Non c’è molto tempo, ottobre è da sempre sinonimo di playoff nel mondo del baseball: quest’anno ancora di più con l’introduzione di un turno aggiuntivo, lo spareggio tra le Wild Card delle due leghe.
Tra qualche settimana non si parlerà che di una squadra, le altre 29 saranno un semplice ricordo in attesa che il mercato invernale entri nel vivo. Andrà anche peggio a chi i playoff li guarderà in televisione: sulle loro imprese l’oblio calerà tra qualche ora, inesorabilmente.
Non c’è tempo, dicevo: e allora quale modo migliore per archiviare la Regular Season appena conclusa di ripercorrerla attraverso quindici fotografie?
1. Il crollo di Boston: era possibile fare peggio nel 2011 quando la beffa si materializzò negli ultimissimi istanti di RS? Evidentemente sì e nel New England lo hanno dimostrato. Lo sconvolgimento invernale non ha prodotto gli effetti sperati e anzi la squadra ha palesato mille problemi, sul campo e non. Bobby Valentine potrebbe essere il capro espiatorio dopo la peggior stagione della franchigia dal 1965.
2. Le sorprese Baltimore e Oakland: fin troppo scontato il parallelo tra le stagioni di queste due squadre che partivano, ad aprile, senza grosse ambizioni di classifica. Invece il 2012 passerà agli annali come la stagione della rivincita di Billy Beane, che ha puntato tutto sulle marticole ed ha avuto ragione, specialmente tra i pitchers. Josh Reddick e Yoenis Céspedes hanno fatto il resto in attacco.
Degli Orioles, del loro bullpen, della loro clutchness e – soprattutto – della loro fortuna si è parlato fin troppo: ciò che resta è una squadra che, in un modo o nell’altro, oltre 90 partite, dopo aver viaggiato ad una media di 69 negli ultimi 11 anni. E nei play-off, più che mai, servirà avere la buona sorte dalla propria parte.
3. Miguel Cabrera e la Triple Crown: lo slugger venezuelano vanta una carriera strana. In ognuna delle sue dieci stagioni in MLB ha sempre ricevuto almeno un voto nella classifica per il premio di MVP; ha sempre chiude con una OPS+ sopra quota 100, anche nell’anno da rookie e nelle ultime 9 stagioni ha saltato complessivamente la miseria di 33 partite. Eppure non ha mai vinto il premio di miglior giocatore e solamente una volta – nel 2010 – ha chiuso tra i primi tre. Non ci riuscirà nemmeno quest’anno, a meno di abbagli – tutt’altro che rari – da parte dei votanti; e l’impresa, riuscita per l’ultima volta al mitico Carl Yastrzemski nel 1967, passerà in secondo piano, come rischia di fare, tristemente, la splendida carriera di Cabrera.
4. L’anno di perfect game e no-hitter: ha cominciato Philip Humber, poi è stato il turno di Jered Weaver, Johan Santana, Matt Cain, Felix Hernandez e, la settimana scorsa, Homer Bailey. Sette in totale, considerando anche quello combinato da Kevin Milwood e 5 rilievi contro i Dodgers; lo stesso numero di quelli realizzati dal 2000 al 2004, ad esempio. Un fenomeno in evidente crescita quindi? Direi di no, sia perché ha poco senso paragonare epoche diverse (aumento dei SO, numero variabile di squadre e quindi di giocatori), sia perché il campione statistico rimane comunque irrisorio e troppo suscettibile di variazioni.
A questo punto mancano solamente i Padres alla lista, e chissà che visto il ritmo degli ultimi dodici mesi questa lacuna non venga colmata già nel 2013.
