Un’altra regular season è finita, e siamo già in pieno clima play-off. Abbiamo assistito a 6 mesi di partite, alcune molto gradevoli, altre meno, e come ogni anno non sono mancati i momenti da ricordare, i cosiddetti “highlights”.
Parliamo di quelle occasioni in cui ci è venuta la pelle d’oca, e ci siamo emozionati nel vedere determinate scene. Un grande canestro, una giocata spettacolare, un momento particolarmente toccante…la NBA, ogni anno, regala sempre dei momenti di questo tipo. E questa regular season 2010-2011 poteva fare eccezione? Naturalmente no.
Noi di Playitusa ne abbiamo selezionati 10 per voi, e li abbiamo messi in ordine di importanza.
Un ordine opinabile, per carità: ognuno si emoziona di più per una cosa piuttosto che per un’altra. L’importante, da parte nostra, è raccontarvi delle storie, e in questo caso vogliamo ricordarvi i seguenti “highlights”, anche per ripercorrere questi 6 mesi di grande basket: partiamo con…
10) Kevin Love: 31 punti e 31 rimbalzi! (12 novembre 2010): è stato sicuramente una delle note positive della stagione, tanto è vero che a Minneapolis hanno paura di perderlo, così come successe con Kevin Garnett 4 anni fa.
Parliamo di Kevin Love, professione ala grande/centro, che si impose all’attenzione di tutti gli appassionati NBA all’inizio della stagione regolare, quando segnò 31 punti e raccolse altrettanti rimbalzi contro i New York Knicks. I Timberwolves rimasero indietro nel punteggio per molti minuti, per poi disputare un ottimo ultimo quarto (chiuso con un parziale di 32-16) che diede loro la vittoria con il risultato di 112 a 104.
Erano ben 28 anni che un giocatore non faceva registrare una doppia-doppia con almeno 30 punti e 30 rimbalzi, e parliamo di un mostro sacro del gioco che risponde al nome di Moses Malone. Inoltre, sono soltanto 19 i giocatori nella storia della NBA ad essere riusciti in un’impresa del genere, e dal 12 novembre scorso la lista comprende anche questo ragazzo.
Tra l’altro, da quel momento in poi Love non si è più fermato. Nel corso di questa stagione ha messo a segno la bellezza di 55 doppie-doppie consecutive, e ha chiuso con 20 punti e 15 rimbalzi di media, vincendo pure il titolo di miglior rimbalzista dell’intera Lega. Inoltre, è stato convocato per l’All-Star Game e, nel settembre scorso, ha fatto parte della nazionale americana che si è aggiudicata i Mondiali in Turchia.
La sua squadra si sarà pure tolta poche soddisfazioni quest’anno, ma ha un ragazzo forte e giovane (classe 1988) dal quale ripartire. A Minneapolis sapranno sfruttare quest’occasione o il lungo proveniente da Santa Monica sarà costretto ad emigrare altrove?
9) Pacers da urlo nel 3° quarto contro i Denver Nuggets (9 novembre 2010): neanche era partita la stagione, che subito gli Indiana Pacers hanno piazzato la più strabiliante prestazione offensiva dell’anno. In una gara giocata in casa contro i Denver Nuggets, essi vinsero con il risultato di 144 a 113. Ma ciò che fece scalpore fu il terzo quarto, durante il quale i giocatori di Indiana sembravano infallibili al tiro.
All’inizio del quarto, infatti, il punteggio era di 59-49 in favore di Danny Granger e compagni. E fu proprio Granger ad aprire le danze, con un tiro in sospensione dai 6 metri che finì ovviamente a segno.
E poi Roy Hibbert, Mike Dunleavy, Darren Collison…tutti segnarono in tutti i modi. Tiri liberi, da 3, in sospensione, appoggi a canestro…senza sbagliare mai. I Pacers misero a segno 20 tiri consecutivi e soltanto Josh McRoberts sbagliò una tripla sulla sirena, prendendo il secondo ferro. Alla fine di quell’incredibile terzo quarto, Granger e compagni si trovavano avanti 113-76, con la partita che a quel punto era da considerarsi ampiamente conclusa.
Il record di punti segnati all’interno di un singolo quarto di gioco è di 58, e venne stabilito dai Buffalo Braves contro i Boston Celtics nel lontano 1972. Ma i ragazzi di Indiana ci sono andati vicino, molto vicino…
8) Il ritorno di LeBron James a Cleveland (2 dicembre 2010): dal primo luglio scorso, giorno della “Decision”, a Cleveland non aspettavano altro che di vedere LeBron James in maglia Heat all’interno della Quicken Loans Arena, in quello che era stato il suo stadio per 7 lunghi anni.
