C’è una squadra, nella NBA, che ha stuzzicato la fantasia di molti addetti ai lavori nel corso degli ultimi anni.
Una squadra che si differenzia da tutte le altre, che sembrò partire alla grande con un nuovo ciclo e che si pensava potesse recitare un ruolo da protagonista in questi anni.
Questa squadra sono gli Atlanta Hawks, di cui ci occuperemo in questo articolo. Credo sia fondamentale parlare del recente passato dei “Falchi”, per poi poter analizzare meglio il loro presente e, perchè no, il loro futuro.
Dal 2000 al 2007, tra ricostruzioni ed errori
Un anno chiave è il 2000: dopo aver disputato quasi sempre (8 volte su 10) i play-off nel corso dei 10 anni precedenti, che vanno dal 1990 al suddetto 2000, la dirigenza degli Hawks decise di avviare un processo di rinnovamento della franchigia.
La squadra si era tolta delle importanti soddisfazioni, ma non era mai riuscita a diventare una contendente credibile al titolo. Il progetto partito nel 2000 puntava a portare gli Hawks, nel giro di qualche anno, all’interno delle parti alte della Lega per farceli rimanere diverso tempo.
Per fare questo, si puntò su un gruppo di ragazzi giovani che potessero crescere senza avere l’assillo della vittoria a tutti i costi. L’unico scopo che avevano i giocatori di allora era quello di migliorare, e di mostrare se negli anni successivi avrebbero potuto far parte di un gruppo più competitivo.
Dal 2000 al 2004, in realtà, le cose non andarono bene. Atlanta concluse ogni stagione con un record inferiore al 50%, e l’annata migliore fu un 2003 comunque avaro di soddisfazioni, viste le appena 35 vittorie conseguite a fronte di 47 sconfitte.
Nel corso del quinquennio 2000-2004, i dirigenti fecero molti errori. Uno dei più clamorosi fu quello di scambiare Pau Gasol (che chiamarono come terza scelta al draft del 2001), per Shareef Abdur-Rahim, che per quanto fosse un buon giocatore verrà ricordato come nettamente inferiore allo spagnolo, oggi ai Lakers.
Nel febbraio del 2004 sbarcò ad Atlanta anche Rasheed Wallace, che giocò con gli Hawks una sola partita prima di essere scambiato a Detroit, la città dove quattro mesi dopo avrebbe vinto il titolo. Inutile dire che anche lui avrebbe fatto comodo.
Insomma, la squadra non era una delle peggiori della Lega ma non era stata neanche capace di qualificarsi ai play-off. Questa situazione a metà del guado non piaceva alla dirigenza, che decise di intraprendere un nuovo processo di rinnovamento, ancora più radicale rispetto a quello intrapreso nel 2000.
Fu così che, nel 2004, la panchina venne affidata a Mike Woodson, un giovane allenatore di 46 anni che si trovava alla prima esperienza in NBA. Anche il roster dei giocatori era composto da ragazzi giovani, in alcuni casi giovanissimi.
Tra di loro, i più interessanti erano il 19enne Josh Smith, il 21enne Josh Childress e il 22enne Boris Diaw, tutti destinati a diventare dei buoni talenti. Gli altri giocatori erano di medio-basso livello, tanto è vero che Atlanta finì la stagione 2004-2005 con un disastroso record di 13 vittorie e 69 sconfitte e, chiaramente, l’ultimo posto in classifica.
Nel corso dell’estate 2005 gli Hawks conclusero uno scambio con i Phoenix Suns, grazie al quale ottennero Joe Johnson in cambio di Boris Diaw e di due prime scelte al draft (la prima del 2006, la seconda del 2008).
Fu una scelta rischiosa perchè rinunciarono a due prime scelte, e quindi a due giovani da aggiungere nei tre anni successivi, ma portarono a casa un grande giocatore come Johnson, che tra l’altro ben si sposava con la “linea verde” societaria, avendo appena 24 anni.
Inoltre, sempre nel giugno del 2005, la fortuna sorrise ai “Falchi”, che ottennero la seconda scelta assoluta al draft. Essi scelsero Marvin Williams, un’ala dotata di buon talento e soprattutto molto giovane (19 anni), che però non si rivelerà particolarmente efficace, almeno fino ad ora.
Considerando che altri giocatori “prendibili” all’interno di quel draft erano Chris Paul e Deron Williams, o Danny Granger, si può tranquillamente dire che la dirigenza commise un errore in quell’occasione.
Insomma, piano piano gli Hawks risalirono la china e dalle 13 vittorie del 2005 passarono alle 26 vittorie del 2006, per poi arrivare a 30 nel 2007.
Dal 2007 ad oggi: la rinascita
Nel 2007 Atlanta ottenne la terza scelta assoluta al draft, con la quale acquisì Al Horford. Il draft del 2007 era stato annunciato da anni come un draft pieno di talenti, a partire da Greg Oden fino ad arrivare a Kevin Durant, passando appunto per Horford.