5. La striscia di Kris Medlen: quando in una classifica il tuo nome è davanti a quello di Whitey Ford e Carl Hubbell vuol dire che hai fatto qualcosa di speciale. Gli Atlanta Braves hanno vinto le ultime 23 partenze del piccolo pitcher californiano, garantendogli un record difficile da battere nei prossimi anni. L’infortunio che lo ha tenuto fermo quasi tutto il 2011 lo ha paradossalmente agevolato e infatti, complici le apparizioni come rilievo, la striscia è iniziata addirittura nel 2010. Raggiungere quota 24 significherebbe NLDS per i Braves.
6. Mike Trout: farà – si spera – l’en plein di trofei individuali a fine stagione. È stato semplicemente la miglior matricola e il miglior giocatore di tutta la lega e chiuderà la stagione oltre le 10 bWAR; negli ultimi vent’anni ce l’hanno fatta Barry Bonds, Roger Clemens, Carl Ripken, Pedro Martinez e Zack Greinke. Una discreta compagnia, insomma.
Al solito sono i numeri a rendere meglio l’idea: basti dire che si tratta del più giovane giocatore di sempre ha chiudere con 30 HR e 30 SB in una stagione, e il primo con 30 HR, 45 SB e 125 runs. Il tutto dopo aver appena compiuto 21 anni. Chapeau.
7. Los Angeles fuori dai playoff: entrambe le squadre losangeline sono fuori dai playoff ma, anche se non si tratta di una novità visto gli ultimi due anni, il fatto che ciò sia accaduto anche nel 2012 fa riflettere, soprattutto alla luce degli enormi investimenti fatti in inverno e alla trade deadline.
Gli Angels infatti hanno fatto la voce grossa sul mercato dei FA, portando in California Pujols e Wilson ma neanche la fantascientifica stagione di Trout è bastata per compensare una partenza ad handicap che nel finale è risultata decisiva.
I Dodgers hanno dovuto aspettare l’arrivo di Magic Johnson e soci per iniziare a spendere ma anche in questo caso gli arrivi di Victorino, Beckett, Gonzalez e Blanton non è bastato dopo una partenza sprint nei primi due mesi di RS.
8. Dickey e Gonzalez per il CYA: alzi la mano chi si aspettava che la lotta per il premio di miglior lanciatore della NL si sarebbe ridotta a questi due giocatori. Sicuramente non il sottoscritto. La candidatura del pitcher dei Mets era impronosticabile come la traiettoria delle sue knuckleballs, che hanno fatto finire K la bellezza di 230 hitters in stagione; se a ciò si aggiungono le sole 54 BB concesse il quadro è completo.
Diverso il discorso per l’asso dei Nationals, giocatore sul cui talento ci sono sempre stati ben pochi dubbi: personalmente quest’inverno pensavo che le troppe walks ne avrebbero – come gli anni precedenti – limitato il potenziale, ma evidentemente mi sbagliavo. A fare la differenza sono state le pochissime hits concesse (6.7 H/9), compresi 9 HR in 199.1 IP.
Ovviamente con i votanti del BBWAA non si può mai sapere, ma ⅔ del podio sembrano sicuri.
9. Primo titolo per Washington: si tratta ovviamente del titolo divisionale della NL East che dopo cinque anni ha cambiato padrone. Come per Oakland, ha trionfato la linea verde, i giovani accumulati nella farm da una lunga serie di stagioni negative: penso a Harper, Strasburg e i due Zimmerman, destinati a guidare la franchigia anche nei prossimi anni. La speranza, ovviamente, è che non si ripeta l’esodo che dopo il 1994 smantellò i giovani e promettenti Montreal Expos. La disponibilità economica della dirigenza sembra poter scongiurare questa eventualità.
10. L’ultima stagione di Chipper: il 2012 passerà alla storia anche come l’ultima stagione dell’immenso Chipper Jones, semplicemente uno dei migliori 3B della storia e tra i primi 5 switch-hitter. Sicuro HoF, chiude con una linea di 303/401/529, più BB che SO e 468 fuoricampo.
