C'è aria di ricostruzione a Detroit: Prince e Stuckey potrebbero partire a fine stagione...

La storia di una macchina, spesso e volentieri, è strettamente correlata a quella del suo conducente. I ricorsi recenti, più che a paragoni automobilistici, porteranno all’ovvio e immediato flashback con la favola non troppo a lieto fine del prode e coraggioso comandante Schettino e della Costa Concordia.

I nostri Pistons però, pur non essendo esattamente il viaggio che tutti sognano, non stanno affondando e coach Lawrence non sembra aver alcuna intenzione di darsela a gambe.

Anche perchè, per capire che Detroit fosse nel suo destino basta andare un pò indietro nel tempo. La decisione dei Nets di promuoverlo e affidargli la squadra dopo il licenziamento di Byron Scott nel 2004 creò non poco scalpore: un coach NBA che non aveva mai giocato, né al college nè da professionista, e con una statura a dir poco penalizzante se non ti chiami SVG.

La risposta di Lawrence fu una striscia vincente di 13-0 record per un coach esordiente) che illuse i tifosi dello stato dei giardini prima di soccombere nella post-season agli incredibili Pistons del terzo anello.

Un’altra striscia, stavolta negativa (0-16) gli fu fatale alla fine del 2009 e dopo una parentesi televisiva e il passaggio ai Celtics come post-Thibodeau, nell’estate scorsa arrivò la convocazione alla corte di Dumars.

Per una città abituata ad uno dei team più profondi e talentuosi della storia, quei Bad Boys di Thomas, Laimbeer, Tripucka (chi non ha mai sentito parlare del 186-184 di Denver?) e lo stesso Dumars, e ai soprendenti Pistons di Larry Brown, l’immediato post non deve essere stato emozionante.

L’arrivo di Dumars come GM pose incredibilmente le basi per una rinascita immediata, colmata come tutti ricordiamo l’anello 2004, ma alcune scelte eufemisticamente discutibili (su tutte i pick di Milicic e Rodney White (?), le firme onerose di Villanueva e Gordon e il walzer terribile di allenatori) hanno trasformato le ultime stagioni in una discreta “agonia”.

Quest’anno, dopo un avvio di stagione alquanto rivedibile (4-20), recentemente si è avvertita una netta inversione di tendenza, soprattutto dal punto di vista tattico.

L’11-24 con cui i Pistons arrivano all’All Star break è la conferma della lenta evoluzione operata dall’ottimo lavoro di Frank, ma riduce le possibilità di una high pick al prossimo draft: sostanzialmente l’unico obiettivo a breve termine oltre alla crescita di Monroe e Knight.

L’analisi non può che cominciare dal roster e da quella che è la situazione ruolo per ruolo.

Le chiavi della squadra sono affidate a Brandon Knight, PG da Kentucky circondata da un velo di scetticismo. Il playmaking del classe ’91 è ancora un workinprogress ma il talento su entrambi i lati del campo appare fuori discussione.

L’esperienza di Bynum potrebbe essere fondamentale per aiutarlo a crescere ulteriormente ma è necessaria una piena fiducia nel ragazzo a partire dalle scelte dirigenziali.

Se sei legato a doppio nodo al tuo giovane playmaker per i prossimi 5 anni, in linea di massima dovresti affiancargli qualcuno che non evidenzi i propri limiti e ne metta in discussione il posto.
A maggior ragione se l’insider in questione non è una PG vera, bensì quello Stuckey che Dumars pescò al draft 2007 per affidargli le chiavi dei Pistons.

Compresi i limiti dal punto di vista della visione di gioco e della necessaria esplosività per competere con le altre PG della lega, Rodney ha necessariamente virato sul secondo spot. Il quintetto con lui e Gordon da back-court è tanto produttivo quanto suicida dal punto di vista difensivo e non si vede per entrambi un futuro radioso nella squadra, nonostante i contratti pesanti da digerire quanto le battute di Bagatta nell’NBA news del sabato mattina.

La necessaria esperienza dovrebbe infatti arrivare dal reduce ultimo dei grandi Pistons di metà decennio, quel Principe che non sarà più quello di una volta, ma rimane uno dei cardini di una squadra che ormai ha ben poco della cavalcata 2004. Per lui, a differenza dei precedentemente citati, per carisma e apporto, difficile prevedere un futuro altrove a meno di clamorose trade.