Dopo averne bruciato la maglietta, tolto i suoi manifesti pubblicitari e, soprattutto, dopo averlo scaraventato fuori dal proprio cuore, i tifosi dei Cavaliers si sono presi la loro piccola rivincita. Essi hanno fischiato, dal pre-partita al post-partita, il “figliol prodigo”, colui che avrebbe dovuto compiere un’impresa eroica portando la sua città al titolo, e che invece è scappato dopo aver sempre fallito nel suo intento.
Si è parlato tantissimo dell’addio di James, e non siamo qui per schierarci né da una parte né dall’altra. Ciò che colpisce, oggi come negli anni a venire, è la clamorosa fine di una storia d’amore che sembrava perfetta. Il destino l’aveva creata, regalando la prima scelta a Cleveland nel draft del 2003, il che voleva dire darle la possibilità di prendere un talento come non ne passano spesso.
In 7 anni LeBron ci ha provato, ma non ci è riuscito. Un po’ per colpa sua, un po’ per colpa dei compagni, un po’ perchè, evidentemente, non era destino.
7) I Cleveland Cavaliers fanno registrare la striscia più lunga di sconfitte consecutive nella storia della NBA (20 dicembre 2010 – 9 febbraio 2011): e a proposito di Cleveland Cavaliers, eccoci qua a ricordare l’incredibile serie di sconfitte consecutive patite dalla squadra del proprietario Dan Gilbert. Quest’ultimo disse che i suoi ragazzi avrebbero presto vinto un titolo, e invece hanno chiuso questa stagione al penultimo posto della Lega, con 19 vittorie e 63 sconfitte.
Come se non bastasse, tra il 20 dicembre e il 9 febbraio i Cavs hanno perso ben 26 partite consecutive, stabilendo un record negativo nella storia della NBA. Mai nessuna franchigia aveva perso così tante gare di fila nel corso di una stagione, in 64 anni di storia.
Alla fine Antawn Jamison e compagni chiusero questa incredibile striscia negativa l’11 febbraio, contro i Los Angeles Clippers, battendo questi ultimi soltanto dopo un tempo supplementare con il punteggio di 126 a 119. Sicuramente il baratro in cui è caduta questa squadra rimarrà nella storia, dato che essa aveva vinto le ultime due stagioni regolari conquistando ben 127 vittorie complessive.
6) Spettacolo allo Staples: Lakers vs Suns finisce al terzo OverTime (22 marzo 2011): è stata probabilmente la partita più bella ed emozionante della stagione…sicuramente la più spettacolare. Non è un caso che lo spettacolo sia andato in onda quando ad affrontarsi c’erano i Los Angeles Lakers e i Phoenix Suns, ovvero due delle squadre più votate all’attacco dell’intera Lega.
I Lakers basano la propria produzione offensiva su un sistema efficacissimo come l’attacco Triangolo e sul talento dei giocatori a propria disposizione, mentre i Suns sono famosi da anni per il loro stile di gioco a tutta velocità, che risponde alla filosofia del “correre e prendere il primo tiro buono”, o “run and gun”, per dirla all’americana.
Dopo un primo tempo piuttosto equilibrato, la squadra di Los Angeles prende il largo nel corso del terzo quarto, arrivando addirittura a 19 punti di vantaggio dopo una tripla di Bryant.
A quel punto, però, inizia lo spettacolo. I Suns riprendono vigore, giocano una pallacanestro spumeggiante e infilano il canestro con continuità. Alla fine riescono a liberare Grant Hill dall’angolo e quest’ultimo impatta la partita con una tripla. Mancano 32 secondi, i padroni di casa si affidano a Bryant per l’ultimo tiro, ma quest’ultimo sbaglia.
Phoenix tenta il colpaccio sulla sirena, ma il tiro di Carter non prende neanche il ferro e va a sbattere contro il tabellone: si va al supplementare. I Lakers si portano avanti di nuovo di tre punti, ma ad un secondo dal termine i Suns hanno la palla del pareggio con Channing Frye.
Frye tira, sbaglia ma gli arbitri fischiano un netto fallo di Odom. Il ragazzo va in lunetta e, nonostante i fischi dello Staples Center, infila glacialmente tutti e tre i liberi. Odom tenta il canestro della disperazione, senza fortuna.
