Astros e Yankees fanno un campionato a parte sin dallo start e si preparano a battagliare per il primo seed del tabellone finale; dietro di loro bagarre clamorosa, con 8 punti a dividere altrettante concorrenti, partendo dagli immarcescibili Rays fino ai Red Sox, come preventivato ad inizio torneo carenti sul monte!
E si che il ritorno di Sale e Paxton dava fiducia all’ambiente, ma l’iconico mancino dopo un paio di apparizioni è ritornato sotto i ferri e l’ex Mariners ancora non si è visto. Eovaldi da solo non può raddrizzare la baracca e a parte la buona tornata di Wacha il resto del plotone fa acqua quasi da tutte le parti. La deadline ha poi visto gli shockanti addii di Vazquez per Valdez e Abreu e di Bradley Jr, poi subito siglato ad un anno da Toronto, mentre una sottintesa bocciatura per Dalbec lo ha spesso emigrato all’interbase; difatti un paio di trade importanti hanno aggiunto Hosmer in prima, McGuire dietro al piatto di casa base e Tommy Pham nell’esterno sinistro, lui dignitoso dall’approdo in Massachussetts.
Il dominio degli Astros deriva anche da una AL West sotto tono, a parte i giovani Mariners di Rodriguez, Gilbert, Kirby e Flexen, “maturati” oltre che dagli originali innesti di Ray, Frazier, Suarez e Winker, pure da quelli di Carlos Santana e Casali, grazie ai quali poter momentaneamente parcheggiare in 40-man i diamanti Toro, Trammell, Sheffield e Kelenic.
Houston ha recentemente superato New York e viaggia spedita verso l’olimpo MLB; il suo ciclo sembra eterno come lo stellare lineup e un monte rinnovato negli anni ma tuttora capeggiato da Verlander – in lizza con Alvarez per i premi da MVP – e da certezze cresciute in casa (Valdez, Urquidy, Garcia e Javier)! Convincono quindi il parcheggio di Odorizzi ad Atlanta per Will Smith, a nostro avviso meno affidabile del rientrante McCullers Jr, e soprattutto le pesche di Mancini, il sopracitato Vazquez e Dubon, forza e duttilità efficaci per il gran finale.
Il calo degli Yankees non allarma finora, ma deriva da recenti apatie al box e dai cali di Taillon e Cortes, l’ennesimo stop di Severino e i preoccupanti scricchiolii di Cole, Cortes e Schmidt, mentre Chapman e German faticano a riprendersi. Forse la promozione dalle Minors del jolly Oswaldo Cabrera ha lo scopo di rivitalizzare l’ambiente e far fronte agli acciacchi di Stanton e Carpenter, anche se il mercato estivo non ha apportato sinora i frutti sperati. Difatti non convince appieno in esterno la rinuncia alla potenza e difesa di Gallo per la precisione di Benintendi, inoltre l’avvicendamento Montgomery/Montas per adesso fa felici solo i Cardinals.
Nella Central fanno impressione il crollo di Minnesota e la discontinuità dei White Sox, sebbene ambedue siano pienamente in corsa, ragion per cui non sorprende la volata di Cleveland al vertice divisionale, abituata con Francona a scoprire talenti dal nulla. Molti campioni infatti hanno abbandonato la nave e una ricostruzione accorta sta permettendo a fianco delle superstar Ramirez, Bieber e Clase di viaggiare spediti verso una postseason insperata! Per di più la bassa età consente a Rob Certfolio e Scott Barnsby di evadere le deadline e concentrarsi esclusivamente su rinnovi futuristici. Infatti fra i molti elementi clutch quali Naylor, Rosario, Kwan, Gimenez e Oscar Gonzalez incombe lo spettro di free agency e arbitrato. Il monte poi, dove oltre all’ex Cy Young e Quantrill è definitivamente esploso Triston McKenzie, è tuttora specialità della ditta.
Il vertiginoso calo difensivo dei Twins ha comportato ben 45 sconfitte da inizio estate e la seconda peggior ERA a luglio: numeri impietosi e fra i responsabili del vantaggio in doppia cifra sperperato sulle rivali di division. Un periodo di forma appannato per Buxton, le difficoltà di Kepler e i seri infortuni di Sano e Kirilloff al box e sul monte di Maeda, Dobnak ed Ober hanno spolpato un roster che si aggrappa oggi alla classe di Arraez, Correa, Polanco e il rookie Miranda, splendente luce annuale! In trade movimenti minori sopraggiungono da Detroit con un Fulmer la cui parabola continua a discendere, dai Reds per Mahle – già out per problemi alla spalla – e dall’Ohio col catcher Leon!