Paradossalmente andando avanti siamo costretti a fare un breve salto all’indietro.
Guardando al draft 2009 infatti, se la scelta di Jerebko alla 39° sembra a posteriori un’ottima intuizione, la cessione di Budinger alla 44° (per una second pick e spiccioli) e soprattutto la 15° spesa per Daye, in uno dei draft tecnicamente più ricchi degli ultimi anni, sono frutto di grossi rimpianti.

In particolare il figlio del Darren conosciuto a Siena e Pesaro, scelto per le doti da difensore e all around, sembra attualmente incapace di diventare un valido role-player. Lawrence richiede un’intensità difensiva che il ragazzo possiede, ma che pare avergli fatto perdere fiducia nel jumper. Difficile che resti.

La vera sorpresa della stagione dei Pistons sembra essere invece il essere il giovane Jonas Jerebko. Il grosso scetticismo attorno allo svedese, conosciuto più che altro per la rissa con Magloire nella prima pre-season, crebbe dopo il serio infortunio al tendine d’achille che lo rese OFTS nella stagione passata.

Quest’anno, sottotraccia, si è inserito nel contesto mostrando oltre ad ottime percentuali anche discrete attitudini difensive. Meritare i 4 milioni annui da qui al 2015 non pare comunque compito arduo se l’antagonista nel ruolo è il non più entusiasmante Maxiell..

A chiudere il quintetto c’è Greg Monroe. Giocatore efficiente se ce n’è uno, a detta di molti è dotato di un QI cestistico e di una rapidità d’apprendimento non comuni tra i lunghi NBA. Aldilà della doppia doppia di media in questa stagione, la notevole abilità di passatore ha portato i media della motown ad accumunarlo a Bob Lanier, grande HOF dei bei tempi.

Il suo basket sostanzialmente pulito, derivato forse dai 2 anni collegiali in un contesto come quello di Georgetown, e dei notevoli margini di miglioramento lo rendono uno dei centri più appetibili della lega. E un Big Ben Wallace da backup può insegnargli molto in termini di difesa e intensità nella sua ultima stagione da “Piston”…

Se la stagione attuale sembra ormai compromessa e destinata all’anonimato, a breve credo si punterà a fare il minimo per assicurarsi il massimo, ovvero tendere alla sconfitta per assicurarsi la miglior pick possibile nel futuro draft.

Difficile, a meno di colpi di fortuna, riuscire a pescare una top3 e forse persino una top5, quindi andiamo a vedere quali potrebbero essere attualmente le adds più interessanti che offre il panorama collegiale.

Tralasciando le 2 seconde scelte (la propria e quella derivata dalla cessione di Budinger), dato che pare difficile pronosticare steal a meno di nuovi fenomeni con strane allergie (vedere la scelta 27 dell’86, tale Dennis Rodman, e la leggenda intorno a quella pick), direi di procedere con varie ipotesi.

Drummond e Davis ovviamente potrebbero colmare il gap (soprattutto a livello difensivo) al fianco di Monroe creando potenzialmente un duo devastante dal punto di vista fisico e tecnico, cosi come Barnes sarebbe un potenziale franchise player su cui costruire ulteriormente.

Attualmente le scelte più probabili, visto che quei due saranno probabilmente già altrove al momento della decision, almeno secondo il sottoscritto potrebbero essere 3 (non necessariamente in questo ordine):

Thomas Robinson – SF/PF Kansas
Discrete percentuali dalla media, grande atletismo e forza nell’andare al ferro. Sicuramente il miglior junior del draft e, sebbene non sia un dio dal punto di vista difensivo, può sopperire con una rapidità difficile da gestire per la PF media, nonostante debba assolutamente pulire il suo gioco per diventare più di un role-player. Con le dovute proporzioni, il Derrick Williams di questo draft.

Micheal Kidd Gilchrist – SF Kentucky
Non esattamente il “cristone” di cui i Pistons avrebbero bisogno (6’7” per 210 libbre), ma già fisicamente e mentalmente adatto per salire di livello e con un apertura alare impressionante. Una sorta di all-around con spiccate attitudini difensive e la possibilità di coprire e difendere svariate posizioni con assoluta intensità. Sicuramente non un futuro All-star, in quanto capace di tutto ed eccelso in niente, ma probabilmente il fit più adeguato al “sistema” di Lawrence.

