Gli Epstein sono una famiglia newyorchese discretamente famosa, il cui decano, tale Philip G. è stato uno sceneggiatore di incredibile successo negli anni 30 e 40, firmando “Casablanca” film per cui vinse l’Oscar nel 1942. Lo fece adattando un copione per il teatro di qualche tempo prima.
Da ormai trent’anni la maledizione del bambino aleggiava sui Boston Red Sox, dopo che il loro presidente aveva venduto Babe Ruth agli arcirivali, newyorchesi, per qualche soldo che serviva proprio a lanciare un investimento nel teatro. Che si rivelò un disastro, come tale si rivelò pure la storia sportiva dei Red Sox, che dovettero aspettare una novantina d’anni di digiuno prima di tornare in vetta al mondo del baseball, nel 2004.
Chi era il general manager di Boston quell’anno? Theo Epstein, figlio della figlia di Philip, anch’essa scrittrice.
Il groviglio operistico tra gli Epstein e due città che fremono per una delle più grandi rivalità nello sport è sembrato spezzarsi qualche giorno fa.
A fine settembre i Baltimore Orioles battono i Red Sox, che mancano i Playoff perdendo la Wild Card, che finisce in Florida dove gli Yankees incrociano le braccia e si fanno annichilire dai Rays sbarrando le porte della post season alla squadra del Massachusetts.
Con una resa incredibile, ben raccontata in un altro nostro articolo, i Red Sox rimediano una delle peggiori figure nella storia della MLB, ma il magnitudo della disfatta non si ferma ad una off season anticipata.
Arriva, di fatto, la diaspora. Terry Francona, storico manager della rinascita dei calzini rossi e delle loro due ultime World Series leva le tende e si mette a fare il commentatore televisivo, ed Epstein nipote viene visto da un fan dei Chicago Cubs nella città del vento, nei dintorni del mitico Wrigley Field, molto simile nello stile retrò a quel Fenway Park che Theo aveva contribuito a riempire di titoli dopo così tanto tempo.
Il più giovane GM di sempre
La carriera del giovane Epstein inizia a 19 anni in uno stage estivo con gli Orioles. Poi, 5 anni dopo, l’assunzione ai San Diego Padres come ‘direttore delle operazioni’. Arriva la migliore annata nella storia dei californiani, con le 98 vittorie finali. Evidentemente, ai Red Sox tale riuscita deve aver colpito molto, visto che nel 2002, quando Theo ha solo 28 anni, diventa general manager della franchigia bostoniana, città in cui aveva vissuto ed era andato a scuola.
E’ il colpo che permette al gruppo New England Sports Venture di conquistare la corona MLB. Il 2002 era infatti stata una grande stagione, fatta di 93 vittorie per i nuovo owner dei Sox, che purtroppo non erano bastate per garantire i Playoff al team dove giocava gente come Pedro Martinez, Johnny Damon, Nomar Garciaparra, Derek Lowe e le sue 20 vittorie, il grande Manny Ramirez.
Arriva David Ortiz, il lineup diventa incredibilmente profondo e performante, i Red Sox vanno ai Playoff come wild card, prima di essere battuti dagli Yankees. Epstein ha soldi e talento per ribaltare la maledizione del bambino, che sia essa inventata o fantasticamente veritiera.
Firma Curt Schilling, asso sulla via del tramonto, e Keith Foulke, che lancerà l’ultimo pitch di una delle annate più storiche mai giocate in MLB, costituita dalla splendida rimonta su New York nelle ALCS e dal tripudio della settimana successiva contro i Cardinals nelle World Series, e dalla caviglia insanguinata di Schilling. Epstein ha fatto il miracolo, a trent’anni può tranquillamente vivere di rendita su quel successo.
Coniugando sabermetrica e advanced scuoting, il GM dei Red Sox può sfruttare al meglio un roster pieno di campioni. E’ l’espressione più alta di uno sport che, sull’onda della tecnologia e delle innovazioni, sta cambiando ed è l’individuo che è più in vista di tutti gli altri, che capisce questo trend e meglio lo sfrutta. I Boston Red Sox andranno a vincere un altro titolo nel 2007, anche grazie ad un’altra acquisizione come Josh Beckett.
Epstein intanto fa un po’ di tira e molla con la società, sulla base di litigi con i grandi capi. Tornerà nei primi mesi del 2006, assolutamente in tempo per non farsi mancare un po’ di credito sulle vittorie della squadra di quegli anni. In 9 anni, il GM di Brookline ha portato i suoi 6 volte ai Playoff, risultato impressionante, soprattutto con rivali divisionali agguerriti come i soliti Yankees ed i Rays. Un risultato che, combinato alla venerazione di chi gli riconosce di aver fatto cessare una vergognosa e secolare mancanza di titoli, ha comunque reso Fenway Park la sua casa.
