Ora che sono passate due settimane dall’ultima partita delle World Series, è arrivato il momento della consegna dei premi per la stagione appena trascorsa. Magari alcuni di voi non lo sanno: la Major League Baseball è divisa in due leghe, American League e National League, che consegnano separatamente i premi di MVP (Miglior giocatore della regular season), Cy Young Award (miglior lanciatore della regular season), Manager dell’anno e Rookie dell’anno.
Quest’anno sono stati consegnati i premi nella maniera più prevedibile, merito di alcune super star che hanno avuto una stagione stratosferica e che non hanno messo in difficoltà gli addetti ai lavori nella scelta.
Rookie of the Year
Sia nell’American League che nella National League non si sono stati dubbi: Gunnar Henderson dei Baltimore Orioles e Corbin Carroll degli Arizona Diamondbacks sono stati nominati matricole dell’anno all’unanimità.
Henderson, 22 anni, scelto al secondo giro dagli Orioles al draft 2019 è partito a rilento e ha giocato una seconda parte di stagione da all-star matura: 28 fuoricampo, .255 di media battuta e 82 punti battuti a casa. È stato uno degli attori principali della stagione regolare da più di 100 vittorie dei Baltimore Orioles, con il primo posto in American League.
C’è stato un periodo della stagione in cui Carroll veniva considerato anche nella corsa all’MVP della National League, poi la stagione da alieno di Acuña Jr. era irraggiungibile anche per l’enorme talento dei Dbacks. Quando un rookie entra nel discorso di MVP, il premio di matricola dell’anno è un’automatica consegna: 30 voti su 30 per il ventitreenne scelto alla sedicesima da Arizona nello stesso draft di Henderson. 54 (!) basi rubate, 25 fuoricampo, .285 di media battuta, oltreché 161 valide (una a partita): questi numeri qualche tempo fa sarebbero bastati addirittura per vincere un MVP, tuttavia considerando la carta d’identità del diretto interessato si può dire che ha tutte le carte in regola per vincerlo in futuro.
Manager dell’anno
Brandon Hyde è stato nominato Manager dell’anno per l’American League dopo aver guidato i suoi Baltimore Orioles, squadra giovane e talentuosa, al primo posto non solo dell’AL East, considerata da sempre la division più difficile dell’intera MLB, ma anche al primo posto dell’American League, con più di 100 vittorie.
Gli Orioles non vincevano la loro division dal 2014, mentre hanno raggiunto la tripla cifra nelle vittorie in stagione solo sei volte nella loro lunghissima storia. Tuttavia l’inesperienza e la giovane età hanno pagato nella postseason, dove si sono ritrovati davanti i futuri campioni, i Texas Rangers che li hanno tenuti a zero vittorie. L’eliminazione, forse precoce, nulla toglie alla stagione regolare meravigliosa dei Baltimore Orioles: Hyde ha svolto un lavoro straordinario e il premio è più che meritato.
Nella National League è stato premiato Skip Schumacher, manager dei Miami Marlins e questa è l’unica tra le sei scelte che non mi trova d’accordo. Premessa: Schumacher ha portato Miami alla postseason senza il suo lanciatore migliore, Sandy Alcàntara, Cy Young l’anno scorso, fermo per infortunio per una buona parte di stagione. Tuttavia è arrivato alla postseason come Wild Card, da ultimo spot e all’ultima partita di regular season. A parer mio il vincitore doveva essere Brian Snitker che ha guidato gli Atlanta Braves, frantumando record su record di franchigia e dominando la stagione regolare in National League.
Cy Young
Anche qua ci sono stati pochi dubbi: Gerrit Cole ce l’ha fatta e ha vinto il suo primo Cy Young in carriera, dopo la cocente delusione nel 2019 in cui pensava di averlo già in tasca e che gli è stato soffiato da Justin Verlander, allora suo compagno di squadra agli Houston Astros. I New York Yankees hanno deluso le aspettative, non qualificandosi nemmeno alla postseason e l’unica nota dolce nel Bronx è stata proprio l’annata dello starting pitcher californiano.
15 vittorie, 2.63 di media ERA e solo 0.98 di WHIP (il migliore in assoluto tra i partenti): una regular season con numeri da fantascienza che gli hanno portato meritatamente il premio come miglior lanciatore nell’American League.
