Saremo stati più o meno in quindici, massimo venti, assiepati all’interno dell’area stampa, per incontrare Wilson Chandler; un’opportunita sempre gradita quella di avvicinarsi in maniera così fisica al micro-mondo Nba, a maggior ragione se si pensa ad un lock-out che incombe con pressante angoscia, in direzione di media, tifosi e addetti ai lavori.
Non passa molto tempo e Chandler fa il suo ingresso in scena, mentre l’intero luogo dell’incontro emana freschezza tiepida grazie ad un’aria condizionata che ci protegge dal bollente calore dell’esterno (in uno scenario cestistico di NBA United 5 in cui impazzano 5 vs 5 sul cemento, tra ragazzi, ragazze e sportivi di ogni età).
Wilson Chandler comincia a parlare… di come deve migliorare il suo gioco in post, di come sia rimasto effettivamente sorpreso dalla trade tra Denver & New York, di come apprezzi il nostro Danilo Gallinari.
Poi ci si è spostati sulle Finals, su Dallas, su Lebron, su quanto gli piacerebbe giocare con D12 Howard… insomma il materiale non manca (e se non avete ancora letto la prima parte dell’incontro con Chandler correte a farlo senza esitazioni).
Quello che però ci è venuto da pensare, immediatamente, durante la conferenza di questo, ai nostri occhi, enorme atleta NBA, pieno di tatuaggi e muscoli, con uno sguardo dolce e cordiale… è stato: MA CHI E’ REALMENTE WILSON CHANDLER? Che giocatore abbiamo di fronte?
Poichè siamo onesti, escludendo le partite che si possono vedere su LP, Sky o Sportitalia, il Chandler in questione non è uno dei giocatori più “IN” della Lega, e di sicuro è uno dei meno appetibili per quanto riguarda il prototipo del personaggio da showbiz, con la palla a spicchi.
Quindi, per una maggiore completezza (e sarà comunque un compito arduo) riguardo all’incontro che Playitusa ha fatto con Wilson Chandler, abbiamo deciso insieme all’intervista di affiancargli un breve pezzo biografico che ci spieghi meglio, a piccole dosi, chi sia in realtà Wilson Chandler; e che carriera si porta alle spalle, match dopo match, nella Lega più cool del pianeta.
Partiamo con il dire che nel Web non ci sono tantissime informazioni su Chandler; ma quanto meno ci sono “quelle” che ci servono per dare ossigeno a questo pezzo nello specifico!
Wilson Chandler nasce a Benton Harbor, nel Michigan, il 10 Maggio 1987, e sin da bambino si capisce che il suo destino è quello di tenere una palla tra le mani.
L’altezza diviene da subito un fattore… e così entra a far parte, non senza sotto-storie, della squadra di basket di Benton Harbor, dove comincia a dare dimostrazione del proprio talento grezzo. All’High School i numeri sono impressionanti, dalla sua parte, con cifre che parlano di oltre 22 punti di media, più 12 rimbalzi a partita ed una sconcertante forza nel cambiare ruolo a partita in corso, rendendo impossibile un adattamento difensivo su di lui.
Le statistiche non subiranno mai un calo neppure nella stagione da senior, e quindi l’approdo al basket collegiale è praticamente automatico. E’ tempo dunque di cambiare aria.
Non senza “lotte interne” è l’Università di DePaul a prendere i diritti sul suo talento, pronta a schierarlo come ala tattica dalle infinite doti realizzative.
Gli anni universitari si rivelano più complicati dell’High School, e a pagarne dazio in primis sono i punti messi a tabellone (uno dei marchi di fabbrica del ragazzo). Nella prima stagione collegiale a DePaul le cifre parlano di 10 punti per partita, 1,9 assist, più 7.5 rimbalzi a completare l’arsenale sotto canestro. Ma non basta, il suo coaching staff pretende di più; e il secondo anno di college muta in una vera e propria sfida per Wilson Chandler. Una sfida che a suo modo verrà vinta con gli interessi.
Di fatti le statistiche salgono, fino ad arrivare a 15 punti ad allacciata di scarpe, con 7 rimbalzi e quasi 2 stoppate a partita. Per due volte gli viene consegnato il premio di Big East Rookie of the Week, e molti scout cominciano ad adocchiarlo… vedendo in lui un prospetto intrigante in ottica NBA.
