La citazione prettamente informatica, per uno che con il cyberspazio ha creato il proprio impero, non è casuale.
Il termine 2.0 presuppone un’evoluzione. Un cambiamento. Il passaggio ad un nuovo livello di comunicazione. Probabilmente ci siamo già capiti, ma andiamo per gradi..
Dalle discoteche di Pittsburgh alle collezioni di francobolli, passando per le lezioni di ballo, il giovane Chabenisky (abbreviato in Cuban dopo la separazione dai nonni di origine russa) mostra innate e spiccate doti di management.
Il trasferimento in Texas fresco di laurea in Business Administration alla Indiana University è il punto di svolta.
Prima la vendita della sua Microsolutions, poi i 5.9 miliardi di $ che ricava nel 1999 dalla cessione della neonata Broadcast.com al team Yahoo, lo lanciano nell’olimpo degli uomini più ricchi del mondo.
La sua nota passione per il basket lo spinge rapidamente a rilevare i Mavs da Ross Perot jr cercando di salvare quella che era diventata per molti “the wasteland of the NBA”.
Il rapporto con il figlio del colorito magnate texano, che non digerisce ne i modi di Cuban ne la oculata gestione degli stessi Mavs, va decisamente “a sud”.
Mark però è un singolare uragano di idee e ostentata “sincerità” ed in poco tempo diventa l’idolo dei propri tifosi e forse il più odiato dal resto del mondo cestistico statunitense.
I plasma e i videogames negli spogliatoi, l’interazione con i tifosi tramite le numerosissime mail, il cronometro dei 24 visibile in tutta l’arena, la celebrazione del proprio matrimonio nell’arena stessa. Piccoli grandi segni di amore e di un management della franchigia che, grazie anche all’aiuto di Donnie Nelson, appare ineccepibile.
Purtroppo sono gli anni dello show dei Kings e della dinastia Spurs e Cuban deve attendere il 2006 per godersi finalmente delle Finals tutte sue.
Nessuno probabilmente scorderà mai l’esito di quella serie, e nemmeno lo stesso Cuban, che si becca due spiccioli di multa (250.000 $) per reiterate offese a Joe DeRosa..
Epigrafe di un uomo che in linea di massima non ha mai fatto niente per piacere, ma con uno stile inconfondibile. A partire dalle infinite polemiche con Micheal Finley, Bruce Bowen, Dwayne Wade, JR Smith, Kenyon Martin (ah no, scusate: con la mamma di K-Mart…), i commenti spassionati su Lebron (a tratti pure condivisibili) e chi più ne ha più ne metta.
Indimenticabile la querelle con Ed Rush: per i profani o gli smemorati, il sig.Rush, allora capo degli arbitri, fu accusato dal Cuban di “non essere capace nemmeno di amministrare un Dairy Queen” (sorta di catena fast food USA). I signori della DQ non la presero benissimo e invitarono il magnate a lavorarci per un giorno.
Se non riuscite a immaginare l’epilogo della storia, qui di seguito allego immagine illuminante.
Le comparsate televisive e tutto ciò che ha a che fare con la WWE ve lo risparmio, perchè a tutto c’è un limite. Anche nel suo caso.
Inaspettato, come un fulmine a ciel sereno, arriva come fosse un presagio il “cambiamento”.
Cuban impone un lockout alle sue esternazioni, sfoltendo la nube polemica e fantozziana che aveva regolarmente accompagnato i Mavs in questi anni.
Il silenzio in questo caso, più che una predica eloquente è un mix inatteso di buon senso e maturità. E la comparazione con il Cuban post gara 5/2006 è alquanto impietosa..
Badate bene, le occasioni per fare caciara anche in questo caso non mancano, anzi (i Lakers di Phil Jackson, suo sparring partner in varie “mediate”, la serie coi Thunder, al cui passaggio a Oklahoma City si era espressamente detto contrario, la rivincita con gli Heat) ma la versione 2.0 sembra essersi impossessata di lui.
“The quieter I got, the more we won. I didn’t want to break the karma”
Il “Karma” ripaga lui e i suoi Mavs, che si trasformano da eterni perdenti in stra-vincitori di uno degli anelli più voluti e festeggiati di sempre.Haters e non, salgono sul carro biancazzurro di Nowitzki e soci.
Cuban esplode come un vulcano rimasto tappato e inattivo per secoli.
La notte dell’anello la passa insonne, “twitterando” Larry O’Brien Trophy alla mano.
Le dichiarazioni dei giorni seguenti sono una summa Cubaniana di rara bellezza. Nell’ordine la possibilità di fregarsene altamente degli anelli celebrativi (che in linea di massima Dirk, Giasone & co. non devono aver gradito granchè…)
“Rings are old school. Rings are done. It’s time to take it to the next level”
e un sintomatico “Non mi farò la doccia per sei mesi” che rischia di minare le sua vita sociale ad libitum.
Interessante vedere come sia cambiato, ovviamente grazie anche alla vittoria, il parere di Dirk sullo stesso Cuban.
Dal “He’s got to learn how to control himself as well as the players do” del 2006 al lapidario “Mark is the Best” post premiazione.
Lo stesso Nowitzki che quest’anno probabilmente aveva sentito odore di qualcosa di importante, concordando con la dirigenza una riduzione sostanziale dell’ingaggio per permettere le acquisizioni di Cardinal e Mahinmi (si, proprio loro… LOL)
La settimana passata, apertasi con la spettacolare comparsata da Letterman a fianco dei giocatori (con un Butler in stato di grazia):
httpv://www.youtube.com/watch?v=5M1Ggmf7Z6w
e proseguita con la sobrissima parata per le strade di Dallas (ovviamente a carico di chi sappiamo):
httpv://www.youtube.com/watch?v=zqjnlGS5i7w
sembra ricca di conferme.
Mi piace infatti pensare che il “nuovo” Cuban sia quello della premiazione, che preferisce lasciare l’onore del Larry O’Brien trophy al grande Don Carter piuttosto che assistere di persona alla faccia di Stern, sua nemesi per eccellenza, al momento della consegna.
“Nella pallacanestro, per diventare un campione, devi continuare a tirare, cercando di migliorare le percentuali di realizzazione. Negli affari, invece, basta un tiro solo, fatto bene, e sei a posto per tutta la vita”.
Gran bel canestro, Mark.
“It’s just giving people opportunities..”
Eheh bell’articolo, direi che inquadra alla perfezione il personaggio…la foto in cui va al bagno col trofeo da campione rimarrà un classico della storia, a mio modo di vedere…
la foto è già un istant classic, ma vogliamo parlare della perla in fondo all’articolo??? che bomba… grande cuban, e bravissimo rafael
comunque Cuban e’ troppo grande nel suo essere cosi’ “tamarro” e magnificamente sopra le righe…
UNO DI NOI! MARK CUBAN UNO DI NOI! UNO DI NOOOOIIII!! MARK CUBAN UNO DI NOI!!!
mi sono fermato dove c’è scritto “lo show dei Kings e la dinastia degli Spurs” se ti stanno sulle palle i gialloviola, scrivilo a monte così evito di iniziare a leggere
la mancata citazione ha un senso, in quanto a regalare dispiaceri ai mavs in quegli anni nelle post-season furono essenzialmente i kings e gli spurs.
tutti sappiamo benissimo chi dominò a inizio millennio, ed io ero uno dei piccoli fans che saltava già sui divani con la maglia di Van Exel (che poi scherzi del destino andò proprio ai mavs), ma Dallas non ebbe mai il (dis)piacere di vedersela coi gialloviola. l’omissione credo sia tanto “non voluta” quanto superflua.