Un’altra maledizione da sconfiggere
Theo sa che nel baseball moderno, nell’MLB moderna, ciò che più conta è arrivare ai Playoff in modo continuo, sa che ormai ben pochi considerano la sabermetrica una novità, sa che ha meno spazio di un tempo per vincere. Sa anche che questo livellamento può portare ulteriore gloria per lui e per la squadra che gestisce, e la scelta di migrare per l’Illinois è, da un punto di vista ‘leggendario’, quanto di più ovvio. Una squadra che non vince dal 1908, reduce da episodi magicamente avversi, regolarmente stracciata dai più solidi rivali, i Cardinals. Simile ai suoi Red Sox, squadra che ha sempre amato e che ha contribuito a cambiare.
Ricoprirà il ruolo di ‘president of baseball operations’, con l’asse San Diego – Boston – Chicago che porta Jed Hoyer a windy city come GM. In cambio, visto che il contratto in Massachusetts scadeva nel 2012, forse un giocatore di rilievo come Starlin Castro o Matt Garza, con al seguito dei minor leaguer da non ricercare nel gota del farm system dei Cubs. Esclusi quindi Brad Jackson, Troy McKnutt o Matt Szczur.
A Chicago Epstein trova una squadra sfiduciata, che in attacco ha reso abbastanza bene questa stagione, ma che ha dimostrato di essere in difficoltà nelle partite punto a punto, quelle che fanno levitare o affossano il proprio record. Basti pensare alle double play, secondo posto in questa statistica in NL, o alla media battuta di .203 dei loro pinch-hitter. E se in attacco Epstein deve trovare una o due mosse che diamo profondità nei momenti topici, dovrà lavorare molto di più sul pitching.
Ultimi per quality start, i Cubs hanno un personale, al momento, deficitario. Dietro Garza c’è il solo Ryan Dempster, che si è già detto molto felice dell’arrivo dell’ex GM di Boston e che sembra avere l’intenzione di prendere la sua opzione da 14 milioni di dollari.
Poi, Carlos Zambrano, su cui va presa una decisione. Liberarsi del suo contrattone (attorno ai 20 milioni all’anno) libererebbe un po’ di soldi da investire, ma ben pochi team sarebbero attratti, a questa cifra. I Marlins si dicono interessati, vedremo a quale prezzo.
I top free agent sembrano fuori portata, servirà scambiare per qualche partente.
La lista continua con la peggiore difesa della lega per errori (134, 30 sopra la media), con falle in tutti i ruoli. Qui più che scambiare bisogna modificare i dettami dati al coaching staff, concentrarsi sui difetti della squadra negli allenamenti e durante lo spring training. C’è anche da ringiovanire una squadra che per essere sul fondo della classifica ha un’età media alta (28.8). Data un’occhiata alle loro statistiche, i tre prospetti principe menzionati precedentemente non sembrano essere ancora pronti, ma marzo darà probabilmente risposte in questo senso.
Il nodo dell’allenatore dovrebbe essere risolto in pochi giorni. Proprio ieri Theo ha parlato per sette ore con l’attuale manager della squadra Mike Quade. E’ probabile lo tenga per l’ultimo anno di contratto, cercando nel frattempo di convincere qualche disoccupato illustre.
Crediamo che Epstein avrà tempo, ormai i tifosi Cubs hanno fatto il callo alla mancanza di un titolo e pazientemente aspetteranno qualche tempo prima che la squadra torni a marciare come ai tempi del pasticcio di Steve Bartman che spezzò le ali al team destinato a sconfiggere la maledizione e vincere le World Series. Che proprio in questi giorni hanno incoronato il loro vincitore 2011, guarda caso i rivali dei Cubs, i Cardinals.
Chissà che Theo Epstein, la cui storia ha radici lontane dal campo di gioco e che ora si trova in una posizione di assoluto potere a soli 37 anni, non riesca ad essere il tassello mancante sulla via della resurrezione al Wrigley Field.
Scrive su playitusa dal 2007, dapprima per la sola redazione MLB, poi anche per quella NHL. Dal 2009 è coordinatore di questa ultima redazione, mentre ha dovuto abbandonare quella hockeystica poco dopo. Si occupa della American League West. La domenica si diverte a fare il giornalista sui campi di Lega Pro prima divisione e di serie B per un noto sito che si occupa dello sport che tiranneggia l’Italia. Non vi confesserà mai le sue fedi sportive, perchè se deve fare il bravo giornalista, lo fa fino in fondo!