Dopo il doppio break point ottenuto dai Giants in quel di Washington, la serie si sposta nella baia, dove i Nationals devono vincere entrambe le sfide per mantenersi in vita e provare a giocarsi nuovamente le proprie possibilità nella gara-5 in casa. La missione è complicata ma, alla luce dell’equilibrio delle prime due sfide, è una possibilità non da escludere.
Game 3
L’orario della sfida (orario locale 2 del pomeriggio) non frena l’entusiasmo della tifoseria locale, che riempie l’AT&T Park per spingere i propri beniamini alle Championship Series. I Giants schierano il proprio asso, Madison Bumgarner, 5 giorni dopo il complete game che ha spazzato via Pittsburgh alla Wild Card, mentre i Nationals si affidano a Doug Fister, arrivato in offseason da Detroit ed autore di un ottimo 2014 (16-6 il record, 2.41 di ERA, 4.5 WAR).
E sono proprio i due lanciatori i padroni dei primi sei inning: i due combinano per sole sei valide, nessun punto segnato e 9K. Solamente nel secondo inning Fister corre qualche rischio riempiendo le basi ma uscendone con un K su Bumgarner, che a sua volta mette due uomini in base nel terzo prima di indurre una groundball a Jayson Werth per finire la fatica.
Si arriva al settimo inning e la partita esplode: Ian Desmond batte un singolo in campo sinistro e Bryce Harper ottiene una base ball: con due uomini in base e zero out viene chiamato un bunt a Wilson Ramos, che puntualmente esegue. La palla arriva a Bumgarner che, invece di una facile eliminazione in prima base, cerca di eliminare Desmond in terza: la palla però è troppo a sinistra, Pablo Sandoval non riesce a bloccarla e finisce così sugli esterni, permettendo così sia a Desmond che ad Harper di segnare, con Ramos che arriva in seconda ed è portato in seguito a casa dal singolo di Asdrubal Cabrera. 3-0 Nationals.
Fister, invece, non sente la pressione, concede solo un singolo a Brandon Belt e lascia i suoi in una ottima posizione all’alba dell’ottavo inning, quando entrano in campo i rilievi: San Francisco schiera Jean Machi, mentre Washington va con Tyler Clippard e per entrambi c’è un inning senza sbavature né uomini in base.
Nella parte alta del nono Machi resta in campo e subito viene punito da un HR, il secondo in postseason, di Harper, che porta il punteggio sul 4-0 Nationals. Bruce Bochy sostituisce subito il suo lanciatore con Jeremy Affeldt, che chiude l’inning.
La parte bassa del nono vede all’opera Drew Storen, che brutti ricordi evoca ai propri tifosi (vedasi gara 2 della serie): il lanciatore originario di Indianapolis rischia di rovinare anche questa partita concedendo ai primi due battitori affrontati, Sandoval e Hunter Pence, un singolo ed un doppio, prima di un K a Belt.
A seguire, Brandon Crawford manda a casa Sandoval con un sac fly, prima che una groundout di Joe Panik faccia finire la partita. 4-1 Washington e serie sul 2-1 San Francisco.
Game 4
28 ore dopo gara-3 è nuovamente tempo di baseball a San Francisco, è tempo di gara-4: lineup immutato per Washington che schiera sul monte Gio Gonzalez (in stagione 10-10, 3.57 ERA, 2.3 WAR), mentre i Giants sosituiscono Trevis Ishikawa come esterno sinistro con Juan Perez e mandano a lanciare Ryan Vogelsong (2014 per lui non stupendo, 8-13, 4.00 ERA, 1.2 WAR).
Quest’ultimo inizia subito bene la partita, mandando solo un uomo in base nei primi due inning, mentre Gonzalez già nel primo concede due valide a Buster Posey e Pence, poi nel secondo deraglia pesantemente, dopo l’eliminazione di Belt: concede un singolo a Crawford, poi non riesce a fermare la rimbalzante di Perez, che arriva in base e concede a Vogelsong di arrivare salvo in prima con un bunt, riempiendo così le basi.
A completare l’inning ci sono la base ball a Gregor Blanco e la groundout di Panik, che portano il punteggio sul 2-0 Giants in un tripudio di fazzoletti arancioni. Il terzo ed il quarto inning non regalano nulla poi nel quinto è Vogelsong a subire: singolo di Desmond e Harper lo porta a casa con un doppio: 2-1 Giants.
Con il quinto ed il sesto inning inizia, inoltre, il valzer dei rilievi, ma è al settimo inning che Harper decide che questo non è il finale che vuole per la partita e su un lancio del potente Hunter Strickland la spedisce nella baia per il punto del pareggio: 2-2. Lo spirito degli extra inning e della maratona di gara 2 inizia ad aleggiare su San Francisco ma ci pensano i rilievi di Washington a mandarlo in fumo in breve tempo: Matt Thornton concede valide a Panik e Posey, lo sostituisce Aaron Barrett, che a sua volta concede una BB a Pence che riempie le basi e con un wild pitch con Sandoval in battuta manda a casa Panik. 3-2 Giants.
Con un conto di 3-1 su Sandoval l’idea è di concedergli una base intenzionale per poi giocarsela contro Belt e Crawford: il lancio di Barrett è però altissimo, supera il catcher e Posey prova a giungere a casa, dove però viene eliminato, prima che Belt, un non fattore nella serie, si faccia eliminare al volo. L’indigestione di emozioni del settimo inning porta in dono un misero ottavo, poi nel nono sale sul monte Santiago Casilla per la save: l’unico brivido viene da una base ball concessa ad Harper, l’ultimo dei suoi ad arrendersi, dopo un lungo at bat, poi è solo gioia per i Giants, che vincono partita e serie.
San Francisco si guadagna in questo modo il biglietto per le NLCS, dove arriverà ad affrontare Saint Louis, ma non è tutto oro quello che luccica: andando oltre ad un pitching ottimo, marchio di fabbrica della squadra (che a dir la verità ogni anno è dato per morto e anche in questo 2014 con l’infortunio a Cain ed il periodaccio di Lincecum non era nella sua miglior forma) troviamo una ottima difesa ma un attacco che fatica molto a produrre e che dovrà salire molto di livello per competere contro i Cardinals.
Sall’altra parte Washington saluta prematuramente la postseason, iniziata con tutte altre intenzioni: sul coach Williams possono ricadere molte colpe per la sconfitta in gara 2, ma per il resto molti demeriti vanno ad un attacco che non ha saputo supportare, in nessun modo, un Harper che a neanche si dimostra una volta in più il giocatore più importante per la squadra.
I vari Laroche, Werth, Span, Desmond non sono stati fattori nella serie e senza il loro apporto quanto successo in queste partite è il best case scenario per i Nationals.
Andrea Cornaglia, classe ’86, profonda provincia cuneese, si interessa al football dal 2006, prendendo poi un’imbarcata per il mondo dei college dal 2010: da lì in poi è un crescendo di attrazione, inversamente proporzionale al numero di ore dormite al sabato notte