Londra, venerdi 4 marzo 2011.
Si comincia a respirare aria di basketball tra le meraviglie di una Londra stranamente illuminata da un rassicurante sole.
La NBA sbarca nella capitale inglese non proprio con il vestito migliore (vedi blasone e stagione di Nets e Raptors) ma con il suo indiscusso, ammiccante e pretenzioso senso di show business che da questi parti non fanno fatica a ricevere. Dai agli inglesi uno spettacolo e vedi che la (loro) risposta sarà positiva nonostante l’alchimia tra questo popolo ed il basket sia un oggetto ancora in fase di definizione.
Piace il basket ma non ci si appassiona al basket. Per dirla con poche e semplici parole.
E’ mattino e Trafalgar Square è già invasa di turisti, la famosa scritta “SANYO” s’accende anche nella luce naturale di Piccadilly Circus ed il London Eye inizia a girare lentamente.
Della magia griffata NBA nulla o quasi. Typical British way.
Verso le 18 ci si avvia verso il Sud-est di Londra. Direzione O2 Arena. Non proprio vicino al Big Ben.
Da Bond Street si prende la linea Jubilee e si va verso North Greenwich. 11 fermate con l’ultimo tratto che attraversa il fiume Tamigi. La folla cresce di pari passo con l’attenzione verso l’evento e si iniziano a vedere ragazzi con la maglia di Bargnani, di Calderon o qualche tifoso di vecchia data dei Nets che mostrano orgogliosi la maglia di Jason Kidd o di Vince Carter.
Si sale verso l’uscita di North Greenwich ed una volta fuori nel freddo pungente di Londra si rimane per qualche secondo con la bocca aperta e con la mente estasiata. La O2 Arena è davanti a noi. Imponente e spiazzante. Un colosso di modernità che cresce man mano che ci appresta ad entrare.
L’ingresso in realtà è il primo pass verso ristoranti, locali, cinema, mostre. Tutto sinistramente somigliante ad un centro commerciale e con l’arena ancora (e solo) nelle segnaletiche di direzione. Si va alla ricerca dell’ingresso H e nel frattempo si alza lo sguardo verso la profondità della struttura. Un capolavoro di colori, vivacità e progresso.
Nel frattempo, gli store ufficiali della NBA sparsi in tutta l’arena vengono presi d’assalto. Non solo Bargnani e Williams. I tifosi fanno incetta di maglie dei loro idoli, da Bryant a Paul, da Stoudemire a James.
Mentre si fa la (lunga) fila per l’ingresso ascolto una interessantissima e competente conversazione di due ragazzi inglesi che sono dietro di me. Si parte parlando dei miglioramenti difensivi dei New Orleans Hornets sotto la guida di Monty Williams per poi andare a discutere dell’impatto del “loro” Luol Deng nei Bulls di Rose. La conversazione si fa a tre con il mio ingresso. Si parla e si discute di basket a Londra. Non l’avrei mai detto.
Un po’ tutto questo mi rassicura e rincuora. Tra i 20.000 presenti stasera c’è gente che mastica il basket a 360°. Che conosce Anthony Morrow o Ed Davis. Che comprende i problemi di una Toronto troppo giovane e troppo inesperta e che capisce la voglia dei Nets di riemergere dopo qualche anno di buio pesto e di record negativi scongiurati.
Entro nell’arena a 55’ dalla palla a due.
Il primo impatto con la struttura è di pura venerazione. Sembra di essere allo Staples Center o alla American Airlines Arena. D’altronde l’architetto è lo stesso del palazzo che sorge a Los Angeles.
Tutto perfetto, tutto a misura per un match NBA.
Un altro comportamento tipicamente degli inglesi si ripete anche in questa occasione. A 10’ dall’inizio del match l’arena è semi-vuota ma quando l’arbitro alza la palla a due c’è il sold out che diventa ufficiale.
All’applausometro, Deron Williams straccia tutti con Bargnani e Calderon che riscuotono pari consensi. Sono sempre europei, dopo tutto…
La partita fila via liscia (considerando cosa è successo il giorno dopo, credo di aver sbagliato la data…) ed i miei occhi registrano diversi appunti:
*Deron Williams. Un bisonte con le mani da pittore. Ogni passaggio è un opera d’arte, ogni accelerazione aumenta il ritmo musicale del gioco. Potente e rifinitore allo stesso tempo. La giocata con la quale fa accomodare sul parquet il povero Weems vale il prezzo del biglietto e la stanchezza di un lungo viaggio.
*Andrea Bargnani. Una macchina da punti che a volte scivola via su un binario diverso da quello della squadra. E’ molto più comunicativo rispetto agli anni passati ma i DeRozan, i Johnson, i Weems della situazione sembrano non sentire la sua leadership. Alcuni suoi movimenti sono di pura matrice “Dirkiana”, alcune lacune difensive permettono anche a Brook Lopez (un rimbalzista peggiore di lui…) di fare festa sotto canestro.
*Brook Lopez, appunto. Comincia a captare la suadente e sinfonica frequenza Deron Williams e se è servito con continuità è sicuramente un centro da 25 punti a sera. La meccanica è quella donata da madre natura (che non si è sforzata tanto con lui) ma è attivo, dinamico e soprattutto conosce il gioco, aspetto tutt’altro che secondario.
*Una division europea nella NBA. Credo che bisogni aspettare ancora un bel po’ anche se c’è da dire che l’Europa è pronta molto di più di quanto lo sia la NBA ad accettare di implementare nel proprio sistema una costola non americana. E’ una questione di soldi ma anche di tradizioni. Questi flash in terra straniera (compresi gli Europe Live) sono dei test più per Stern che per la risposta del pubblico di Spagna, Inghilterra, Italia o Francia ma credo che per vedere il Barcellona o il Siena affrontare i Dallas Mavericks ci voglia ancora tanto tempo, talmente lungo da poter anche prendere in considerazione il fatto di accantonare definitivamente l’idea della fusione.
La partita finisce con un lungo run dei New Jersey Nets che vanno in fuga e controllano agevolmente il finale (il giorno successivo sarà un pò diverso…ma sempre con i Nets vincenti).
Il “teatro” che ospiterà le Olimpiadi del 2012 è ormai alle mie spalle.
LA NBA sembra già cosi lontana ma per un giorno è stata fin troppo vicina.
Bellissimo racconto, dev’essere stata un’esperienza davvero emozionante oltre che storica. E’ vero che Raptors e Nets non sono attualmente due franchigie di grido, ma poteva andare peggio dai…in fondo i Raptors hanno sempre fascino per noi vista la presenza di Bargnani, mentre i Nets hanno due attrazioni come Deron Williams e Brook Lopez. Stiamo a vedere cosa deciderà la NBA per la division europea, io a dire il vero non sarei molto contento se avvenisse e mi sembra che anche la Lega non voglia dar vita ad un progetto del genere. Ma non si può mai dire, si sa che se i soldi chiamano Stern o chi per lui non si faranno certo pregare…