AT&T e Comerica Park saranno, per i prossimi otto giorni, se la Serie arriverà al massimo della sua lunghezza, una sorta di prezioso “scrigno” della storia del Baseball MLB.
Due club storici, quello del Senior Circuit in pista dal 1883, allora di stanza al Polo Grounds di Manhattan, New York, l’altro fondato nel 1901, contemporaneamente alla nascita della American League. Da allora tanti campioni hanno indossato le casacche di queste due squadre: giocatori della fama di Willie Mays, Ty Cobb, Al Kaline, fino ai più recenti Barry Bonds, Kirk Gibson, Alan Trammell, Matt Williams.
Eppure, questi due team, così profondamente legati alla storia di questo sport, non si sono mai incontrati prima d’ora nella Postseason. E perfino in Regular season, nella cosiddetta “Wild-card era”, esistono solamente 12 precedenti, ultimo dei quali lo scorso anno a casa dei Tigers.
Per i “puristi” – spesso polemici verso una scelta, quella di istituire le Wild-card, che avrebbe, a loro modo di vedere, tolto lustro al “Fall Classic”, privandolo dell’unicità dell’incontro tra le migliori franchigie della National e della American League -, questi elementi conferiscono un fascino particolare ad una sfida che coinvolge due squadre che, pur alla luce di tutto quanto illustrato sopra, non rientrano nella ristretta élite delle più prestigiose (New York Yankees, Boston Red Sox, Los Angeles Dodgers e poche altre) della Lega.
San Francisco ha però un seguito molto “caldo” e colorato, un pubblico, sempre molto rumoroso, capace di riempire praticamente ogni giorno, per sei mesi all’anno, il bellissimo stadio sulla Baia californiana.
Ma mentre la città della West Coast – ancorché nella cornice appena descritta – rimane comunque votata principalmente all’amore “viscerale” per i 49ers della NFL, Detroit è una autentica “Baseball town”, come evidente anche dal dato sugli spettatori della tv locale, percentualmente il più alto di tutti gli States in questa stagione 2012, che va ad unirsi agli oltre 37 mila tifosi di media che hanno seguito le 81 partite in casa dei propri beniamini.
E la caccia al titolo di campioni della AL Central, in contemporanea alla rincorsa alla Tripla Corona di uno degli eroi preferiti dai fan dei Tigers, “Miggy” Cabrera, non ha fatto altro che rafforzare questo grande senso di appartenenza alla vasta comunità di coloro che attendono con trepidazione che Jim Leyland e i suoi “ragazzi” riportino in Michigan il Titolo atteso ormai da 28 anni.
Ma veniamo agli aspetti agonistici. Nonostante, come detto, le due squadre si siano incontrate raramente, la All-Star Game di quest’anno al Kauffmann Stadium di Kansas City ci ha fornito un’anticipazione del valore degli attori in campo.
Degli 8 punti messi a segno dalla National, tutti meno uno portano la firma di un giocatore dei Giants (segnatura o RBI), e le 5 “run” della prima ripresa sono state concesse dall’asso di Detroit, Justin Verlander.
Quest’ultimo ha poi dimostrato, nel proseguo della stagione e, soprattutto, nella Postseason (3-0 con un 0.74 di ERA e 25 K in 24.1 inning lanciati), che si è trattato solamente di un incidente di percorso. I suoi numeri da vero “clutch performer” ci dicono come l’uomo di punta della rotazione dei Tigers possa, senza molte remore, essere definito il miglior lanciatore al mondo.
E’ un fatto, comunque, che, come tradizione ormai dal 2003, la “partita delle Stelle” assegni il vantaggio campo alla Lega vincente. E, dunque, il privilegio sarà appannaggio dei Giants in quanto alfieri della National, impostasi, appunto, per 8 a 0.
La starting rotation dei Tigers è assolutamente formidabile. A Verlander vanno aggiunti, in ordine di probabile apparizione nella “Serie mondiale”, Doug Fister, Anibal Sanchez e Max Scherzer. Insieme, in nove partite di Playoff, fanno registrare un clamoroso 1.02 di ERA. L’unico neo è che si tratta di una rotazione composta esclusivamente da pitcher destri e San Francisco ha dimostrato, contro i Cardinals, di trovarsi a proprio agio contro i “righties”. Certo, e questo vuol suonare come un avvertimento a Bruce Bochy e soci, i lanciatori dei Giants non sono quelli dei Redbirds. Con tutto il rispetto, ovviamente.