Chandler percepisce il tutto, e sa in cuor suo che questa può essere la grande occasione, il treno da non perdere. Così decide di lasciare DePaul e si candida al Draft del 2007, sicuro di poter dire la sua nella Lega in cui ha sognato di giocare sin da bambino.
La chiamata arriva più tardi di quanto si aspettasse, ma a prenderlo sono con la 23° scelta, al primo giro, i New York Knicks, una delle squadra più amate del mondo, una delle franchige più storiche per eccellenza, e quel che è meglio, forse la città più “spettacolare”, sotto diversi punti di vista, al mondo. L’emozione è tanta, ma mai quanto la voglia di mettersi in mostra; una voglia spasmodica.
Ai Knicks gioca 233 partite, e dalla panchina comincia a far vedere da subito, sin dal primo anno, di che pasta è fatto. Gioco duttile, intercambiabile, mano infuocata se messa in ritmo, ed un fisico che può adattarsi sia al ruolo di 3, sia al ruolo di 4, soprattutto se NY punta a giocare una pallacanestro veloce e di transizione… (e Mike D’Antoni non nasconderà mai il proprio amore per questo tipo di impostazione tattica offensiva)!
7.3 punti a partita nella stagione da rookie, con quasi 4 rimbalzi, in appena 35 partite scarse stagionali. Nel complesso un approccio non da scartare. Le cose migliorano sensibilmente nella seconda stagione… i punti a partita divengono 14 e i rimbalzi salgono fino a 5.4 a serata. Chandler lavora sul suo gioco e migliora molto sia a livello di impostazioni, sia a livello di letture.
Poi con l’arrivo di D’Antoni (come accennavamo prima) le statistiche si gonfiano ulteriormente, e quello che era un giocatore in crescita mentale e fisica, si lascia conquistare dal sapore dei numeri… e trascina le sue stats fino 16 punti di media con 6 rimbalzi e quasi il 50% al tiro.
Il rallentamento in fase di crescita mentale, lo espone però alla Lega come un realizzatore pazzesco in un uscita dal pino, e Chandler si delinea come uno dei migliori “sesto uomo” della Lega. La rinuncia ad una parte del suo gioco, per svilupparne un’altra puramente offensiva, accresce la fama di Chandler nella Lega. E qui arriviamo alle schermaglie conclusive.
Chandler è tra i più richiesti Knicks sul mercato. NY vuole Anthony, l’equazione è presto fatta. Denver pretende in cambio per “Melo” il nostro Gallo e Chandler, che insieme a Stoudemire disputano una prima parte di stagione regolare al di sopra di ogni previsione. Denver sa qual’è il potenziale dei giocatori che vuole in cambio, e se Chandler non farà parte del pacchetto… Anthony non vedrà le strade di New York.
L’affare viene concluso, e Chandler passa a Denver. Il resto è storia: prima post-season della carriera per Wilson, con appena 5 punti scarsi di media. L’eliminazione per mano di Oklahoma, e la promessa che nella prossima stagione Denver non lascierà, nonostante il mercato complicato, la compagnia dell’elite dell’Ovest, di cui ha fatto parte in questi lunghi anni sotto coach George Karl.
Torniamo quindi di nuovo a Roma, nei pressi del Flaminio.
Wilson Chandler ci parla di Denver, ci dice che crede nel progetto dei Nuggets, che questi possono ancora recitare un ruolo importante nella Western Conference. E noi mentre lo sentiamo parlare (anche del sogno di giocare al fianco di Magic Johnson), non possiamo far altro che immagine quello che Chandler ha fatto in passato, e quello che potenzialmente potrebbe fare in futuro…
Un ultima cosa, nel frattempo, balena nelle nostre nostre menti, nell’istante in cui Chandler accenna al lock-out e al sistema NBA in una fase di concreto assestamento; e cioè: ma alla Nba stessa e ai giocatori conviene fermare tutta “la baracca” per una intera stagione? O per diversi mesi? O fino a Natale?
Il dubbio resta amletico, e pur senza rispondere… immaginiamo quale sarebbe stata l’opinione in merito del ragazzo griffato Adidas, che stava fiero davanti ai nostri sguardi persi.