Inizia tutto così, con un test di routine per l’assicurazione medica, prassi assolutamente normale per uno sportivo professionista che si appresta a giocare la sua dodicesima stagione da professionista. Inizia così nell’autunno del 1991 la seconda vita di Earvin Magic Johnson.
Il 7 novembre 1991 Magic indice una conferenza stampa in cui comunica al mondo di essere positivo all’HIV e di doversi ritirare dalla pallacanestro professionistica, non può più essere il playmaker titolare dei Los Angeles Lakers, deve curarsi e pensare alla sua salute.
Il mondo dello sport, non solo americano, è sotto shock: uno dei più grandi e noti atleti professionisti dell’epoca è malato, deve ritirarsi per una malattia che in quel periodo si credeva colpisse praticamente solo tossicodipendenti e omosessuali. Ai più era addirittura sconosciuta la differenza tra virus dell’HIV e AIDS.
Il film con Tom Hanks e Denzel Wahsington “Philadelphia” che affronterà il dramma dell’AIDS uscirà nelle sale due anni dopo, Internet è ancora uno strumento di comunicazione riservato a militari e alle università americane: mancano davvero gli strumenti per capire cosa stia davvero succedendo ad un super uomo di soli 32 anni, professionista dello sport e uno dei volti più riconoscibili e famigliari di quel periodo.
Davvero quel giorno del 1991 Earvin Johnson scioccò il mondo e rese l’Aids un nemico reale, in grado di colpire chiunque: Magic, persona solare estroversa e comunicativa, portò il suo modo di essere anche nell’affrontare la malattia e avviò una fondazione per promuovere e diffondere la conoscenza dell’Aids e dell’HIV in tutti gli Stati Uniti e nel mondo, raccogliendo fondi, tenendo conferenze, motivando persone malate come lui ad affrontare con forza e positività le cure necessarie a ritardare il conclamarsi dell’AIDS.
Ed oggi a 20 anni di distanza Magic è ancora Magic, un uomo solare, aperto che vuol far vedere al mondo come si può essere in forma e attivi anche con una situazione medica come la sua.
E questo ci porta al basket, i Lakers hanno impiegato un decennio a riprendersi dall’addio di Magic, hanno dovuto aspettare Kobe, The Diesel e Coach Zen per tornare ai livelli della squadra che nel corso degli anni ’80 ha vinto cinque titoli NBA mettendo in mostra uno degli stili di gioco più entusiasmanti e allo stesso vincenti mai giocati su un parquet.
Per chi non c’era, per chi non si ricorda, per chi non se ne è mai interessato erano i Lakers dello Showtime di Magic, Byron Scott, Worthy, Green, Jabbar, Cooper allenati da Pat Riley, una squadra che fu un perfetto spot dell’NBA nel mondo.
Magic era un playmaker di 205 cm con incredibili doti di palleggio, grande velocità di mani, istinto per l’assist, senso per lo spettacolo, il regista perfetto per alimentare l’attacco dei Lakers e far girare al massimo tutti i suoi compagni di squadra.
Non si era mai visto nulla di simile prima: quella velocità e quella capacità di passaggio uniti a quella altezza – all’epoca uno dei centri più forti era Moses Malone, alto 208 cm – hanno reso Magic Johnson uno dei giocatori più difficili da affrontare e da contenere mai arrivati su un campo da basket. Inoltre tutto questo talento cestistico era accompagnato da una implacabile voglia di vincere, di andare oltre i suoi limiti, di trovare sempre il modo di essere decisivo per la propria squadra con ogni mezzo, in ogni modo.
Magic Johnson è finora l’unico rookie della storia della NBA ad aver vinto il premio come MVP delle finali NBA – nel 1980 – ed in che modo ci riuscì?
Naturalmente giocando la decisiva Gara 6 a Philadelphia da centro e mettendo a referto 42 punti, 15 rimbalzi, 7 assist e 3 palle rubate e portando i suoi Lakers alla vittoria del primo dei cinque titoli vinti negli anni ’80.