Egli era (ed è) un’ala grande/centro dalle braccia lunghissime, bravo in attacco e a rimbalzo, e aveva guidato la sua università della Florida a conquistare due titoli universitari consecutivi, nel 2006 e nel 2007, vincendo pure il trofeo di MVP delle Finali in entrambe le occasioni. Il suo potenziale era quello di un futuro All-Star.
Con lui in squadra, gli Hawks migliorarono il proprio record e vinsero 37 partite: niente di speciale, intendiamoci, ma gli bastò per partecipare nuovamente ai play-off dopo ben 9 anni consecutivi di assenza.
In più, da febbraio era arrivato Mike Bibby, il playmaker che serviva per dettare i ritmi. Adesso il quintetto titolare appariva finalmente di alto livello, con Bibby da playmaker, Johnson da guardia, Josh Smith da ala piccola, Marvin Williams come ala grande e Al Horford come centro.
I loro avversari erano i Boston Celtics, classificatisi primi nella Eastern Conference nonchè favoriti per la vittoria del titolo, con i “Big Three” (Allen-Pierce-Garnett) appena assemblati.
I ragazzi guidati da coach Woodson persero nettamente Gara-1 e Gara-2 a Boston, per poi sorprendere i propri avversari in Gara-3 e in Gara-4, con due vittorie di misura. In Gara-5 i Celtics riaffermarono la propria supremazia dando 25 punti di scarto agli Hawks, che però non si scoraggiarono e pareggiarono nuovamente la serie in Gara-6.
Quella che sembrava essere una serie scontata poteva trasformarsi in uno dei più clamorosi colpi di scena nella storia della NBA. Ma i Celtics, concentrati come non mai, vinsero nettamente Gara-7 col punteggio di 99-65, impedendo agli Hawks di avvicinarsi al canestro senza essere marcati strettamente.
Finalmente, però, Joe Johnson e compagni avevano dimostrato di essere un gruppo vero, che poteva combattere con le grandi potenze della Lega. Nel 2008-2009, finalmente, arrivò un record superiore al 50%, con 47 partite vinte e 35 perse, che voleva dire quarto posto nella Eastern Conference.
Ai play-off Atlanta se la dovette vedere con i Miami Heat di Dwayne Wade, nei confronti dei quali venivano dati per favoriti. La serie si chiuse a Gara-7, e i “Falchi” fecero più fatica del previsto ad eliminare i loro avversari, ma alla fine approdarono al secondo turno.
Qui affrontarono i Cleveland Cavaliers di LeBron James, che senza tanti complimenti li sbatterono fuori per 4-0. Si pensava che una squadra con giocatori di qualità come Bibby, Johnson, Horford e via dicendo potesse dare maggiore filo da torcere ai Cavaliers, e invece la loro sconfitta fu netta e indiscutibile. Basti pensare che LeBron e compagni vinsero le quattro partite con 18 punti medi di scarto per dare un’idea della loro superiorità.
Ma Atlanta non si perse d’animo, e a giugno 2009 aggiunse un altro, importante tassello: Jamal Crawford, un bravissimo realizzatore che giocava (e gioca) nel ruolo di guardia, ottenuto dai Golden State Warriors in cambio di due giocatori discreti e nulla più come Acie Law e Speedy Claxton.
Tale mossa si rivelò molto azzeccata, dal momento che Crawford trovò la sua dimensione perfetta partendo dalla panchina, e vinse anche il titolo di “Sesto Uomo dell’Anno” 2010.
Con lui marciarono molto bene anche i compagni, che colsero 53 vittorie a fronte di 29 sconfitte, finendo nuovamente quarti nella Eastern Conference. Per il quinto anno consecutivo, i ragazzi guidati da coach Woodson migliorarono il proprio record di stagione regolare: ora bisognava migliorare anche nei play-off.
Al primo turno, i “Falchi” affrontarono i Milwaukee Bucks, e risolsero la serie a proprio favore soltanto in Gara-7, dopo essere stati anche sotto per 3 partite a 2. Ma al secondo turno caddero molto, molto, ma molto violentemente sotto i colpi degli Orlando Magic, che li seppellirono per 4 partite a 0, con 25 punti medi di scarto!!!
Il presente e il futuro
Perchè ho scelto di fare questa lunga cronistoria? Il motivo è molto semplice.
Io credo che il presente, e il futuro, degli Hawks sia racchiuso tutto nel loro recente passato.
Hanno messo su una buona squadra, e il lavoro fatto dal 2004 ad oggi è stato encomiabile. Ma manca ancora qualcosa a questi ragazzi, e più precisamente gli manca di fare un passo in avanti dal punto di vista mentale.
Quando giocano senza grandi pressioni, Joe Johnson e compagni riescono ad esprimersi al meglio. Sono una squadra molto atletica, istintiva se vogliamo, e fanno della potenza e del talento il loro punto di forza. Ma non sono mai stati, negli ultimi anni, una squadra capace di incidere nei play-off.
