“We’re on a mission from God.”
Questa storica citazione di Elwood Blues (al secolo Dan Aykroyd) ci porta a Chicago, luogo di origine dei leggendari Blues Brothers, protagonisti dell’omonimo film del 1980 (se non avete mai sentito alcuno di questi nomi o quello di John Belushi vergognatevi e guardate il film, n.d.r.), per guardare a quelle che sono due delle tre squadre migliori di tutta la MLB, i Cubs (20-6 il record) e i White Sox (19-9). Facendo un rapido flashback, la rivalità nasce nell’anno 1900, quando Charles Comiskey trasferì la sua squadra da Saint Paul, in Minnesota, a Chicago, per partecipare alla neonata American League. Ciò però non fu di gradimento ai Cubs (all’epoca non ancora con questo nickname, in uso dal 1902) i quali vincolarono l’arrivo della nuova squadra al loro insediamento a sud della 35th Street. Comiskey, di risposta, chiamò la squadra White Stockings, il nome originario dei Cubs, che lo usarono dal 1876 al 1889. Essendo le due squadre appartenenti a due leghe diverse non ebbero ad affrontarsi fino all’adozione delle partite di interlega, nel 1997, con una sola, però importantissima eccezione: il derby di Chicago ebbe infatti luogo nelle World Series 1906, l’unico showcase dove due squadre provenienti da Al e NL potevano affrontarsi. I Cubs si presentarono con quello che ancora ora è il miglior record mai fatto registrare in stagione regolare (116-36, .736) ma alla fine la spuntarono i White Sox in 6 partite.
Tornando al presente, che i Cubs avessero tutte le possibilità di competere a questi livelli era chiaro fin dalla offseason; ma che i White Sox potessero trovare una partenza così performante era molto meno pronosticabile, anche alla luce del caso Adam LaRoche, il prima base della squadra ritiratosi pochi giorni prima dell’inizio della stagione regolare a causa di disaccordi con la società sulla possibilità per il figlio dello stesso LaRoche di visitare con regolarità la clubhouse. In una division che comprende anche Detroit ma soprattutto i campioni in carica di Kansas City, i Southsiders hanno trovato la leadership grazie ad alcune prestazioni offensive degne di nota (Melky Cabrera ed Adam Eaton che viaggiano a più di .280 di BA, i 19 RBI di Jose Abreu, i 7 HR del sempre potente Todd Frazier) ma soprattutto ad un reparto lanciatori ermetico che solamente in una occasione su 27 ha concesso 10 punti agli avversari (il 28 aprile, 10-2 da Baltimore) e che in tutte le altre è sempre rimasto a 7 o meno, con 4 shutout.
Di Chris Sale e della sua classe abbiamo notizia dal 2010 e dopo quello che è stato il suo peggior anno a livello di ERA ha rimesso tutti i tasselli al loro posto: finora ha un record di 6-0 in 6 partenze con ERA di 1.66 e già 1.7 WAR, di fronte alle 3.3 ottenute in tutto il 2015. Al suo fianco troviamo José Quintana (4-1, 1.40 ERA) che fino allo scorso anno era solida spalla ma che concedeva troppi big shot per compiere il definitivo salto di qualità e Mat Latos: il 28enne della Virginia non riesce a rimanere lontano da problemi fisici più o meno gravi ormai dal 2013 ma in questo scorcio di stagione ha dato ennesima prova del suo talento, con un record di 4-0 e una ERA di 1.84. Dopo di loro viene un bullpen che ha finora chiuso ogni velleità avversaria, non avendo ancora maturato nemmeno una singola sconfitta: i principali artefici sono Matt Albers (12.2 IP e 0.00 ERA), Nate Jones (12 IP e 0.75 ERA), Zach Duke (11 IP e 2.45 ERA) e il closer David Robertson, che dopo un buon 2015 da 34 salvezze ha aumentato le prestazioni ed è a 9 salvezze su 10 tentativi con era di 0.73.
Andando a nord di 5 miglia, nella zona di Wrigley Field, si sta assistendo ad una nuova meraviglia targata Joe Maddon, che già a partire dalla offseason si era mosso per rinforzare la già competitiva squadra con gli arrivi di John Lackey, Adam Warren, Ben Zobrist, Jason Heyward e la rifirma di Dexter Fowler. Questo roster così da sogno non sta deludendo le aspettative: l’attacco è il migliore della lega per punti segnati (153 -come i Cardinals che però hanno due partite in più- per una media di 6,12 a partita) ed il reparto lanciatori è primo in MLB sia per media battuta concessa (.201, segue Washington con .213) che per ERA (2.32, sempre davanti ai Nats con 2.35). La nota negativa è l’infortunio di Kyle Schwarber, uno dei migliori giovani della franchigia, che si è lesionato il ginocchio sinistro il 7 aprile ed ha già dovuto salutare in maniera definitiva la stagione, ma la maggior parte dei compagni di squadra sta offrendo prestazioni da urlo, per la verità più tra i veterani (9 HR e 27 RB di Anthony Rizzo, Fowler e Kris Bryant con BA rispettivamente di .348 e .303 con 32 RBI complessivi) che tra i nuovi arrivati (meglio Zobrist del più altalenante Heyward).
Parlando invece dei lanciatori non si può non iniziare da Jake Arrieta: il vincitore del Cy Young Award per la national League nel 2015 ha ricominciato da dove aveva finito la scorsa stagione, guadagnandosi il titolo di miglior lanciatore della NL per il terzo mese di fila (aprile, che va unito ad agosto e settembre dello scorso anno) e lanciando il secondo no-hitter della carriera, il 21 aprile contro i Reds. Ma anche solo fermandosi ai numeri si resta impressionati: in 6 partenze ha un record di 6-0, ERA di 0.84, 2.2 WAR e WHIP di 0.74. Al suo fianco, degnissimi membri della band, troviamo John Lester (3-1, 1.58 di ERA, 1.5 WAR, 39 strikeout) ed il sempre performante Jason Hammel (4-0, 1.24 di ERA, 1.3 WAR). A chiudere questo straordinario complesso troviamo, tra i più meritevoli, il già citato Warren (10.1 IP, 1.74 di ERA) e Pedro Strop (11.1 IP, 2.38 di ERA). Da sottolineare anche la situazione del closer Hector Rondon, il quale su 9 apparizioni ha lanciato in sole 5 situazioni di salvezza, ottenendone 4. E che su 20 vittorie ci siano solo 4 salvezze rende ottimamente l’idea della potenza di fuoco di questi Cubs: White Sox e Nationals, ad esempio, hanno entrambe 10 salvezze a testa su 19 vittorie, per non citare i Marlins che hanno 11 salvezze su 14 vittorie.
Senza dubbio entrambe le squadre di Chicago stanno ottenendo aiuto dalla partenza buona ma non buonissima dei rivali divisionali: nella AL Central Detroit, Kansas City e Cleveland hanno tra le 14 e le 12 vittorie, così come Pittsburgh e St. Louis sono rispettivamente a 15 e 14 nella NL Central, ma continuando su questa buona strada molto si può sognare, sia a nord che a sud della 35th Street. Per dirla ancora una volta con le parole di Elwood Blues,
Nostra Signora della Santa Accelerazione non ci abbandonare ora!
Andrea Cornaglia, classe ’86, profonda provincia cuneese, si interessa al football dal 2006, prendendo poi un’imbarcata per il mondo dei college dal 2010: da lì in poi è un crescendo di attrazione, inversamente proporzionale al numero di ore dormite al sabato notte