Incredibile prima partita della serie allo Staples center di Los Angeles. Partita che per 3 quarti non ha fatto che confermare tutte le previsioni della vigilia, ma che per un quarto le ha sconvolte. Nell’ultimo quarto, quello decisivo.
Per tre quarti abbiamo visto i Lakers in relativo controllo, con un Kobe che faceva girar palla e si prendeva tiri solo dalla circolazione, dei lunghi che prevalevano grazie alla loro maggiore versatilità, realizzando oltre la metà dei punti della squadra, ben 32. Con l’eccezione di Kobe esterni poco coinvolti, ma contro il ritmo lento ed i tiratori perimetrali dei Mavericks era una tattica ampiamente prevedibile.
I texani per tre quarti hanno cercato di svolgere il proprio gioco, cercando Nowitzki, tirando da tre punti, entrando in area solo quando indispensabile, con l’unica vera variante di un Nowitzki molto più interno del solito. Solo due i tiri da tre tentati dal tedesco in tutta la partita, nel chiaro tentativo di togliere la pressione ai compagni appostati oltre l’arco, ma tutto questo sembrava poter permettere loro solo di restare in partita fino alla fine, senza mai avere la possibilità di giocarsela veramente.
Questo però, come detto, è stata la prima faccia della partita, quella durata tre quarti, anzi, per la precisione, due quarti e mezzo.
Nel primo quarto c’è stato un certo equilibrio, gli attacchi hanno prevalso sulle difese, Bryant e Gasol hanno risposto ai tentativi dei Mavericks, i quali hanno anche provato a cercare Chandler vicino a canestro e Nowitzi dalla media oltre che tentare da tre.
Nel secondo quarto c’è stato il primo allungo dei Lakers. Brown, Barnes e Fisher hanno ben pressato i tiratori avversari, Bynum e Gasol hanno protetto bene il pitturato ed il gioco dei texani si è inceppato.
Tiri facili non ce ne sono stati, i Mavericks hanno provato a tirare prima del consueto ma l’accorgimento non è servito. Sfruttando anche i tanti rimbalzi difensivi prodotti dai tiri sbagliati dagli avversari i Lakers sono riusciti a migliorare anche il gioco offensivo, i lunghi sono stati cercati con continuità ed hanno trovato canestri facili ed i gialloviola hanno così allungato decisamente, arrivando alla fine della prima metà della partita con un vantaggio di 9 punti, sul 53 a 44.
Il terzo quarto è iniziato come era finito il secondo, con i canestri di Gasol e Bryant che, viste le difficoltà enormi dei texani a vedere il canestro, hanno portato il vantaggio a ben 16 punti, sul 60 a 44.
Che i Mavericks potessero segnare 44 punti in due quarti e mezzo e 52 in un quarto e mezzo non era così facile da prevedere, viste le difficoltà che stavano trovando, eppure è quello che è successo.
Coach Carlisle, uno che non passa certo per essere uno dei più bravi a cambiare l’inerzia di una partita, ha chiamato un time out, modificando l’impostazione della squadra.
In primo luogo si è cavalcato l’atletismo e l’attitudine difensiva di Corey Brewer, che ha messo anche un paio di tiri da tre fondamentali, Nowitzki si è riavvicinato al canestro e si è cercato di più Chandler, in modo da togliere pressione sui tiratori, nel giro di 5 minuti il vantaggio gialloviola era quasi del tutto evaporato, riducendosi a soli 3 punti, con il punteggio di 66 a 61.
A quel punto c’è stato un time out di Jackson ed i Lakers hanno cambiato atteggiamento anche loro. Non sappiamo se il coach zen ha dato mandato a Kobe Bryant di attaccare costantemente gli esterni avversari o se il Mamba ha deciso lui di prendere in mano la situazione, ma da quel momento è partito lo show del numero 24; quattro suoi canestri di fila sembravano aver rimesso a posto la situazione, quindi quattro liberi di Gasol hanno riportato il vantaggio dei Lakers a 7 punti, per il 78 a 71 che ha chiuso il quarto, rintuzzando i tentativi di Marion e Barea.
A quel punto nell’ultimo quarto è avvenuto l’imprevedibile.