Angel Pagan, “switch hitter” e lead-off man dei Giganti, avrà un ruolo chiave, dovendo essere in grado di marcare la via per i suoi, anche alla luce del suo solido .799 di OPS contro i pitcher destri durante la Regular.
Ma l’elemento fondamentale per San Francisco sarà la capacità di Buster Posey di ritrovare se stesso. Il catcher, serissimo candidato nella corsa al titolo di MVP, ha finora vissuto una Postseason difficile ed avara di soddisfazioni. Contro un avversario temibile come i Tigers, manager Bochy si aspetta dal suo giovane campione un rendimento ben superiore al misero .154 di media battuta, con un solo RBI, della NLCS.
Se Posey saprà essere l’uomo capace di una BA di .336 e un OPS di .957 in stagione regolare, potrebbe davvero diventare un “difference maker” per il suo team.
Nelle finali di Lega, sono stati uomini come Brandon Belt e Brandon Crawford, conosciuti più per le loro doti difensive che per quelle con la mazza, a sopperire con ottime prestazioni offensive, alle carenze del presunto uomo di punta di San Francisco. Ma potranno essere ancora loro i giocatori che condurranno per mano i Giants sulla via impervia verso il titolo di World Champions?
Certo, ci sono altri nomi che meritano la menzione d’onore. A partire dall’MVP della NLCS, Marco Scutaro, il quale, con .500 di media battuta in 28 turni al piatto, ha saputo dimostrare quanto la sua acquisizione in luglio abbia rappresentato un punto di svolta nella stagione: in 61 partite per San Francisco, Scutaro ha messo a segno una media di .362 con 44 punti battuti a casa. Probabilmente Magic Johnson & co. stanno mangiandosi le mani per i tantissimi soldi spesi alla Trade deadline, e poi in agosto, senza riuscire a dare una svolta al cammino dei Dodgers.
E poi il “Panda”, Pablo Sandoval. Vero idolo delle folle, il “massiccio” terza base dei Giants ha confermato ai Playoff quanto di buono mostrato nel corso di tutta la stagione, mettendo a segno due fuoricampo con una average di .310 nella NLCS.
Il partente che in Gara 1, questa notte, affronterà il “marziano” Verlander, sarà Barry Zito. San Francisco si presenterà, dunque, al “first pitch” in una posizione non propriamente di vantaggio nei pronostici.
Zito, che effettuerà la sua prima “partenza” nelle World Series dieci anni dopo essere stato vincitore del “Cy Young” – nessun lanciatore ha mai atteso tanto -, è stato l’eroe quasi “per caso” di Gara 6 della NLCS. Per lui, autore di un bel finale di stagione (7-0, ERA di 3.92 in 11 “starts”), è una sorta di piccola rivincita personale dopo essere rimasto fuori dal roster campione del mondo del 2010.
Una statistica incoraggiante per il mancino dei Giants: Detroit ha un record, in stagione regolare, solamente di 26-25 contro partenti “lefties”.
Per Gara 2, Madison Bumgarner sembra aver prevalso nel “ballottaggio” contro Tim Lincecum, nonostante due partenze infelici in questa Postseason ed una media di 4 inning lanciati per partita in ottobre. Personalmente avrei preferito Lincecum, nonostante la stagione difficilissima che ha vissuto: oltre alle buonissime prestazioni da rilievo, offerte nel primo scorcio di Playoff, il due volte “Cy Young” ha dato vita ad una prestazione decente nell’unica partita lanciata da starter nella NLCS, in Gara 4, macchiata da un avvio burrascoso e da 4 punti subiti, ma contraddistinta anche da tre riprese lanciate ad un discreto livello.
Le due gare successive saranno avviate sul mound, pei Giants, da, rispettivamente, Ryan Vogelsong (per lui un ERA di 1.29 nella League Championship Series) e Matt Cain, vincitore della partita decisiva in finale di Lega, ma autore fino ad ora di una Postseason a correnti alterne (complessivamente 2-2 e 3.52 di ERA), con una tendenza positiva nel raffronto tra la NLCS e la NLDS. Uno di questi ultimi due, più probabilmente Vogelsong, lancerà l’eventuale Gara 7; per entrambi si tratterebbe di una partenza in “short rest”.
