“Battere questa squadra quattro volte consecutive nei playoffs è molto improbabile, ma li si può battere una volta, ed è da qui che dobbiamo partire”. Queste le parole di Afflalo (che ha giocato ieri la sua prima partita dall’11 Aprile), per cercare di mantenere accesa la speranza in casa Nuggets, prendendo un partita alla volta.
Anche ieri sera Denver è andata vicinissima alla vittoria, ma, nonostante il già citato ritorno di Afflalo (compensato però dai problemi al tendine d’Achille di Gallinari) non ce l’ha fatta, nonostante i proclami pre partita di Karl, che sosteneva che i suoi avrebbero pareggiato la serie in queste due gare in Colorado, per poi dare inizio ad una mini serie di tre partite.
I Thunder, quindi, sono veramente ad un passo dalla vittoria di questa serie di playoffs: sarebbe la prima dal trasferimento della franchigia da Seattle, nel 2008: in Oklahoma in tanti sono sicuri che la prossima partita che i Thunder giocheranno in casa, non sarà contro i Denver Nuggets, dando quasi per scontata la vittoria in gara 4.
Ieri sera, ad inizio quarto periodo, i Nuggets erano avanti73-71. Il problema è che poi, nell’ultimo periodo, hanno tirato con delle percentuali orrende (29% dal campo, 20% da tre punti, 62% dalla lunetta), ancora più impressionanti se si pensa che i Nuggets erano la squadra che segnava di pi in regular season. Le basse percentuali hanno permesso ad Oklahoma City di prendere un vantaggio in doppia cifra che sono riusciti a difendere (non senza fatica) nel finale.
Un punto particolarmente dolente per i Nuggets sono proprio i tiri liberi, il fondamentale nel quale l’assenza di Anthony e Billups si fa sentire di più. Le percentuali sono veramente pessime (30/45 ai liberi ieri, 79/115 nella serie, che equivale ad un magro 69%): così pessime che andare in lunetta è stato definito come “nightmarish” (da incubo) da coach George Karl.
Ieri sera entrambe le squadra hanno segnato simmetricamente dal campo, realizzando sessantaquattro punti frutto di ventinove canestri (con sei triple): la differenza l’hanno fatta proprio i tiri liberi: 33/43 per i Thunders, 30/45 per i Nuggets.
Dopo la sconfitta sono quindi ovviamente scattate le comparazioni ed i rimpianti per l’assenza di ‘Melo, quasi a scordarsi che, nel passato, anche con l’ex Syracuse in squadra, i Nuggets sono andati oltre il primo turno in una sola occasione su sette tentativi.
Uno dei problemi in questa serie, per i Nuggets, è anche dato dal fatto che i due giocatori che dovrebbero dividersi i minuti, e la responsabilità di segnare, in ala piccola al posto di Anthony, vale a dire Chandler e Gallinari, non hanno giocato bene: anche ieri sera, giocando meno del solito (rispettivamente 22 e 18 minuti), hanno tirato poco e male (2/10 dal campo), prendendo cinque rimbalzi.
Ieri sera hanno dimostrato, ancora una volta, di essere vivi e di lottare, recuperando negli ultimi minuti da -10 a -1, con una tripla del redivivo (dopo le polemiche seguite alle critiche di Karl nei suoi confronti in seguito a gara 2) J.R. Smith per il 95-94. Nell’azione successiva, dopo una canestro in contropiede di Ibaka servito da Durant, è stato ancora Smith a prendersi la responsabilità di tirare, sbagliando anche a seguito di un contatto dubbio con Harden.
“Credo che il tiro avrebbe avuto più possibilità di entrare se non mi avessero fatto fallo” è stato il polemico commento di Smith a fine gara.
Il problema per i Nuggets è anche legato ai loro avversari: dopo gara 1, infatti, sono riusciti a fare un buon lavoro difensivo contro Durant e Westbrook, ma Oklahoma City è sempre riuscita a pescare nel proprio lunghissimo roster, trovando sempre un protagonista diverso a supportare le sue due stelle.
Nella prima partita questo compito è toccato a Maynor, nella seconda ad Harden e in quella di ieri notte a Ibaka.
Il congolese ha realizzato, in gara 3, il suo career high sia in punti che in rimbalzi (22 e 16 alla fine). Ecco il suo commento a fine gara: “La chiave è stata essere aggressivo, rimanere concentrato e cercare di fare, prima di tutto, il mio lavoro, vale a dire difendere, per poi guadagnare fiducia in attacco”.
Il suo compagno Perkins ha grandi parole per lui: “Ha fatto la differenza: ha fatto canestro quando ce n’era bisogno, ha attaccato il ferro, ha stoppato, ha cambiato la gara. E’ stato il miglior giocatore in campo dopo K.D. e Russel”
Ed anche grazie a lui che i Thunder si sono portati sul 3-0, vincendo su uno dei campi più complicati della NBA (anche per la questione dell’altitudine).
Denver, dall’inizio della serie, sta cercando di vincere la sua prima gara di playoffs senza ‘Melo dal 19 maggio 1994. Lunedì notte è la loro ultima chance, almeno per questa stagione.
Oklahoma diventerà sempre più pericolosa e li pronostico come minimo in finale di conference. Lì starà ai lunghi dei Lakers uscire o meno dal letargo, perchè a occhio e croce l’uomo adatto a marcare Durant (caso mai esista) loro in casa non ce l’hanno…