Al secondo supplementare sono i Lakers a pareggiare la partita con 2.5 secondi sul cronometro, grazie a due tiri liberi realizzati da Gasol. Finalmente, nel terzo tempo supplementare Artest e Bryant decidono la partita. Il primo ruba palla agli avversari e schiaccia dall’altra parte del campo, mentre il secondo infila la tripla del sorpasso e un tiro in sospensione che chiude i conti, con tanto di faccia cattiva e pugni sul petto.
L’incontro finisce 139-137, e non ci poteva essere un posto migliore di Hollywood per uno spettacolo così…
5) L’esplosione di Blake Griffin: abbiamo parlato, ad inizio articolo, di come Kevin Love si sia imposto all’attenzione del pubblico nel corso di questo 2010-2011. Ancora meglio ha fatto Blake Griffin, prima scelta del draft 2009, che saltò l’intera stagione da rookie per via di importanti guai fisici.
Questa è stata quindi la prima stagione in cui la giovane ala grande dei Los Angeles Clippers ha messo piede in campo. E il suo impatto sulla Lega è stato devastante, per certi versi inaspettato. Ci si aspettava un ottimo prospetto, ma non un potenziale campione, peraltro dotato di uno stile di gioco altamente spettacolare ed entusiasmante.
Le sue schiacciate sono divenute ormai famose in tutto il mondo, così come la sua abilità a rimbalzo e la sua ottima tecnica. Grazie a lui i Clippers sono tornati a sperare concretamente in un futuro vincente, e adesso la dirigenza dovrà aggiungere altri grandi giocatori per rendere la squadra veramente competitiva.
Per quanto riguarda Griffin, potremmo citare molti highlights della sua stagione: la vittoria nella gara delle schiacciate per esempio, con l’incredibile salto della macchina. Oppure la convocazione per l’All-Star Game, dopo appena 4 mesi di NBA.
O ancora, i 47 punti (più 14 rimbalzi) segnati il 17 gennaio contro gli Indiana Pacers, la vittoria ormai sicura del premio di “Rookie of the Year”…insomma, parliamo di un giocatore che può potenzialmente dominare negli anni a venire, e che bisognerà sicuramente tenere d’occhio.
4) Rose vs Wade (15 gennaio 2011): prendete la squadra più folcloristica della Lega, ovvero i Miami Heat. Ok? Bene. Adesso prendete il loro leader, Dwayne Wade, e immaginatelo mentre gioca a Chicago, la città che gli ha dato i natali. Fatto? Benissimo. Adesso aggiungeteci la squadra-rivelazione di questa stagione, ovvero i Bulls, e la diretta sfida con Derrick Rose, nato pure lui nella “Città del Vento”.
Entrambi, il 15 gennaio, si sono trovati nello stesso campo a contendersi la vittoria, rispondendosi a colpi di canestri nel corso dell’ultimo quarto. E’ stato il confronto individuale più esaltante della stagione a parere di chi vi scrive, messo in scena tra due campionissimi di questo sport.
Alla fine la spuntano i Bulls con un margine molto ristretto (99 a 96), e con un Wade letteralmente indemoniato che infila 12 punti nell’ultimo quarto, nonostante i problemi di falli. L’asso degli Heat metterà a referto 33 punti, ma verrà battuto dall’avversario, Rose, che ne segnerà 34 e risponderà con alcuni canestri importanti negli ultimi minuti di gioco.
Tutto questo è successo allo United Center, in quello stadio che era il tempio di Michael Jordan. E il bello è che, con i play-off, potrebbe capitare di vedere un altro duello tra queste due squadre e tra questi due, formidabili campioni.
3) La NBA sbarca in Europa (5 e 6 marzo 2011): la NBA, nel corso degli ultimi decenni, ha fatto sbarcare in Europa le sue squadre per delle partite amichevoli. Ma mai si era disputata una partita ufficiale in territorio europeo prima di quest’anno.
L’evento è avvenuto a Londra, e le franchigie protagoniste sono state i Toronto Raptors del nostro Andrea Bargnani e i New Jersey Nets. Entrambe le compagini hanno chiuso la stagione con dei record negativi, ma il fatto di scegliere proprio loro ha avuto comunque un senso.
Sia Toronto che New Jersey, infatti, hanno una certa presa sui tifosi europei. La prima ha come leader proprio un giocatore del vecchio Continente, che poi sarebbe il nostro Andrea, più altri elementi molto conosciuto dalle nostre parti. Basti pensare a Josè Calderon, Linas Kleiza e Alexis Ajinca.