Sul fronte Tigers, una fredda analisi dei numeri potrebbe indurci a pensare che i vincitori del “Pennant” della AL siano praticamente una invincibile armata. Non che la sensazione avuta vedendo Detroit in azione sia stata molto differente.
Va sottolineato, però, come gli Yankees si siano rivelati, nella ALCS, un avversario tutt’altro che inaffrontabile. Gli uomini di Joe Girardi si sono resi protagonisti di una prestazione che ha, purtroppo per loro e per i tantissimi tifosi che vantano in ogni angolo del globo, tratti di rilievo storico. In senso negativo, si intende.
I battitori newyorchesi sono stati semplicemente incapaci non solo di impensierire i lanciatori dei Tigers, ma anche soltanto di dar luogo ad una decente produzione offensiva. Il “nulla” palesato dai Bronx Bombers (di fronte a questa loro versione, il soprannome appena citato fa quasi sorridere), ha letteralmente spianato la strada a Cabrera & co. verso uno “sweep” facile facile, che ha sancito la conclusione della pratica ALCS già il 18 ottobre. Ben sei giorni prima dell’inizio delle World Series.
Questo ha permesso a Jim Leyland di avere l’indubbio vantaggio di poter settare la rotazione nel migliore dei modi, cosa impossibile per Bruce Bochy, avendo i suoi Giants giocato Gara 7 appena due giorni prima dell’inizio del Fall Classic.
La storia ci racconta però che non tutto il male vien per nuocere. Infatti, nei tre casi nei quali si sono affrontate due squadre delle quali una aveva dovuto arrivare fino a Gara 7, mentre l’altra era reduce da uno sweep, ha sempre avuto la meglio il team meno riposato. Uno dei tre casi ha visto proprio i Tigers come perdenti.
Trattasi della loro ultima apparizione alle World Series nel non troppo lontano 2006, a seguito della loro vittoria, 4 a 0 per l’appunto, contro gli Oakland A’s. In quel caso gli avversari di turno furono i Cardinals, i quali ebbero la meglio sui Mets per 4 partite a 3 ed andarono poi a sconfiggere gli uomini di Jim Leyland per 4 a 1 nella finalissima per il titolo.
Le interruzioni, se troppo prolungate, possono spezzare il ritmo. E questo è ciò che potrebbe capitare anche alla attrezzatissima versione 2012 di Detroit.
Il line-up dei campioni della AL Central è veramente micidiale. Il cuore, gli uomini 3 e 4, è decisamente il migliore sulla piazza. Avere uno “slugger” del peso di Prince Fielder, per lui 30 home-run ed una media di .313 (suo personale record) in Regular season, a “protezione” di Miguel Cabrera, ha permesso a quest’ultimo di mettere assieme la stagione incredibile che tutti abbiamo seguito con il fiato sospeso.
Per quanto Miggy non abbia saputo mostrare tutte le sue armi nei primi due turni di Postseason, è stato pur sempre protagonista con una media battuta di .313 nella ALCS ed una “media bombardieri” di .563, 1 fuoricampo e 4 RBI.
Fielder, dal canto suo, è stato autore di una average di appena .235 contro gli Yankees (4 sole valide, tutti singoli) ed un solo RBI. Dovrà fare certamente meglio per impensierire un monte di lancio, quello di San Francisco, pur sempre tra i migliori sulla piazza.
Ma è stato Delmon Young il vero mattatore della Postseason dei Tigers, con una prestazione incredibile nelle quattro partite de finale della AL. Per lui, .353 di media battuta, 6 RBI, 2 fuoricampo ed un OPS stellare ad 1.186. Jim Leyland lo schiererà certamente all’esterno sinistro quando si giocherà a San Francisco: pur non avendo doti difensive eccelse, la sua mazza lo rende assolutamente imprescindibile.
Con uno Young di questa portata, dovessero esprimersi ai loro consueti livelli anche Cabrera e Fielder, c’è da scommetterci che per i Giants sarebbe davvero durissima.
