heat, uscendo vincitori dagli scontri per 4 volte (quattro W consecutive nelle prime quattro gare) su 6, con importanti lezioni impartite a Lebron e co. (+16 il finale), Portland (+14), Lakers a domicilio (+9) e Bulls tra le mura amiche (+14, ma con un vantaggio che ha raggiunto le 30 lunghezze al termine del terzo quarto).
Se è vero che nelle ultime due uscite si sono fatti registrare due bruschi passi falsi, ultimo fra tutti quello di ieri notte in casa dei Miami Heat (98-93 in una gara dal forte sapore di Playoffs), la squadra di Brooks esce comunque tutt’altro che ridimensionata da questo mini tour-de-force avuto tra la fine di Marzo e gli inizi di Aprile, confermando, se solo ce ne fosse ancora bisogno, di poter ambire sin da ora al massimo traguardo finale, quell’anello NBA che tanto manca alla franchigia originaria di Seattle da quel lontano 1979, anno del primo ed ultimo trionfo degli ormai ex giallo-verdi.
Westbrook & Durant possono coesistere?
“Vinciamo di meno quando prendo più tiri io di Russell (Westbrook). Come ho detto, quel giornalista non sa nulla di pallacanestro, e non penso ci abbia mai visto giocare. Penso guardi solo alle statistiche. E tradizionalmente, non si suppone che un playmaker prenda più tiri di chiunque altro in una squadra. Ma noi siamo migliori quando (Westbrook) lo fa ed è aggressivo. E io gioco meglio distribuendo assist, andando a rimbalzo, difendendo ed essendo più efficiente offensivamente prendendomi meno tiri.”
Così Kevin Durant in persona ha voluto rispondere a Skip Bayless, affermato giornalista di ESPN, su quanto detto dall’opinionista riguardo la coesistenza tra Westbrook e lo stesso KD.
Bayless, originario e grande tifoso di Oklahoma City, aveva espresso durante una sua trasmissione la propria idea riguardo il gioco dei Thunder e di Russell Westbrook in particolare: quest’ultimo, era colpevole secondo lui di essere “a shoot-first point guard”, ovvero un playmaker che invece di gestire il gioco e distribuire i palloni, ha come primo obiettivo quello di tirare, oltre che di prendere un numero eccessivo di tiri ad ogni partita, superiore addirittura a quello di un due volte “miglior marcatore della NBA”.
Che il gioco di Westbrook, a volte, risulti eccessivamente “egocentrico” e poco funzionale alla chimica offensiva di squadra, è un dato di fatto. Ma le statistiche parlano chiare, e dimostrano a sorpresa quanto detto da Durant.
I Thunder, infatti, sono 20-4 nelle serate in cui il numero 0 si prende un maggior numero di conclusioni rispetto a KD, e le vittorie arrivano con un margine di 12.4 punti di media.
Questo va ad aggiungersi al fatto che, entrambi i giocatori, stanno vivendo forse le loro migliori stagioni (numericamente parlando) da quando sono entrati nel basket professionistico: Durantula viaggia a una media di 27.7 punti a partita (secondo solo a Kobe Bryant), con una capacità realizzativa del 50.4% (career high), mentre Wes segna 24.5 punti con una percentuale del 47.7% dal campo (anch’esso career high).
Sintomo dell’equilibrio che i due hanno ormai raggiunto sul campo c’è, oltre ai numeri sopra citati, un altro dato statistico molto importante: il cosiddetto usage rate.
Esso altro non esprime che il numero di possessi che un giocatore “utilizza” mentre si trova sul campo, e rappresenta un ottimo indicatore per capire quanto grande sia il ruolo di quel giocatore all’interno del proprio sistema d’attacco (per capire meglio di cosa stiamo parlando, eccovi un’ottima guida su come calcolare lo usage rate).
Bene, per quanto riguarda OKC, questo dato percentuale è ottimamente distribuito tra le due superstars, a dimostrazione dell’eccellente chimica che i due sono riusciti a trovare all’interno degli schemi offensivi di Scott Brooks.
Se infatti l’overrall usage rate (ossia quello “generale”) è a favore di Westbrook (30.2, contro il 28.4 di KD, cifre comunque molto equilibrate), nel cosiddetto clutch-time, i momenti decisivi di una partita, la situazione si rovescia, con Durant che “utilizza” il 42.8 dei possessi, a fronte dei 35.3 di RW.
Questi numeri palesano un netto miglioramento dal punto di vista della ripartizione dei possessi, con la palla che non viene più monopolizzata dalle mani di un singolo giocatore, Westbrook o Durant che sia.
A conferma di ciò, la coppia sta letteralmente facendo sfaceli da quando è passato l’All Star break, con una serie infinita di prestazioni al di sopra della norma.
Una su tutte, quella contro Minnesota in doppio overtime: se da una parte Kevin Love ha dato vita a una gara da 51 punti, dall’altra KD e Westbrook hanno risposto rispettivamente con 40 punti, 15/26 dal campo, 17 rimbalzi e 5 assist il primo, 45 punti (17/28 FG) e 6 assist il secondo.
Roba da capogiro!
Staremo a vedere se i due saranno in grado di saper coesistere anche quando la palla comincerà a scottare davvero ed il gioco si alzerà di livello, come è normale che accada nei Playoffs.
L’ago della bilancia sarà, manco a dirlo, Russell Westbrook; rappresenterà la causa di tutti i mali dei Thunder, o dimostrerà di essere cresciuto dal punto di vista cestistico ed aiuterà la sua squadra ad arrivare in paradiso?