I Nets, da parte loro, possono contare sul carisma del proprietario, il russo Mikhail Prokhorov, che dopo aver ottenuto grandi successi con il CSKA Mosca adesso vuole ripetersi nel territorio più difficile, gli Stati Uniti.
C’è da dire che le due partite disputate sono state molto diverse una dall’altra. Nel primo incontro, infatti, lo spettacolo c’è stato ma solo a metà. New Jersey ha vinto 116-103 grazie ad un ottimo ultimo quarto, chiuso con il parziale di 38-21 a proprio favore.
Nella seconda gara, disputatasi il giorno successivo, il pubblico di Londra ha potuto assistere ad uno scontro spettacolare, incerto e lunghissimo (ben 3 tempi supplementari!). Le due franchigie hanno sfiorato a più riprese la vittoria, e prima DeRozan nei tempi regolamentari, poi Vujacic nel primo supplementare e, infine, Deron Williams nel secondo impattano il punteggio.
Alla fine decide Travis Outlaw con due tiri liberi, regalando ai Nets la seconda vittoria londinese con il punteggio di 138-137. L’ultimo tiro della partita, che avrebbe potuto ribaltare le sorti a favore dei Raptors, se lo prese proprio Bargnani, con il suo tiro che andò a sbattere contro il primo ferro. E dire che sarebbe stato un finale perfetto…anche se, ne siamo certi, a Londra non si saranno lamentati più di tanto.
2) Ray Allen entra nella storia (10 febbraio 2011): dal 10 febbraio 2011, è Ray Allen il giocatore ad aver segnato più canestri da 3 punti nella storia della NBA. Il giocatore dei Boston Celtics, infatti, ha superato Reggie Miller in questa speciale classifica, confermandosi ancora una volta come uno dei migliori tiratori di ogni epoca.
Miller, dopo una splendida e lunga carriera, si è fermato a quota 2.560, e il destino ha voluto che Allen lo superasse in un’occasione speciale. La sfida in programma quella sera era infatti quella tra i Boston Celtics e i Los Angeles Lakers, una delle più affascinanti nella storia dello sport.
Dopo aver segnato la tripla del sorpasso, egli si è abbracciato con Miller, il quale era presente a bordo campo per commentare la partita. E’ stato un momento emozionante, un ideale passaggio del testimone da parte di un grandissimo del passato ad un grandissimo del presente.
Oggi Allen, a 36 anni, si trova a quota 2.612 triple segnate, e promette di continuare a bucare le retine ancora per qualche anno…da parte nostra, non possiamo che levarci il cappello di fronte ad un record del genere, e ad una carriera veramente notevole come quella di “He Got Game”.
1) Jerry Sloan dice addio ai Jazz e (forse) al basket(10 febbraio 2011): come un fulmine a ciel sereno, il 10 febbraio scorso è arrivata una notizia scioccante per gli appassionati di basket: Jerry Sloan, storico allenatore degli Utah Jazz, lascia quella che è stata la sua panchina per 26 anni.
Sloan è, oltre che un grande allenatore, l’anti-personaggio per eccellenza. Non lo si vede praticamente mai ridere o arrabbiarsi, e anzi ha sempre l’espressione enigmatica, come se stesse guardando nel vuoto.
In realtà, si tratta di uno dei migliori insegnanti di basket in circolazione. Parliamo di un coach che ha portato alla fama giocatori del calibro di John Stockton, Karl Malone, Deron Williams, Carlos Boozer…insomma, niente male.
A 69 anni, la sua posizione è stata messa in discussione. Lui ha detto di non avere più la forza per allenare, ma le speculazioni sul suo addio sono state molte e la versione fornita dal coach non ha convinto molti addetti ai lavori.
Perchè si sarebbe dovuto ritirare a stagione in corso, e soprattutto pochi giorni dopo aver firmato un nuovo contratto? Ed era davvero così faticoso allenare per altri due mesi, dopo aver passato 26 anni in panchina? Ma soprattutto, siamo sicuri che il rapporto con la squadra e con la società non fosse logoro?
Si parla di un rapporto difficile con Deron Williams, che avrebbe certificato l’addio del suo allenatore perchè non voleva essere più “disciplinato” ed obbligato a seguire un preciso sistema di gioco. Tra l’altro, i Jazz hanno poi venduto lo stesso Williams, dando ancora più forza alle voci che lo vedevano come un piantagrane.