Gli omaggi dedicategli durante tutta la stagione dagli avversari sono stati il giusto riconoscimento per una carriera strepitosa che lo vede chiudere, a 40 anni, come leader di squadra in OPS+ nella stagione appena conclusa. La sua assenza sarà pesantissima nel lineup di Atlanta nei prossimi anni.
11. Delusioni Philadelphia e Miami: qualcuno ad inizio anno li aveva messi ai primi due posti nella NL East, ma per motivi diversi non hanno tenuto fede alle previsioni. Aspettative che, nel caso di Miami personalmente ho sempre trovato esagerate visto che tanti soldi spesi – per la prima volta – durante l’inverno avevano migliorato la squadra solo marginalmente. Heath Bell si è dimostrato un fiasco, mentre Mark Buehrle, semplicemente, non può essere l’asso della rotazione. Reyes ha reso un po’ al di sotto delle aspettative e Stanton ha avuto qualche guaio fisico di troppo, ma complessivamente è stato il parco lanciatori a deludere.
Philadelphia ha qualche alibi in più, visto che solo Rollins e Mayberry, nel lineup, hanno giocato più di 130 gare; Carlos Ruiz è stato stellare ma senza supporto ha potuto ben poco. I fantastici quattro della rotazione del 2011 si sono dimezzati: sono rimasti su standard elevati Cliff Lee e Cole Hamels, ma la peggior stagione degli ultimi dodici anni di Roy Halladay ha complicato i piani in maniera irrimediabile.
12. La squalifica di Melky: il capitolo forse più brutto dell’intero anno. Onestamente non c’è molto da scrivere ma credo che una menzione sia dovuta. I Giants non lo schiereranno durante la post season, una decisione ineccepibile; ne riparleremo il prossimo anno.
13. Cubs e Astros a 100 sconfitte: meritano una citazione anche i peggiori, le uniche due squadre in tripla cifra in termini di sconfitte. Per non infierire mi limiterò a qualche breve statistica: era dalla stagione 2006 – Tampa Bay e Kansas City – che due squadre della stessa lega non chiudevano con meno di 62 vittorie. Per la National League si tratta di una novità, anche se nel 2009 Pittsburgh chiuse a 99 L lasciando sola Washington a quota 103.
Houston ha replicato l’impresa già lo scorso anno, per Chicago si tratta della terza volta nella ultracentenaria storia del club; curiosamente le due squadre si sono trovate di fronte per l’ultima serie dell’anno. Un precedente destinato a durare visto il prossimo trasferimento degli Astros nell’American League.
14. Kimbrel e Chapman: rischiano di essere due variabili impazzite nella corsa al Cy Young Award della NL. Ma anche se ritengo che i rilievi non dovrebbero essere prese in considerazione in questi casi, le loro prestazioni non devono passare inosservate. I loro nomi sono ai primi due posti tra i rilievi qualificati in K/9, FIP, xFIP, WAR e AVG; il closer dei Braves si fa preferire in virtù di numeri leggermente migliori – in particolare il rapporto K/BB – ma stiamo parlano del classico pelo nell’uovo. La sua stagione si è appena conclusa con 116 SO rifilati ai 231 hitters affrontati: nessuna nella live-ball era (limite 50 innings) ha mandato K più della metà dei battitori che ha avuto di fronte.
15. La maledizione di Pittsburgh: la stagione 2013 partirà anche da qui, dall’ennesimo tentativo di Pittsburgh di raggiungere le agognate 81 vittorie. La progressione degli ultimi due anni fa ben sperare anche se la qualità dei lanciatori è ancora un po’ deficitaria e il payroll non consente molti margini di manovra. Gerrit Cole e Jameson Taillon sono ancora lontani, magari il premio di MVP per Andrew McCutchen potrebbe attirare qualche giocatore in più rispetto al passato.
Ragioniere, classe 1983, ho iniziato a scrivere per la redazione MLB di PlayItUsa nel 2009: tifo Atlanta Braves, adoro Oasis e Pearl Jam, oltre naturalmente al prosecco.