La vittoria di Alexander Rossi può tranquillamente essere classificata come una delle più sorprendenti della storia della 500 Miglia di Indianapolis. Nessuno, alla vigilia, avrebbe scommesso un centesimo sul pilota americano, ennesimo esempio di talento che la Formula 1 ha sbattuto via (nel suo caso dopo appena cinque gare su quella carretta riempi-schieramento che è la Marussia) troppo in fretta, preferendogli probabilmente piloti più sponsorizzati, con manager più potenti e amicizie o parentele più importanti.
Ovviamente dalle nostre parti si è subito accostato il successo di Rossi a quello del Leicester in Premier League. In realtà il successo di Rossi è stato al tempo stesso sorprendente e non. È stato sorprendente perché sicuramente Rossi era tra i piloti meno attesi, seppure la sua vettura fosse per metà di proprietà di uno dei Big Three della IndyCar, l’Andretti Autosport. È stato sorprendente perché comunque che un rookie vinca una gara così complessa come la 500 Miglia di Indianapolis è una cosa rarissima (è accaduto solo tre volte nella storia, a parte la prima edizione: 1966 con Graham Hill, 2000 con Juan Pablo Montoya e 2001 con Helio Castroneves). Fino a tre mesi fa Rossi era a piedi, con il suo sogno europeo ormai chiuso. E qui sta il fascino di Rossi, la bella storia di un ragazzo normale, di talento, che inseguiva il suo sogno, e che a 18 anni aveva lasciato casa e addirittura cambiato continente per inseguirlo. E che a 25 anni aveva visto quel sogno tramontare. Molto onestamente durante questa offseason Rossi ha confessato di non aver pensato alla IndyCar e alla Indy 500 in questi anni, anche se ovviamente la seguiva in televisione. La sua prima visita al circuito di Indianapolis è stata due mesi fa, la Domenica di Pasqua. Per tanti anni non era dove si aspettava di finire. “Ma adesso sono entusiasta di essere qui“, ha dichiarato Rossi dopo la vittoria di ieri.
A Febbraio Bryan Herta, insieme a Michael Andretti, gli ha dato questa possibilità. Finora non aveva particolarmente brillato, appena un decimo posto quale miglior risultato, ma non aveva neanche sfigurato nel confronto coi compagni di squadra. E qui sta proprio l’aspetto opposto, ovvero che la sua vittoria non è poi così sorprendente. Rossi è stato veloce per tutte le prove, ha sfiorato il Fast Nine Pole Shootout, ed anche in gara è stato molto veloce. Poi attorno a metà gara la squadra ha cominciato a diversificare la strategia, e qui è stata la mossa vincente. Quando ha effettuato il pit stop a 36 giri dalla fine, il suo muretto ha deciso che quello doveva essere l’ultimo; quella era la mossa con Rossi doveva puntare alla vittoria. “E’ stata tutta una questione di pazienza“, ha detto Rossi a fine gara. “Bryan continuava a ricordarmi che la mia chance per vincere questa gara era di conservare carburante. E’ stato molto difficile perché, ovviamente, sapevo di essere più veloce di chi avevo davanti a me. Durante tutta la gara siamo stati molto forti e ho effettuato molti sorpassi, così è stato molto difficile non farlo. Io non sarei stato in grado di fare quello che ho fatto senza Bryan alla radio che mia ha offerto il supporto e la saggezza di cui avevo bisogno.”
Ma va sottolineata assolutamente una cosa: Rossi non ha vinto per fortuna. Innanzitutto perché vincere consumando meno degli altri è una qualità, così come battere qualcuno in volata. La fortuna sta nel fatto di non avere avuto problemi tecnici, e vale per Rossi come per tutti gli altri giunti al traguardo. Per il resto si è trovato al posto giusto al momento giusto, che è un merito tanto quanto essere veloce. Inoltre vanno sottolineati due punti: 1) Rossi ha fatto segnare il giro più veloce in gara, quindi era veloce; 2) Rossi si è fermato in regime di caution, nello stesso giro di Charlie Kimball e Will Power, che hanno chiuso rispettivamente quinto a dieci secondi e decimo a venti secondi da Rossi. Evidentemente Rossi è stato più bravo di loro a coniugare velocità e risparmio di carburante. E questo è un merito in più se si considera che stiamo parlando di un esordiente.
Cosa comporterà ora questa vittoria per Rossi? Difficile dirlo. Difficile sinceramente immaginargli una carriera alla Hill, Montoya o Castroneves, gli altri tre rookie vincenti ad Indy. Più probabile prospettargli una carriera alla Teo Fabi, che dopo la pole da esordiente nel 1983 si è ritagliato una buona carriera in IndyCar, per diversi anni nelle zone medio-alte dello schieramento. Una cosa comunque è certa: da ieri sera il suo nome resterà scolpito sul Borg Warner Trophy e nella memoria di tutti i veri appassionati di automobilismo.
Sono un grande appassionato di sport americani, in special modo di basket NBA e football NFL, ma soprattutto di automobilismo. Considero la IndyCar la migliore categoria al mondo per spettacolo, sportività e completezza dei piloti. Ho assistito di persona alla 500 Miglia di Indianapolis 2008, uno spettacolo indescrivibile.