Ad ogni modo, ci rimarrà per sempre il ricordo di Jerry Sloan, delle sue lacrime in conferenza stampa, della sua immensa conoscenza del gioco del basket. Non ha mai vinto un titolo, dato che l’ha solo sfiorato portando Utah alle Finali del 1997 e del 1998 (entrambe perse contro i Chicago Bulls di Jordan), e non ha nemmeno mai vinto il premio di “Coach of the Year”.
Nonostante ciò, il suo valore è indiscutibile. Grazie di tutto Jerry, e nel caso ti tornasse voglia di allenare siamo sicuri che troverai una fila di squadre alla tua porta, pronte ad accoglierti.
Indirizzo e-mail: cesc_999@libero.it
“La vita è una metafora del basket” (Phil Jackson)
Ma il commovente addio di stanotte di una città follemente innamorata alla sua franchigia? L’ultima dei Kings a Sacramento è stato, con l’addio di Sloan, senza dubbio l’evento dell’anno
giusto e ci metterei anche la morte di lucas
brutta pagina per l’NBA la dipartita sportiva della capitale della California.A me piacerebbe una lega con tutte le citta’ piu grandi e popolate degli states tipo Baltimora Las Vegas San Diego
San Francisco e Seattle che non ce l’hanno a spese magari di citta’ meno importanti tipo Toronto che non e’ USA Orlando Salt Lake City e Oackland ma vi prego Anaheim no non se po senti Anaheim nell’NBA
Opterei per “ANAHEIM KEBAB” com nome frachigia
Bella top 10, peccato che paradossalmente la numero 1 sia uno degli eventi più “tristi” degli ultimi anni di NBA.
Idem con patatine per l’addio a Sacramento…
Nn vorrei dire niente, ma trovo un po’ stridente il contrasto fra…
“Si è parlato tantissimo dell’addio di James, e non siamo qui per schierarci né da una parte né dall’altra.”
…ed il precedente…”colui che avrebbe dovuto compiere un’impresa eroica portando la sua città al titolo, e che invece è scappato dopo aver sempre fallito nel suo intento.”
Questo quindi sarebbe nn schierarsi? Andiamo bene…
Tra i top 10 moments ci avrei personalmente messo il passaggio di Melo ai Knicks (anzi, agognato passaggio), ed in negativo forse anche i due infortuni di Yao ed Oden
Secondo me ci stavano bene anche:
– i 41 punti del Mago al MSG, che fino a soli 5 anni fa sembrava impensabile che un italiano potesse piazzare un quarantello nel palazzetto più affascinante del mondo;
– l’inserimento di un super personaggio come Rodman nella HOF;
-la partita di Blake Griffin allo Staples contro i Knicks, quella delle posterizzazioni del Gallo e soprattutto di Mozgov;
– il triplo 30+10 dei Big Three di Miami;
– il cinquantello di LeBron nel derby della Florida contro i Magic;
– l’addio di Arenas dai Wizards dopo 8 anni (se non sbaglio) di amore/odio;
– il cry-gate nello spogliatoio di Miami;
– gli improponibili completi del giornalista Craig Sager durante le partite.
@ Inyourweis: quelle frasi che hai riportato erano relative a come i tifosi di Cleveland hanno vissuto l’addio di James, ovvero come l’addio di un codardo che ha scelto la strada facile invece di rimanere lì a fronteggiare il suo destino. Il mio pensiero non è quello, e soprattutto non è importante in quello scorcio di articolo. L’importante era descrivere come i tifosi dei Cavs hanno vissuto l’addio, e il successivo ritorno, di LeBron. Per quanto mi riguarda, il primo articolo successivo alla “decision” su playitusa lo scrissi proprio io, e molti mi dissero di essere stato fin troppo pro-James! L’articolo si intitolava “Il Re ha scelto Miami”, spero che presto verrà rimesso online insieme a tutti gli altri articoli pubblicati dal 2001 ad oggi.
@ La Verità: sì, sicuramente c’erano altre cose che potevano benissimo entrare in classifica. Di Bargnani avrei messo il fatto che ha chiuso la stagione come 15° assoluto nella classifica dei marcatori, più che una singola partita che alla fine ricorderemo giusto in Italia. Sulla Hall of Fame ho già pubblicato un pezzo pochi giorni fa, e in realtà non mi sembrava giusto mettere l’ingresso di Rodman anche qui perchè altrimenti dovrei mettere sempre qualcuno tutti gli anni…