I Mavericks in attacco hanno proseguito con il loro gioco, producendo i loro punti senza farsi prendere dallo sconforto, andando a cercare molto Nowitzki ma senza fossilizzarsi sul tedesco, dall’altra parte però il gioco dei Lakers si è totalmente inceppato.
Brown, Bynum, Odom hanno sbagliato molto, soffrendo l’aumentata pressione dei difensori avversari, la circolazione di palla ha iniziato a rallentare e diventare scontata.
Ciononostante i Lakers a 5 minuti dalla fine avevano ancora 5 punti di vantaggio, grazie ai punti di Bynum, Odom e Bryant, con Carlisle che chiamava time out a ripetizione cercando di trovare la chiave per cambiare il finale. La chiave, sorprendentemente, è stata quella di abbandonare il tiro da tre e saltare la pressione degli esterni gialloviola andando a cercare giocatori nel pitturato. Chandler, Nowitzki, Marion hanno trovato tiri da due relativamente agevoli, con un Jason Kidd sugli scudi, abilissimo nella gestione del pallone.
Dalla parte opposta probabilmente quel che è mancato è proprio un Jason Kidd, Bryant si è in parte intestardito, la circolazione è rimasta stagnante e sono arrivati tiri difficili con la pressione dei difensori.
Kobe ha sbagliato due tiri, ha subito una stoppata da Chandler, ha perso due palloni, uno sbagliando un passaggio ed uno incespicando su un suggerimento di Gasol, il quale si è fatto stoppare anche lui da un Chandler scatenato e decisivo nel concitato finale, i Lakers sono andati nel pallone e non sono riusciti a reagire.
Quando Bryant ha perso quei due sanguinosissimi palloni c’è stato il sorpasso dei Mavericks, che nell’ultimo minuto hanno realizzato 5 punti, grazie ad un tiro dalla media di Nowiztki ed ai liberi dello stesso Dirk e di Jason Kidd, mentre i Lakers sono rimasti ancorati a quota 94, raggiunta ad un minuto dalla fine con un tiro di Bryant, non certo brillante ma anche l’unico gialloviola capace di segnare negli ultimi 5 minuti della partita.
93 a 94 col tiro di Nowitzki, quindi palla persa di Kobe con liberi del tedesco per il sorpasso, Kidd ha rubato palla sull’incomprensione fra Gasol e Bryant, che è scivolato mentre il compagno non se ne è accorto dandogli palla per la penetrazione, ed ha realizzato un libero fissando il punteggio sul 96 a 94.
Mancavano però ancora tre secondi, ed i Lakers sono spesso piuttosto bravi a sfruttare l’ultimo tiro quando conta davvero.
Rimessa rapida da parte di Fisher, buono schema con una serie di blocchi e tiro di Kobe Bryant da tre punti per la vittoria, tiro davvero ben costruito, visto il poco tempo a disposizione. Non sempre però un tiro ben costruito entra e quello di Kobe si è fermato sul ferro.
Suonano quasi ironiche le parole cui Magic Johnson aveva affidato la sua previsione su Twitter:
“Nessuno degli avversari può marcare Kobe, aspettatevi una serie mostruosa da lui”.
Senza voler troppo calcare la mano sul Mamba, il quale è stato quasi costretto allo show finale dalle difficoltà della sua squadra, gli ultimi suoi minuti sono stati mostruosi, ma non nel senso che si aspettava Magic e, con lui, la totalità dei commentatori, comprendendo, nel suo piccolo, anche chi scrive.
Viceversa si diceva che i Mavericks potevano sperare solamente in una partita eccellente da parte di Nowitzki, il quale avrebbe dovuto mettere in campo tutto il suo arsenale offensivo, ormai piuttosto completo, e Chandler.
I due lunghi non sono riusciti a gettarsi a rimbalzo offensivo, ma l’attenzione difensiva di tutta la squadra ha lo stesso in parte disinnescato la temibile transizione dei Lakers, sono riusciti però lo stesso a ben figurare nel pitturato, catturando in due 23 rimbalzi, ben 14 Nowitzki e 9 Chandler. In più Tyson è riuscito a difendere benissimo nell’ultimo quarto, togliendo ossigeno ai lunghi avversari mentre i compagni pressavano i tiratori, ha piazzato 3 stoppate di cui ben 2, assolutamente decisive, nel convulso finale.
