Carl Michael Edwards II, 37 anni, Columbia, Missouri.

Un pilota che meriterebbe di più di quanto abbia fatto nella sua carriera. Un pilota con una tenacia ed un carisma che pochi in NASCAR dimenticherebbero.

Cresciuto tra le mani del glorioso team di Jack Roush, con il quale ha avuto la triste sentenza di terminare  secondo due volte in 13 anni alle spalle di Jimmie Johnson nel 2008 e Tony Stewart nel 2011, giunge a questa finale dopo due anni passati al Joe Gibbs Racing quando nessuno avrebbe scommesso su di lui.

“Cousin” Carl, così come lo chiamano all’ interno del circuito per via della parentela con l’ex pilota NASCAR Ken Schrader,  quest’anno ha migliorato di gran lunga i suoi risultati rispetto al 2015 con una solida partenza in stagione, cosa che lo scorso anno non capitò.

Per lui sono arrivati 8 top ten in 9 gare, inclusi i successi di Bristol e Richmond spalmati nell’ arco di una settimana, giusto per garantirsi il pass per la post season ai quali si aggiungono la poles in Texas e a Bristol. Le quattro successive gare opache fanno presagire un calo nei risultati ma Edwards torna a macinare top fives a Sonoma dove ha conquistato la terza pole in stagione e nella gara notturna in Kentucky sfiorando la vittoria terminando secondo.

Da quel momento, fino alla 26° gara che sanciva i Fabolous 16 per la post season, Edwards a bordo della sua Toyota #19 arancione sponsorizzata da Arris ottiene le pole positions al Glen di New York e per la seconda volta in stagione a Bristol. Un record per il pilota del Missouri che mai fino ad ora aveva collezionato cinque poles in una singola annata; al massimo furono quattro nel 2011.

L’inizio del Chase è sottotono privo di velocità ma soprattutto costanza di risultati, nonostante ciò giunge in semifinale dopo la sporadica prestazione in Kansas (2°) nella gara vinta da Kevin Harvick. Il duro colpo di Martinsville qualche settimana più tardi dove ha chiuso 36° in gara, lo pone con le spalle al muro e come forte candidato ad essere eliminato.

Ma è in Texas dove la stella di Edwards brilla su tutte le altre: una possibile vittoria lo avrebbe lanciato in finale a Miami, in un ovale in cui lui deteneva il record di vittorie tra i piloti attivi, insieme a Denny Hamlin, prima che Johnson prendesse il sopravvento.

Qui, Edwards nonostante un Logano in grande spolvero riesce con l’esperienza e la tenacia a cogliere il successo rimanendo al fronte per soli 36 giri, in una gara domata dalla pioggia che costrinse gli organizzatori sancirne il risultato prima del previsto.

Grazie a ciò avrà la terza possibilità per conquistare il campionato della massima serie delle Stock Car, anche se davanti avrà un rivale che già fu capace tempo addietro di  negargli il titolo.

Ma Carl Edwards non è un ragazzino, anzi è un esperto pilota dalla mille battaglie, 444 gare compiute in 13 anni, 28 successi conditi da 223 top ten. Edwards sa come vincere e come gareggiare a Miami, seppur abbia perso due titoli su questo ovale. Vincitore nel 2008 e nel 2010, aggiunge al suo rullino personale tre Top 5’s e due Top 10’s.

Domenica sarà per lui, l’ora della verità dove tutto o niente avranno un valore importante per il pilota del Missouri aggregatosi a questo team spinto dal motore Toyota  per vincere titoli.

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