In National League il premio è stato consegnato a Blake Snell, partente dei San Diego Padres: si tratta della seconda vittoria in carriera del premio per il lanciatore nativo di Seattle dopo quello vinto nel 2018 con i Tampa Bay Rays in American League. Snell è diventato il settimo giocatore della storia a vincere il Cy Young per entrambe le leghe, entrando in un club di leggende: Randy Johnson, Roger Clemens, Gaylord Perry, Pedro Martinez, Roy Halladay e Max Scherzer.
Snell si è trovato nella stessa situazione di Cole, in una squadra costruita per vincere, come San Diego, che non riesce ad arrivare nemmeno alla postseason. 14 vittorie, 2.25 di media ERA (migliore in NL) e 234 strikeout: non c’è stata storia, nonostante la grandissima stagione di Zac Gallen, partente dei Dbacks. Snell ha oggettivamente meritato il Cy Young.
MVP
Siamo arrivati al piatto forte. Tuttavia anche nell’assegnazione ai premi di Most Valuable Player non ci sono mai stati dubbi, sin da luglio a dire il vero. In quel periodo ho scritto un articolo di metà stagione in cui asserivo che i due MVP avrebbero potuto essere nominati all’unanimità per la prima volta nella storia della MLB. È successo infatti.
Shohei Ohtani è stato nominato MVP dell’American League per la seconda volta in carriera, dopo la vittoria del premio nel 2021. Two-way player, eccellente sia sul monte di lancio che nel box di battuta, come non se ne vedevano dai tempi di Babe Ruth.
.304 di media battuta, 44 fuoricampo e 1.066 di OPS: basterebbero queste tre statistiche fantascientifiche per vincere l’MVP, ma il nipponico se la cava bene, per usare un eufemismo, anche sul monte. 10 vittorie, nonostante l’attacco orrendo dei suoi (ex) Los Angeles Angels, 3.14 di media ERA e 167 strikeout. Un’altra cosa: da inizio settembre si è infortunato e ha perso l’ultimo mese di regular season, altrimenti avrebbe avuto numeri ancora migliori. Ancora non ci siamo resi conto di cosa siamo testimoni.
Un’altra stagione da consegnare agli annali del baseball è quella di Ronald Acuña Jr., nominato MVP all’unanimità della National League. È diventato il terzo venezuelano della storia della MLB a vincere il premio dopo due giganti come Miggy Cabrera e Jose Altuve. Durante la regular season l’esterno degli Atlanta Braves ha prodotto numeri che non stanno né in Cielo né in Terra: 217 valide, 41 fuoricampo, 1.012 di OPS, 137 corse a casa base (record di franchigia) e soprattutto 73 basi rubate (migliore in tutta la MLB nel 2023).
Non solo è diventato il primo e unico giocatore della storia a entrare nel club 30/60 (30 fuoricampo e 60 basi rubate in una stagione): non c’erano riusciti nemmeno Rickey Henderson e Barry Bonds. L’unica pecca è la chiusa di stagione anticipata in postseason con l’eliminazione per mano dei Philadelphia Phillies, ma il premio riguarda la stagione regolare e nessuno, neanche lontanamente, ha fatto meglio di Ronny.
Ecco una sintesi dei vincitori degli MLB Awards:
AL Rookie dell’anno: Gunnar Henderson (Baltimore Orioles)
NL Rookie dell’anno: Corbin Carroll (Arizona Diamondbacks)
AL Manager dell’anno: Brandon Hyde (Baltimore Orioles)
NL Manager dell’anno: Skip Schumacher (Miami Marlins)
AL Cy Young: Gerrit Cole (New York Yankees)
NL Cy Young: Blake Snell (San Diego Padres)
AL MVP: Shohei Ohtani (Los Angeles Angels)
NL MVP: Ronald Acuña Jr. (Atlanta Braves)
Orso per gli amici. Amo il passatempo preferito degli americani: il baseball. Tifoso da sempre dei Boston Red Sox, ma prima di tutto tifoso del Diamante. Innamorato della fastball di Pedro Martinez, dello swing di Mookie Betts e dei fuoricampo di David Ortiz. Sogno nel cassetto: guardare una partita dal Green Monster di Fenway Park. Su Instagram racconto di baseball con la page @mediabattuta