Con le partite di ieri, per buona parte delle franchigie MLB si è chiusa la stagione di preparazione primaverile al caldo perenne dei loro Training Centers di Arizona e Florida.
Due posti magici per la qualità “equatoriale” delle condizioni meteo ma soprattutto per la fucina di storie di underdogs di successo che ogni anno si creano in seno ai club delle Major Leagues. Ma il destino è anche crudele, e non solo con nomi tutto sommato sconosciuti al grande pubblico: a volte i tonfi contano cadute alla “precipitevolissimevolmente” maniera.
Insomma, a soli quattro giorni dal primo “play ball”, è oramai tempo di fare le valigie, caricare i cari vecchi truck “American Style” con i vistosi scarichi sopra la cabina e stiparci dentro tutto ciò che durante 40 giorni di emozioni, sogni e fatica ha composto il centro del mondo per migliaia di persone al seguito delle 30 franchigie delle Majors.
Si torna a casa, ma prima è tempo di una due giorni di esibizioni in giro per l’America, spesso nel “ballpark” di casa, come i derby “alternati” di Los Angeles che stanno andando in questi giorni in scena sia ad Orange County, a casa degli Angels, che al Coliseum, sulle fantastiche colline a nord di Downtown LA che ospitano la casa dei Dodgers; oppure l’altro derby californiano, quello della Baia di San Francisco fra A’s e Giants che tornano a respirare aria di casa con l’isola di Alcatraz a fare da sfondo ad un incontro che nel 1989 valse addirittura le World Series (vinsero gli Athletics di Tony LaRussa 4 partite a 0); oppure, per finire, la serie da due match in campo semi-neutro allo Stadio Olimpico di Montreal fra i Toronto Blue Jays e i St. Louis Cardinals (interessante specchio dello stato dell’arte di due contendenti alla Wild Card nella rispettiva Lega di appartenenza).
Ma tiriamo le somme di questo mesetto di partite che, in carta carbone, ci hanno dato un’idea ad ampio raggio del potenziale cognito e non dei serbatoi di talento MLB in giro per gli States.
Partiamo dalla Cactus League dove in vetta chiudono, tutte e tre a 19 vittorie, i Brewers, gli Indians e i Cubs. Record ben sopra il .500 anche per White Sox, Padres e Royals. Delusioni? Tutte e quattro le contendenti della National League West.
I Dodgers non vanno oltre un misero 15-14, i Giants dalle grandi aspettative (è un anno pari…) chiudono con 14-15 (come loro i D-Backs) ed i Rockies, che fanno peggio delle altre, rimangono fermi a 12-16. Uno specchio abbastanza realistico dell’annata che ci attende nel Far West…Malissimo fanno i Rangers, mentre dagli Angels ci si aspettava decisamente più personalità. Mah, saranno entrambi un diesel in attesa che il turbo entri in azione… chi vuol intendere intenda, Astros…
Passiamo in Florida dove Red Sox e Astros rubano la scena a tutti, Yankees in testa, ben distanziati a 3.5 partite dal vertice (a braccetto coi Cardinals). Sorpresa della “Lega del Pompelmo” sono gli Orioles! I tre acquisti nella rotazione (Cobb, Cashner, Tillman) e Manny Machado spostato in 3B sembrano funzionare alla grande. Da sottolineare anche il risultato dei Marlins che riescono a vantare, contro ogni aspettativa, un record a nord del 50%.
La delusione più grande è rappresentata sicuramente dai Washington Nationals (13-16). Sotto il .500 anche i Blue Jays corretti e rivisti da un inverno intelligente e poco dispendioso dell’accoppiata Mark Shapiro – Ross Atkins. E poi… niente, sembravano essere loro il punto esclamativo su questa Grapefruit League 2018 ma il passare delle partite li ha riportati al loro vero valore: stiamo parlando dei Detroit Tigers che, per le prime 20 partite si sono dimostrati davvero sorprendenti ed essenziali nel portare a casa le contese. Posti di rincalzo li aspettano anche in Division.
Male male i New York Mets, ultimi, e gli “scombussolati” Pittsburgh Pirates orfani di tanti volti noti dell’ultimo decennio (tre Wild Card Games consecutivi fra 2013 e 2015). Assolviamo, nonostante le sole 12 vittorie, i Philadelphia Phillies visti il posizionamento finale dietrodi loro dei rivali di sempre del Queens e la positività e rilassatezza che traspaiono da ogni broadcast che li riguardi.
Gran lavoro della dirigenza sul mercato e di Gabe Kapler con i giocatori. Tutti uniti dal mantra “Be Bold” (“siate audaci”).

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