Dirk Nowitzki è senza dubbio l’uomo copertina, 22 punti con il 50% al tiro, 14 rimbalzi, i punti decisivi nell’ultimo quarto (ben 11 con un solo errore al tiro!), il tutto senza mai dare l’impressione di togliere spazio e palloni ai compagni e tirando una sola volta da tre, rinunciando quindi a quello che una volta era il suo marchio di fabbrica. Un vero leader, colui che si è caricato la squadra in spalla nel difficilissimo finale.
Senza dubbio è presto per dare giudizi sulla serie, i Lakers aggiusteranno la circolazione di palla come già fatto nella precedente serie contro gli Hornets e cercheranno nei momenti caldi di giocare di più per i lunghi, ma possiamo già dire che la sfida per loro sarà meno facile del previsto. Per cominciare i lunghi dei Mavericks stanno tenendo bene il confronto, si pensava che Nowitzki potesse disimpegnarsi bene solo in attacco e Chandler solo in difesa, invece stiamo vedendo che i due hanno ben figurato in entrambe le fasi.
I texani hanno poi avuto un buon contributo anche dalla panchina, non tanto da Stevenson, che è partito in quintetto ma è ben presto sparito dalle rotazioni, o da Haywood, ma da giocatori come Barea, Stojakovic e Brewer, davvero molto positivi.
Nel finale è stata decisiva anche l’esperienza di Kidd e Marion, il primo ha gestito benissimo il pallone, mandando a vuoto la pressione dei Lakers sui tiratori, mentre Marion in fase difensiva ha portato un contributo notevole.
I Lakers hanno mostrato di potersi giocare la serie con i lunghi, ma non sono più riusciti a trovarli nell’ultimo quarto. La difesa dei Mavericks nel finale è stata buona, ma non tanto da giustificare un simile passaggio a vuoto: Phil Jackson dovrà lavorare molto sulla circolazione, convincendo i suoi ad essere più pazienti e giocare più per i giocatori vicini al canestro.
Quella che però sembrava la principale arma della serie, Kobe Bryant, il quale è sempre stato immarcabile per i Mavericks, è sembrata spuntata. Kobe è troppo alto per Terry, ormai è troppo rapido per Marion, che anni fa poteva provare a tenerlo ma ormai fatica sul primo passo, schierando Brewer o Stevenson i Mavericks dovrebbero rinunciare a Terry, il loro secondo marcatore.
Tutto giusto in teoria, in pratica per anni quanto previsto è avvenuto, stavolta invece Kobe non è riuscito ad essere davvero incisivo.
I Mavericks hanno lasciato a Bryant tanti, tanti tiri, ma sono riusciti ad impedirgli di avvicinarsi al canestro, non a caso ha avuto solo 5 tiri liberi, le percentuali sono scese e per segnare i suoi 36 punti ha avuto bisogno di ben 29 tiri.
Oltretutto la difficoltà nella circolazione e lo sforzo fatto nel terzo quarto per tenere a distanza gli avversari hanno portato il miglior marcatore gialloviola ad arrivare nel finale in debito di ossigeno.
Un errore simile non dovrà più essere commesso, se i Lakers vorranno vincere questa serie. A costo di trovarsi in difficoltà, visto che la forma di Bryant è questa e difficilmente migliorerà in brevissimo tempo, i Lakers dovranno centellinare le sue energie, sfruttandolo il meno possibile nei primi tre quarti.
Se teniamo conto che Artest, Fisher e Brown offensivamente qualche difficoltà l’hanno avuta, specie il primo, non sarà facilissimo tenere questo piano, ma da questo dipendono molte delle fortune gialloviola.
Ritmo lento, tanta palla ai lunghi, difficile vincere in questo modo con i Mavericks, c’è però da dire che i Lakers sono una delle poche squadre in grado di riuscirci.
La serie è tutt’altro che chiusa, i Lakers possono riprendersi il vantaggio del campo già in gara 3, ma davvero possiamo goderci uno spettacolo che non era preventivato.
Parlando di coralità offensiva: stesso numero di palle parse (11) ma Dallas ci ha abbinato 30 assist, Los Angeles solo 21, da cui: il 77% dei canestri dal campo dei Mavs è stato “figlio d’un assist”, sulla sponda L.A. sono rimasti fermi al 58%… e la differenza di % dal campo è causa o effetto di questi dati?