La partita più importante della storia dei Dallas Mavericks. E’ così che viene presentata, nella città texana, gara 5 delle finali NBA che si giocherà stasera.
Dopo un’ altra bellissima partita, infatti, la serie è di nuovo sul 2-2 e l’impressione di tutti è che chi vincerà il prossimo match avrà la strada quasi spianata verso la vittoria finale.
Ancora una volta, l’uomo copertina non può che essere lui, Dirk Nowitzki: non tanto (o non solo) per i dieci punti segnati nell’ultimo quarto, compreso il canestro della vittoria, ma soprattutto per averli segnati con un dito in disordine e la febbre a trentotto.
Nella conferenza post partita, il buon Dirk ovviamente minimizza la sua prestazione e rifiuta i paragoni con Michael Jordan nelle finali del 1997: “Queste sono le finali. Devi scendere in campo, competere e cercare di dare il meglio per la squadra. E’ quello che ho fatto. Non ho mai pensato a quello che ha fatto MJ. A vedere le mie statistiche, non ero proprio in giornata”.
Ieri Donnie Nelson, GM dei Mavs, ha definito la sua prestazione in gara 4 come la versione di Dallas di Willis Reed, facendo i complimenti al tedesco e lanciando una stoccata a chi solo ora pare essersi accorto di quanto Nowitzki sia forte: “Ne ha passate tante, è stata dura, molto dura. Ma non sono di quelli che dice – Wow, improvvisamente ecco che è diventato un nuovo giocatore – perché questo è lo stesso Dirk che abbiamo visto in undici delle ultime tredici stagioni. Ha voglia di vincere, capisce l’importanza di questa possibilità, e si è messo la squadra sulle spalle, come già in passato. Non so neanche come potesse stare in piedi nel quarto periodo, siamo sul 2-2 grazie a lui”.
Anche Chandler a fine gara descrive le condizioni di Nowitzki come veramente pessime: “Mi dispiaceva moltissimo per lui. Lo vedevi, aveva problemi a camminare, a parlare, ansimava. Sinceramente, a quel punto ho pensato che dovevamo fare qualcosa per lui, per tutto quello che stava passando. Non potevamo uscire così”.
E Chandler ha decisamente fatto qualcosa anzi, è stato decisivo: alla fine ha giocato quarantatre minuti, segnando tredici punti con 4/7 dal campo e, soprattutto, dando un’energia ed una durezza fondamentali per la squadra, ad ulteriore dimostrazione di quanto importante sia il suo impatto e di quanto fondata sia stata la scelta di portarlo in Texas.
Ma la vera differenza Chandler non l’ha fatta in attacco, ma bensì a rimbalzo, dove ha catturato sedici palloni, nove in attacco: proprio i rimbalzi offensivi sono stati fondamentali, in particolare in una gara così equilibrata, perché hanno dato preziosissimi extra possessi ai Mavs.
Un altro che è risultato fondamentale in gara 4 è stato Deshawn Stevenson: poteva prendere male l’esclusione dal quintetto di partenza ed invece, una volta sceso in campo, è stato decisivo, segnando delle triple importanti per i suoi (11 punti alla fine con 3/7 da tre).
Peccato che Stevenson non abbia la capacità di controllarsi nelle dichiarazioni pre e post partita, sostenendo dopo gara 4 che James si fosse tirato fuori dalla gara. Anche ieri, non riuscendo a smorzare i toni, ha ribadito: “Quando ho detto che Lebron è uscito dalla gara, non lo intendevo in modo negativo. Magari, quando giocatori come Wade e Bosh sono i serata, si tende a delegare. E’ stato molto sorprendente, in particolare per lui che, con le sue capacità atletiche, ci può mettere molta pressione. E’ andato spengendosi.”
Non che non abbia ragione, Lebron è obiettivamente scomparso nel finale di gara 4, ma Stevenson dovrebbe iniziare a ragionare come il Cuban di questi playoffs: parlare non ha senso, stuzzicare gli avversari men che meno. L’ultima cosa della quale i Mavs hanno bisogno è di dare ulteriori motivazioni a Lebron James che, di sicuro, vorrà riscattare una partita al di sotto del suo livello (solo otto punti segnati, suo minimo in carriera nella post season, che interrompono una striscia di 433 partite consecutive in doppia cifra, tra regular season e playoffs).
Al di là delle prestazioni individuali, i Mavs hanno vinto una partita di squadra e con la difesa, spesso sottovalutata. Carlisle ha rivoluzionato le sue rotazioni, inserendo in quintetto Barea al posto di Stevenson e proponendo Brian Cardinal come primo cambio di Nowitzki: il primo aggiustamento ha permesso ai Mavs di partire meglio di come avevano fatto nella gare precedenti, con Stevenson che è poi uscito concentrato dalla panchina; per quanto riguarda invece Nowitzki, bisognerà vedere in gara 5 se i cambiamenti (è uscito a metà primo quarto per il primo cambio, molto prima del solito) fossero legati solo alle sue condizioni fisiche o ad un cambio di strategia da parte dello staff tecnico.
Anche la difesa dei mavs, come detto, sta dando risultati. Nell’ultimo quarto Miami ha segnato solo quattordici punti (con 5/15 dal campo), perdendo sei palloni. E’ evidente che meriti e colpe vanno divisi tra le due squadre, ma Dallas ha dimostrato di potere tenere in difesa anche contro le star degli Heat, contro le quali spesso usa la zona 2-3, in modo da coprire le mancanze difensive dei suoi migliori giocatori.
A dire la verità, in gara 3, dei Big Three di Miami se n’è presentato davvero solamente uno, Wade: il numero tre come al solito ha preso il controllo della situazione, trascinando i suoi e confermandosi ancora una volta come il nemico pubblico numero uno per i Mavericks.
L’appuntamento per gara 5 sarà di nuovo a Dallas: in ben diciannove delle ventisei occasioni in cui una serie di finale è stata sul 2-2, la squadra che ha vinto gara 5 è poi andata a vincere il titolo.
I Mavs giocano in casa, e questo può aiutare, ma di sicuro il fattore campo non sarà decisivo, visto l’equilibrio della serie, come dimostra il fatto che le ultime tre partite siano finite con uno scarto di due punti.
Non ci resta che aspettare.
Mi pare che la mossa di chiamare “presto” Dirk in panchina, sia quasi una consuetudine per coach Carlisle. Magari in gara 4 lo ha fatto riposare prima del solito, per via della febbre, ma da gara 2 in poi il tedesco ha sempre ha avuto minuti di riposo a metà del primo quarto. Vado a memoria, quindi potrei essere smentito facilmente. Se Dallas riesce a tenere in campo Chandler nel quarto quarto, per gli Heat è notte fonda sotto le plance. Bosh non è mai stato un leone in difesa, quindi a rimbalzo lo soffre e non poco. In attacco non gli rimane che provare a tenerlo lontano dal canestro. Tattica che pare funzionare per 2 o tre quarti al massimo…
Tre episodi su 4 sono finiti all’ultimo tiro, chi vince stanotte ha più di mezzo titolo in tasca…e se stanotte ci regalassero uno (o più) supplementare???
Ricordo che adesso siamo all’inizio di una miniserie al meglio delle 3, nessuno vorrà dare questo vantaggio all’avversario.
Su alcuni giornali italiani ho letto che Miami può permettersi di perdere oggi, per via delle 2 partite in casa…niente di più lontano dalla realtà!!!