Chicago è ferma al palo sostanzialmente per due motivi: la mancata e definitiva esplosione di Robert e Jimenez, un po’ troppo spesso colpiti dai lanci avversari ma comunque possessori di un fisico d’argilla, e le deludenti campagne sul monte di Lynn, Giolito, Hendricks e Joe Kelly. Il “fire Tony” che riecheggia sovente nella South Side, ratifica poi malumori di una fanbase convinta di avere tutte le carte in regola per dominare il girone me che si ritrova, anche per demeriti manageriali, a vivere soltanto sulle individualità di un lineup comunque profondo e qualitativo, capeggiato tuttora dall’immortale Abreu e dal canterano Vaughn. Il serio infortunio di Tim Anderson e quello recente di Moncada fanno piovere sul bagnato ed hanno costretto gli uomini di Reinsdorf a ripiegare in deadline su Andrus nella posizione di shortstop. Se Kopech e Graveman hanno alternato ottime performance a svarioni epocali, convince l’innesto del vecchio Johnny Cueto e la breakout season di Dylan Cease, leader di gruppo in W (12) e K (182) nonché titolare di una delle più basse ERA di lega (2.27).
Nell’infernale East fa sensazione il miracolo Orioles, la cui rebuilding è terminata in netto anticipo grazie al lavoro di Brandon Hyde, giovane skipper al quarto anno che ha saputo sciogliere le briglie a dei giovani clutch hitter glaciali e spericolati (ultimo della lista Kyle Stowers) che da metà maggio in poi non si sono più fermati. Le 62 W per evitarne 100 – paletto di partenza – sono arrivate già a metà agosto e nella caccia ad una clamorosa qualificazione Wild card Baltimore ci sta di diritto. Il mercato di riparazione in entrata ha visto l’unica (ma non banale) sigla in Brett Phillips da Tampa Bay.
Quest’ultima riesce sempre a galleggiare al vertice persino se la dea bendata volta le spalle; l’infermeria è difatti abitata da elementi di spessore quali i lungodegenti Glasnow, Kittredge, Feyereisen, il giovane rampollo Baz e Chirinos al lancio e Franco e Kiermaier al piatto. A parte quest’ultimo, il cui ritorno è purtroppo datato 2023, quasi tutti gli altri hanno la Triple-A Durham nel mirino. Nessun problema, nel via vai di cessioni eccellenti e arrivi in salsa minore spiccano le stagioni di Paredes, 23enne la cui trade con Detroit per Meadows rappresenta una steal pazzesca, Harold Ramirez e la vecchia guardia Diaz, Margot ed Arozarena! In rotazione, stesso discorso per Rasmussen e Springs, ai Brewers e Boston sotto impiegati e qui dapprima opener ed ora eccellenti starter da 6/7 inning, e il diamante McLanahan, dietro solamente a Justin Verlander per le discussioni Cy Young. Importanti annessioni per il rush finale in esterno sono Siri e soprattutto David Peralta, le cui caratteristiche all around si sposano alla perfezione coi diktat di Kevin Cash.
Chiudiamo coi Blue Jays, il cui monte lunatico nonché fra le cause del licenziamento di Charlie Montoyo passa dalle certezze Manoah, Gausman e Romano agli scricchiolanti Berrios, Kikuchi e Ryu, lui comunque out for the season: passerà da qui la differenza fra una postseason mediocre e i sogni di gloria. Toronto sembra abbastanza sul pezzo da non sperperare il vantaggio odierno di 5 match sugli inseguitori, anche perché dopo Houston e Yankees è senz’altro la franchigia coi giocatori di posizione più forti. Ci è apparso sensato poi, oltre al già accennato accordo con Bradley Jr, sacrificare tre prospetti per un two-way player del calibro di Merrifield e per Anthony Bass nel bullpen.
“Malato” di sport a stelle e strisce dagli anni 80! Folgorato dai Bills di Thurman Thomas e Jim Kelly, dal Run TMC e Kevin Johnson, dai lanci di Fernando Valenzuela e dal “fulmine finlandese”. Sfegatato Yankees, Packers, Ravens, Spurs e della tradizione canadese dell’hockey.