Il potenziale offensivo di Detroit è innegabilmente superiore a quello dei campioni NL. Probabilmente nessuna squadra al mondo, al momento, ha un line-up migliore e più profondo di quello dei Tigers.
Non dimentichiamoci, infatti, che, oltre ai giocatori citati, Leyland può contare su almeno due altri uomini in forma smagliante: lo shortstop Johnny Peralta, .389 di media battuta e due home-run in ALCS, ed Austin Jackson, .353 e un fuoricampo.
Due straordinari difensori – non dimentichiamoci che Jackson gioca nel profondissimo campo centrale di Detroit – che, nel corso di questo mese di Ottobre, hanno saputo mettere in mostra anche grandissime qualità offensive.
Ed i Tigers non sanno solamente battere, ma sono in grado di farlo anche nei momenti che contano: in questo 2012, hanno saputo collocarsi al primo posto nelle Major quanto a media battuta con corridori in posizione punto. Ben .286 il dato, a fronte di un .255 di media MLB in questo parametro.
I Giants sembrano essere lievemente superiori da un punto di vista difensivo, ma il settore nel quale sembra possano fare davvero la differenza, è il bullpen.
I rilievi dei Giants hanno un ERA complessivo di 2.63 in 41 inning in questi Playoffs, con un record di 2-0 record. Sergio Romo in chiusura ha dimostrato di essere una certezza, e Jeremy Affeldt e Santiago Casilla sono stati tra i migliori in situazione di partita chiusa.
Sul fronte Detroit, ci sono ancora dei dubbi sull’utilizzo di Jose Valverde, per lui 2 blown saves nei primi due round, nel ruolo di closer. Phil Coke ha saputo fare un ottimo lavoro in chiusura contro gli Yankees e Octavio Dotel, Drew Smyly e Al Alburquerque non hanno ancora concesso un solo punto in questa Postseason. I Giants hanno comunque maggior profondità e minori incertezze.
Ricapitolando, se non ci saranno particolari sorprese, gli starting line-up dei due team dovrebbero essere i seguenti:
San Francisco Giants
1.Pagan, CF
2.Scutaro, 2B
3.Sandoval, 3B
4.Posey, C
5.Pence, RF
6.Belt, 1B
7.Blanco, LF
8.Crawford, SS
Il ruolo di designato nelle partite in casa dei Tigers, dovrebbe essere ricoperto da Ryan Theriot o da Joaquin Arias.
I partenti sono, in ordine: Zito, Bumgarner, Vogelsong e Cain.
Detroit Tigers
1.Jackson, CF
2.Infante, 2B
3.Cabrera, 3B
4.Fielder, 1B
5.Young, LF
6.Peralta, SS
7.Dirks, Berry o Garcia, RF
8.Avila, C
Quando sarà previsto il designato, tale ruolo sarà appannaggio di Delmon Young. In quella circostanza, il ruolo di esterno sinistro sarà in contesa tra Quintin Berry e Andy Dirks, lasciando il ballottaggio per il right field tra il rookie Avisail Garcia e colui che resta fuori al campo sinistro.
La rotazione: Verlander, Fister, Sanchez, Scherzer.
I Giants sembrano avere il primo favore del pronostico, stando al confronto tra partenti in Gara 3 (Vogelsong su Sanchez). Pertanto, per Bochy sarà molto importante conseguire una vittoria nei primi due match casalinghi. Altra fondamentale chiave di lettura per San Francisco: limitare quanto più possibile i danni nei primi inning per consegnare al forte bullpen del quale dispongono una situazione ancora in sostanziale equilibrio, per giocarsi tutto nelle ultime riprese.
Credo non si debba lasciarsi impressionare dai numeri un po’ falsati dal matchup della ALCS. L’equilibrio è sul filo del rasoio e credo ci sarà di che divertirsi.
Gli spunti sono molti. Non solo un vincitore di Tripla corona, il primo dal 1967 ad oggi e il lanciatore più forte al mondo.
Sarà, senza dubbio, un gustosissimo piatto di Baseball da assaporare come si fa con le più squisite prelibatezze, incrociando le dita perchè possa essere una Serie lunga ed emozionante.
Buone World Series a tutti. Le prossime notti saranno, per tutti noi amanti del Vecchio Gioco, lunghe ed insonni.
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