Jared Sullinger – PF Ohio State
Per essere un high-school possiede mani educate e un insolita varietà (ed efficienza) nel gioco di post. Solido rimbalzista, pecca di atletismo ed i paragoni con Kevin Love nei media statunitensi si sprecano, soprattutto a causa dell’assenza di un jumper non battezzabile. Forse inadatto per completare lo spot a fianco di Monroe vista la stazza…

Le possibili sorprese potrebbero essere sia John Henson (PF North Carolina), che sta lentamente scalando i mock draft di mezza america ma, per quanto stia dimostrando un’affidabilità ed una concretezza difensiva invidiabili per un terzo anno, non sembra poter andare oltre i suoi limiti tecnici (per i curiosi, la meccanica di tiro è da visionare) e il tanto osannato Perry Jones (SF Baylor), che non pare comunque ancora pronto per il basket che conta nonostante le indubbie capacità e gli enormi margini di miglioramento. Lo stesso Arnett Moultrie (PF Mississipi state) pare pronto più fisicamente che tecnico/tatticamente.

Il futuro ora come ora appare alquanto incerto, a prescindere da quella che sarà la scelta fatta al prossimo draft.

Le conferme di Stuckey (25 milioni in 3 anni) e Prince (27 in 4) in queste estate sono difficilmente valutabili a breve termine ma intasano ulteriormente un cap già ricco di contratti scomodi.

Se il primo appare tanto controproducente per il sistema di Lawrence quanto difficilmente tradabile, soprattutto dopo aver constato la sua scarsa appetibilità da RFA quest’estate, per quanto riguarda Prince la soluzione ottimale sarebbe probabilmente una messa sul mercato.

Il contrattone di Ben Gordon sembra impossibile da sbolognare e probabilmente si opterà per confermare la scelta da sesto uomo di lusso, dato che comunque le sue cifre sono in crescita e sembra il minore dei mali rispetto al nostro amico Villanueva.

Presumibilmente, in un’estate caldissima per i free agent, Charlie e il suo contratto da 8 milioni annui saranno amnistiati senza pensarci troppo, permettendo ai Pistons di ripartire con un discreto spazio salariale (15-20 milioni disponibili) e un bel mix d’esperienza e talento da gestire.

Non una squadra da titolo in tempi brevi, ma nemmeno dei Bobcats qualsiasi (a meno ovviamente di inattesi movimenti nell’insolito March Madness NBA), che potrebbero attirare l’attenzione numerosi FA.

Appare difficile prevedere qualche grosso movimento in entrata, dato che i papabili obiettivi sono tutti validissimi RFA e difficilmente “scippabili” e il sogno Howard sembra irrealizzabile.
Hibbert nello specifico e Ryan Anderson, alla miglior stagione della sua carriera, presumibilmente non verranno abbandonati da Pacers e Magic.

Più speranza per un Brook Lopez, al rientro dall’infortunio nel deserto del new Jersey, e un McGee, per cui i Wizards non faranno follie. Non ci resta che attendere…

3 thoughts on “Un nuovo motore per i Pistons?

  1. Complimenti!
    Una bella analisi dettagliata ed approfondita…speriamo solamente di dare continuità ad un progetto che nel medio periodo ci può riportare ai playoff con una trade ben fatta che ci porti un centro (non di dominante ma almeno degno di questo nome) da poter affiancare a Monroe ed una scelta che possa dare più profondità ad un roster comunque non da buttare. Villanueva è da amnistiare non appena possibile e gente come Stuckey (troppo altalenante) o Daye (indisponenente) da tradare per arrivare a qualcuno di importante come alternativa a Knight. Coach Frank, come insegnante puro di basket, è quanto di meglio insieme a Thibodeau ci potesse capitare…diamogli gente affamata e con la testa sulle spalle e vedrete che già dalla prossima stagione i passi avanti saranno importanti….

  2. l’ultima volta che hanno rivoluzionato qualcosa è stato qualcosa di piu simile a una demolizione controllata che a una rifondazione… speriamo bene stavolta!!!

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