Appassionato di basket americano e di calcio, soprattutto quello inglese da qualche tempo, è laureato triennale in Scienze Politiche presso la LUISS di Roma e studia Marketing presso lo stesso ateneo. Gioca agonisticamente a basket. Conta diverse collaborazioni sul web come redattore sportivo, specializzato in basket NBA. E’ regolarmente iscritto all’ODG del Lazio come pubblicista.
Senza contare che OKC ha due leader difensivi con pochi eguali nella lega. Non esiste nessuna squadra che ha un difensore perimetrale come Sefolosha e uno del pitturato come Ibaka insieme. Possono essere un fattore determinante per l’anello, insieme al candidato a sesto uomo dell’anno Harden.
Non è per esaltare i Thunder, ma sia Chicago (da me tifata) che Miami, non hanno un roster così ricco di talento, o meglio, salvo 3 al massimo 4 uomini, poi c’è il nulla. La cosa si fa più interessante se si guardano Spurs o Grizzlies.
Concordo in pieno senza contare che con l’arrivo di Fisher potranno avere ottime soluzioni d’attacco potendo schierare contemporaneamente oltre all’ex lakers Durant-Wes-Harden con ibaka o perkins e devo dire che sono davvero poche le squadre(forse 1-2) che si possono permettere 3 scelte realizzative cosi.
Il problema più grosso per il titolo per me non è rappresentato da Chicago o Miami ma lo hanno nella propria conference, al momento san antonio è la squadra che più si stà gestendendo meglio e potrebbe arrivare più carica ai play-off.
x ainoz
per me san antonio, e lo dico da tifoso spurs, verrebbe spazzata via da ok. dico una bestemmia, ma come talento san antonio ne ha molto di più, e pure dei grizzlies. detto questo però quelli sono giovan ie nei po dove si giocano tante partite in pochi giorni, gestione del roster o no, paghi la stanchezza.
forse solo miami può battere ok, ma devono sudare e sudare
Secondo me squadra da titolo e subito. Unico problema se così lo possiamo chiamare quello di auto convincersi di poter vincere senza paura. Ci sono le stelle il talento il gioco e la chimica.
San Antonio per quanto possano averne ancora, penso perderebbero contro OKC.
Secondo me se beccano una squadra esperta, vanno a casa. Sono ancora troppo giovani.
OCK seria candidata assieme a Miami e chicago, pero’ c’è da testare di nuovo westbrook ai playoff nel senso di continuità di prestazioni e utilità al team. Il gioco nn e’ molto fluido, stile Miami, pero’ sono giovani, se hanno messo su dell’esperienza dagli anni passati ai playoff sono a posto. Chiudo dicendo pero’ che finche’ Miami nn esce dai playoff quelli della Florida saranno sempre i favoriti numero 1.
Sul piano del talento questi due sono straordinari, ma c’è una cosa che mi lascia dubitare per i playoff, li il gioco cambia, le difese si stringono e quando trovano una squadra come okc vanno a nozze, il pericolo viene solo dall’esterno e no da dentro perchè non hanno lunghi offensivi, io la butto lì, ma dico che la squadra migliorerebbe tantissimo se cedessero Westbrook per un centro, il n 0 è un fenomeno sia chiaro, ma è troppo prima donna perimetrale, se per ipotesi lo mandassero ad Orlando insieme a Perkins per Howard, allora si che diverrebbero i dominatori assoluti, con Maynor play la coppia Harden Durant farebbe un gran salto di qualità, approfittando anche delle spaziature che un centro come Howard creerebbe, ma questo è solo fantabasket, per il basket vero io trovo Spurs Dalla e Lakers come vere favorite ai playoff,
…solo i Lakers a ovest possono batterli (salvo colpi di testa di Bynum e Metta)… non credo che Diaw basti a dare una mano a Duncan nei playoff…i Grizzlies hanno qualche possibilità se con i vari Allen, Pondexter, Cunningam e magari lo stesso Gay limitano Westbrook e Durant…
…servono dei lunghi con molti punti nella mani la sotto, perchè Perkins e Ibaka rendono difficile segnare nel pitturato e se il tiro da fuori non entra contro di loro si perde sempre…
Una squadra che può vincere fin da subito a patto che il numero 0 si ricordi di fare il playmaker. Hanno due difensori, come Ibaka e Sefolosha, che hanno in pochi e tre attaccanti meravigliosi: il problema è far bilanciare il tutto dentro una chimica di squadra. A questo serve un play….lo scorso anno ai Playoff Westbrook ha sbagliato gran parte delle letture offensive soprattutto contro squadre che gli presentavano difese diverse nell’arco della stessa gara. Andando in confusione, ha spesso forzato conclusioni impossibili andate puntualmente a vuoto. Se dimostrerà di essere cresciuto come playmaker puro, allora OKC avrà molte chance di titolo, altrimenti contro marpioni come gli Spurs la vedo dura…..
Lo dico da inizio stagione, saranno i campioni 2012.
Chi si ricorda di George Gervin? Durantula gli è molto simile, ancor più talentuoso, e come lui è di ghiaccio, e questo farà la differenza in una finale con gli Heat nella quale LeBron avrà ancora più pressione addosso che negli anni passati, e la sua capacità di gestire questo tipo di pressione la conosciamo tutti ormai (ed è una cosa innata, difficile cambiarla).