Gli manca una difesa degna di questo nome, un attacco più organizzato, più corale e meno dipendente dalle iniziative dei singoli. E manca anche la capacità di reagire nei momenti difficili, come abbiamo visto negli ultimi due anni quando sia i Cavaliers che i Magic disposero a loro piacimento dei ragazzi che avevano di fronte.
Dal punto di vista della maggior organizzazione difensiva e offensiva, il compito spetta a Larry Drew, subentrato nell’estate scorsa al posto di Mike Woodson come allenatore. Fino ad oggi la squadra sta andando abbastanza bene in stagione regolare, ha un record di 29 vittorie a fronte di 16 sconfitte, e dovrebbe qualificarsi senza problemi ai play-off, pure con una buona posizione.
I problemi maggiori, semmai, arriveranno da aprile in poi. A quel punto si vedrà se realmente coach Drew ha fatto fare dei progressi ai suoi ragazzi.
Certo è che affidare un progetto comunque ambizioso ad un allenatore esordiente è stato un grande rischio, anche se sicuramente i dirigenti di Atlanta avranno avuto le loro buone ragioni, e come sempre il tempo ci dirà quanto queste siano buone.
Detto questo, non dispiacerebbe un giocatore di spessore nel ruolo di ala piccola o sotto canestro, ma evidentemente non ci sono state possibilità concrete sul mercato.
Cosa farà Atlanta d’ora in avanti?
Rimarrà un’eterna incompiuta oppure si avvicinerà alle prime 4-5 squadre della Lega?
Difficile dirlo, ma questi ragazzi hanno sicuramente un dovere, che è quello di remare tutti insieme nella stessa direzione per regalare ai propri tifosi delle emozioni che aspettano ormai da troppo tempo.
Indirizzo e-mail: cesc_999@libero.it
“La vita è una metafora del basket” (Phil Jackson)
“Perchè ho scelto di fare questa lunga cronistoria?”….per rendere l’articolo interessante e ben fatto.
Certo gli errori al draft e negli scambi si fanno sentire, ma è inutile, per loro e i tifosi, di ricordarli. Soprattutto Gasol e il draft Williams, non prendendo uno dei due play.
“Detto questo, non dispiacerebbe un giocatore di spessore nel ruolo di ala piccola o sotto canestro”
Andrei per un 5. Nulla da dire a Horford, veramente bel giocatore, ma, giustamente, quando le partite contano soffre con 5 di “peso”. Vedere P.o. passati.
In questo caso, valutando anche e soprattutto il lavoro del coach nelle due fasi, potrebbero contare su alternative in quintetto.
“Rimarrà un’eterna incompiuta oppure si avvicinerà alle prime 4-5 squadre della Lega?”
Domanda non semplice, anche visto l’Est di oggi, ma, come per i Bulls, questa potrebbe esser la franchigia da un innesto “azzaccato”.
Complimenti.
Anche un play maker come Nash non sarebbe male ;-)
Io ci vedrei bene Galllinari in questa squadra (E Bargnani ai Magic!!!)
Grazie per i complimenti. Sicuramente Atlanta ha fatto diversi errori nel corso dell’ultimo decennio, alcuni dei quali davvero clamorosi. Ma, a differenza di altre squadre, è riuscita a costruire un nucleo solido che ormai da 3 anni si trova ai vertici della Lega: devono fare un ultimo salto in avanti, cosa non facile come stiamo vedendo. Ad oggi secondo me rischiano di fare la fine dell’anno scorso, nel senso che rischiano di soffrire tremendamente ai play-off.
Servirebbe un innesto importante (un centro in effetti potrebbe essere l’ideale), e a quel punto colmerebbero gran parte del gap. Ma c’è una cosa che devono fare assolutamente, e cioè essere più organizzati e più “dentro” a livello mentale nei grandi eventi. Passi che si esca al secondo turno con delle contendenti al titolo, ma non si può uscire con 20 o più punti di scarto di media! Così come non si può arrivare a Gara-7 contro squadre inferiori, e di molto, tipo gli Heat di due anni fa o i Bucks dell’anno scorso, peraltro senza Bogut.
Nonostante la non fortunata esperienza al draft, i dirigenti erano comunque riusciti a creare una base giovane e futuribile di buon livello.
credo che la decisione di dare 18 milioni a JJ, per quanto sia “importante” per gli Hawks, abbia pregiudicato qualsiasi possiblile evoluzione in tempi brevi.
A meno che non si decida di fare il fagotto di qualcuno.
Anche perchè cercare lo scambio per migliorare il roster subito imho sarebbe una follia, dato che mi pare impensabile mettere subito su un roster da contender..
PS: Il contratto di Jamal?
Bell’articolo. Per cominciare c’è da dire che la dirigenza degli Hawks anche se ha commesso errori almeno ha cercato anche con buon successo di costruire una squadra con record vincente e quest’anno per di più con un coach al primo anno!! Manca un centro forte(che errore con Gasol)per il ruolo di play cercherei di far crescere Teague,sta dimostrando talento. Per il resto concordo che quando giocano senza pressione sono una bella squadra da vedere!!!