La pausa per l’All Star Game è, storicamente, l’occasione in cui le squadre MLB tracciano un primo bilancio dopo metà stagione e cercano correttivi o strategie, magari già in vista della stagione successiva per chi è già tagliato fuori dalle posizioni importanti.
Nella AL East troviamo in testa, con un record di 52-42, i Baltimore Orioles: il team del Maryland sta quindi dando continuità ad un progetto che già nel 2013 li aveva visti con un record positivo (un 85-77 che però non servì per i playoff) e che nel 2012 li aveva addirittura portati alle Division Series perse contro gli Yankees dopo aver sconfitto i Texas Rangers nel match di wild card.
Non si può certamente dire che la offseason degli O’s sia stata tranquilla: il manager Buck Showalter ha infatti dovuto fare i conti con partenze importanti, quali quelle dei partenti Jason Hammel (destinazione Chicago, sponda Cubs) e Scott Feldman (Houston), del LF Nate McLouth, solido starter, del 2B Brian Roberts, che pur non aveva giocato molto nelle ultime quattro stagioni a causa di plurimi infortuni rimane in division, in quel di New York, ma soprattutto del closer Jim Johnson, che dopo una stagione da 50 salvezze è stato tradato ad Oakland in cambio del 2B Jemile Weeks (fratello del più famoso Richie, al momento impegnato con ottimi risultati in AAA a Norfolk) e del C David Freitas (in discreta evidenza in AA a Bowie e recentemente promosso nella già citata Norfolk.
Per ovviare a queste partenze la dirigenza degli Orioles ha acquisito in offseason il partente di Cleveland Ubaldo Jimenez, reduce da una ottima stagione, e il LF David Lough da Kansas City, mentre per la questione closer la decisione è stata quella interna, prima con la promozione di Tommy Hunter ed in seguito, a causa di un rendimento altalenante e di alcuni problemi fisici di quest’ultimo, da Zach Britton, decisamente più performante nel ruolo.
L’acquisizione più importante è però stata quella di Nelson Cruz: l’ex giocatore dei Rangers dopo la squalifica di 50 partite nella scorsa stagione a causa dello scandalo Biogenesis ha firmato un contratto di un anno e 8 milioni di dollari. Al suo fianco, altra firma rilevante è stata quella di Delmon Young, dopo i trascorsi tra Philadelphia e Tampa Bay della scorsa stagione.
L’inizio della stagione non era stato dei più promettenti, con un record che fino a metà giugno rimaneva sempre sui .500, salvo poi migliorare repentinamente negli ultimi 30 giorni, chiusi con un eloquente 16-8.
Tra le note positive si possono inserire sicuramente le prestazioni del già citato Nelson Cruz e dell’outfield in generale: il nativo della Repubblica Dominicana ha già prodotto la bellezza di 28 HR e 74 RBI, con una OPS+ di 153, tutte cifre già vicine ai suoi record stagionali, ed ha ottenuto la convocazione all’ASG in compagnia di Adam Jones, anche lui oltremodo positivo finora.
Da rimarcare anche le prestazioni di Steve Pearce, letteralmente esploso in questa stagione, forse la prima in cui riesce a giocare con continuità, che con 11 HR, 31 RBI e una OPS+ di 162 sta contribuendo in maniera decisiva alla causa black and orange.
Un capitolo a parte va speso per i giovani: Manny Machado all’età di 21 anni è già alla terza stagione nelle Majors e continua ad essere un ottimo 3B, mentre rimarchevoli sono pure Jonathan Schoop, anche lui ventunenne titolare del ruolo di 2B e Kevin Gausman, lanciatore partente che dal momento della sua promozione a metà maggio si è dimostrato solido e già pronto per il livello (3,29 ERA, 0,47 HR/9, 6,10 K/9).
Per contro, le note negative si possono riscontrare negli altri partenti, che non stanno performando su livelli eccellenti, con una ERA intorno al 4.00 ed una quantità di punti subiti che li colloca al 19° posto nella lega.
In particolare è rimarchevole il regresso del già citato Ubaldo Jimenez, il quale vede tutte le sue principali statistiche peggiorare dal 2013 (ERA da 3.30 a 4.52, ERA+ da 115 a 88, K/9 da 9.56 a 7.95, BB/9 da 3.94 a 5.42, il tutto con BABIP costante, e via discorrendo) e che al momento si trova in DL per problemi alla caviglia; la DL è stata visitata con continuità anche da Matt Wieters, il quale finora ha giocato solo 26 partite per problemi al braccio ed al gomito che, inoltre, ne impediscono l’utilizzo da catcher e lo limitano a DH.
Altro notevole problema è il rendimento di Chris Davis: il 1B, autentico mattatore della scorsa stagione, mantiene una AVG di .199 ed anche la potenza è diminuita, con una ISO precipitata da .348 a .192: sicuramente la diminuzione della BABIP gioca anche un ruolo importante, ma la delusione per le prestazioni del numero 19 iniziano a destare delle preoccupazioni.
Al momento attuale la classifica vede gli Orioles con 4 partite di vantaggio su Toronto (alle prese però con un lineup che alterna stelle a giocatori mediocri), 5 su New York (a sua volta con problemi di rotazione) e 9,5 su Tampa Bay e sui campioni in carica di Boston (con grossi problemi di produzione offensiva): l’impressione è che agli O’s manchi ancora qualcosa per competere con le altre potenze dell’American League (leggasi Detroit, Oakland ed i silenziosi ma efficienti Angels), ma attraverso il recupero fisico e mentale di alcuni importanti pezzi, la squadra può fare l’ultimo step che molti esperti per loro prevedono.
In chiusura un’occhiata alla farm: a parlarne più nel dettaglio è Domenico Guaragna:
Pur non avendo scelte nei primi 2 giri quest’anno, per le firme in FA di Nelson Cruz e Ubaldo Jimenez, la farm è globalmente buona, seppur con poca profondità tra gli hitting prospects, soprattutto grazie alla grande qualità dei migliori pitching prospects: Bundy, Gausman, Harvey e Rodriguez sono tutti legittimi prospetti, i primi 3 con ceiling da top – of – the – rotation SP (#1/#2), nonostante Bundy abbia perso quasi 2 stagioni per i vari infortuni e per la TJS: è tornato da un mesetto e nelle prime 5 partenze, 3 in Low A e 2 in A+, ha fatto vedere buonissime cose.
Tra gli hitting prospects, i migliori sono Hart, Olhman e Sisco: il primo è un OF con poca potenza ma plus speed e plus fielding, gli altri 2, C/1B/DH ma con possibilità di restare dietro al piatto. Olhman ha anche qualche flash di plus power.
Andrea Cornaglia, classe ’86, profonda provincia cuneese, si interessa al football dal 2006, prendendo poi un’imbarcata per il mondo dei college dal 2010: da lì in poi è un crescendo di attrazione, inversamente proporzionale al numero di ore dormite al sabato notte