La storia dell’NBA è fatta essenzialmente di date e di giocatori, ed i Bobcats in tal senso non fanno certamente eccezione.
Dall’expansion draft del 2004 in cui si formò di fatto il roster, passando per le numerose stagioni perdenti, arriviamo rapidamente al 27 Febbraio 2010.
La data in questione è quella in cui Robert Johnson decide di cedere i Bobcats all’ormai ex “sua maestà aerea” Michael Jordan, rendendolo il primo ex giocatore proprietario di una franchigia NBA.
Grazie ad un buon basket e ad un roster giovane e talentuoso Charlotte chiude la stagione 2009/2010 con un sorprendente 44-38 che vale un posto alla post season (finita ancor prima di iniziare con lo sweep incassato dai Magic).
La stagione attuale, costellata di alti e bassi, subisce una brusca svolta nel Dicembre scorso, quando una partenza 9-19 basta e avanza per sostituire Coach Larry Brown (c’è ancora incertezza sul fatto che si sia trattato di “resgination” o effettivo licenziamento) con Paul Silas (che probabilmente molti di voi ricorderanno nei sorprendenti Sonics del ’79).
Grazie anche a un calendario favorevole i Bobcats migliorano il proprio record ma continuano a non entusiasmare (la squadra rimane una delle peggiori in fatto di ppg nella lega) e arrivano alle soglie della Dead Line con un 25-32 sul groppone.
MJ e Higgins optano per dare una scossa.
Riepilogando ciò che più o meno tutti avrete già visto e rivisto, le trade che interessano i Bobcats sono essenzialmente 2 e vanno analizzate contestualmente:
Gerald Wallace, uomo franchigia e vero e proprio simbolo cittadino, viene spedito a Portland in cambio di Przybilla, Sean Marks e Dante Cunningham, più due future prime scelte (la 2011 degli Hornets e la 2013 degli stessi Blazers).
Nello stesso momento anche Nazr Mohammed, ormai non più giovanissimo ma autore di una discreta RS, vola dall’altre parte degli USA, destinazione Oklahoma city, in cambio di DJ White e Morris Peterson.
Il primo scambio a occhio sembra francamente inconcepibile, ma proviamo ad analizzarlo sotto diverse prospettive.
La visione ottimistica jordaniana (“I think it’s one of the best trades”) si basa su un tentativo di totale ricostruzione e non prevede assolutamente un prestigioso quanto realisticamente inutile settimo-ottavo posto nella stagione corrente.
La trade assume quindi tratti interessanti dal punto di vista:
– monetario, con 21 milioni risparmiati nell’arco dei due anni e la consapevolezza di dover rifirmare i giovani Augustin e Henderson senza poter verosimilmente trovare acquirenti per i contrattoni di Diop,Carroll e Najera.
– tattico, sia per quanto riguarda il maggior spazio da 2 a Henderson e il ritorno nello spot 3 di Captain Jack, sia per quanto riguarda una maggior presenza sotto canestro. Oltre al redivivo Kwame (su cui tutti sperano non si tratti di un breve periodo miracoloso) a Diaw e TT, Przybilla e il talentuoso Cunningham potrebbero infatti allungare qualitativamente e quantitativamente un reparto che ha discreto bisogno di presenza fisica (soprattutto vista la partenza del miglior rimbalzista della squadra).
– di proiezione verso il futuro, anche se le non entusiasmanti scelte ricevute sono francamente più una speranza che si trasformino in possibili “colpi fortunati”…
Da un punto di vista più “tecnico” cercando di essere il più espliciti possibili, è invece condivisibile credere che dalla cessione del tuo uomo squadra, miglior difensore nonchè rimbalzista (e secondo realizzatore) si potesse/dovesse pretendere qualcosa di più.
Per quanto riguarda la trade “minore”, a prescindere dalla possibile scelta di buy-out per Mo Pete, l’unica spiegazione possibile in merito è un incondizionato amore per DJ White. Forse i dirigenti delle linci vedono qualcosa in questo 7 piedi da Indiana qualcosa che a tutti noi sfugge (o forse no…).
Riassumendo, in cambio della propria ala titolare e del centro di riserva (in scadenza contrattuale) MJ ha ricevuto lo stesso White, 2 prime scelte e 4 contratti in scadenza. In linea di massima non proprio un incentivo a migliorare nell’immediato..
La voce dei tifosi in rete è un mix di speranza e delusione che rende perfettamente l’idea di come sia ampiamente interpretabile questa scelta con l’addio di Geraldo, “Heart of Charlotte“, che pare destinato a farsi sentire anche fuori dal campo.
Aldilà di quelle che possono essere le considerazioni personali, un progetto ambizioso come quello di Jordan prevede inevitabilmente dei sacrifici. Chissà che il futuro, aldilà di quello che pare essere un anonimo presente, non riservi qualche interessante sorpresa…
“..with the 14° pick of the 2013 NBA draft the Charlotte Bobcats select Marcus Jordan from UCF..”
“It’s just giving people opportunities..”
Sempre Grazie Michael!!!
Naturalmente mi riferisco a Gerald….:-)
Quindi c’è la possibilità che il padre selezioni il figlio??? Ma ne vale la pena, e soprattutto, se ne varrebbe la pena, non lo potrebbero chiamare prima…?
Che storia….:-)