Magic giocò quella partita da centro perchè nella gara precedente, Jabbar – il centro titolare e il capitano della squadra – si infortuna e non è in grado di scendere in campo contro i Sixers di Julius Erving.
Sull’aereo che va da Los Angeles a Philadelphia Magic vede i suoi compagni sfiduciati e preoccupati all’idea di affrontare Gara 6 senza il loro centro titolare. Allora lui, un rookie, si alza e dice ai compagni: “Don’t fear Magic is here”: inizia la costituzione di un mito.
httpv://youtu.be/6Hyo1ugJ0IU
Mito che i 5 titoli NBA, i 3 premi come MVP della lega non hanno fatto altro che consolidare e certificare lungo tutta la carriera, facendone con Larry Bird dei Boston Celtics la faccia dell’NBA negli anni ’80.
Questo è Magic Johnson: un grandissimo giocatore di squadra, forse il più grande playmaker mai apparso su un campo da basket – John Stockton permettendo – certamente un atleta rivoluzionario, un giocatore del futuro paracadutato nell’NBA del 1980, epoca che ha dominato facendo cose praticamente mai viste prima.
Ogni suo rimbalzo era un contropiede automatico, sia chiuso da lui in prima persona sia assistito per uno dei suoi compagni, a metà campo giocava abitualmente sopra la testa di tutti i suoi pari ruolo sia nella normale costruzione del gioco sia che li portasse in post basso per sfruttare direttamente il mismatch di stazza e statura. Proprio per questo Magic studiando in allenamento Kareem Abdul Jabbar si inventò il “Baby Sky Hook” un piccolo gancio cielo da utilizzare per diventare ancora più immarcabile.
Questa atipicità fisica era accompagnata da una visione di gioco, da un senso del passaggio e dello spettacolo perfetti per la squadra di Hollywood: transizione veloce, Magic porta palla e intanto osserva le prime file del Forum (si giocava al Forum di Inglewood non allo Staples) e mentre sta contando quanti hanno preso i pop corn e quanti hanno preso l’hot dog un lampo e la palla è nelle mani di un compagno che si trova libero sotto canestro.
httpv://youtu.be/7eCLRAB9FF8
Un lampo: non trovo altre parole per descrivere la capacità di Magic di far viaggiare la palla e di trovare i compagni liberi in una frazione di secondo sfruttando angoli e linee di passaggio inspiegabili. Il passaggio no-look portato ad arte, passaggi dietro la schiena, schiacciati a terra, con l’effetto, passaggi baseball, tutto fatto ad una velocità sorprendente e ad una altezza inimmaginabile sino ad allora.
I suoi compagni dicevano: bisogna correre con le mani pronte, perché tu non lo sai ma Magic ti sta vedendo e sa prima ancora che tu stesso te ne renda conto qual è il momento migliore per farti arrivare la palla. Un visionario della pallacanestro in grado di essere un passo avanti nella comprensione e dello sviluppo del gioco.
Magic è stato un giocatore totale in grado di giocare davvero 5 ruoli, valga la testimonianza della Gara 6 delle Finals del 1980, in grado di scegliere se essere decisivo facendo 15 assist, 30 punti oppure prendendo 10 rimbalzi a seconda della necessità della sua squadra, perché al di la dei lustrini e dei sorrisi Magic è un vincente, un feroce competitore che ha sempre messo davanti ad ogni statistica, risultato personale, la vittoria della squadra.
Questa combinazione di valore tecnico, di unicità fisica, di determinazione e classe hanno fatto di Magic un giocatore unico nel panorama dell’NBA del tempo, la sua singolarità ha reso sostanzialmente impossibile trovare un nuovo Magic Johnson.
Il gioco del “Nuovo Magic” viene ancora oggi fatto ogni volta che un giovane talentuoso sopra i 195 cm viene schierato come playmaker, ma sostanzialmente nessuno si è mai avvicinato alla completezza di gioco e alla creatività che hanno fatto di Ervin Johnson Magic. Per non parlare del carisma…
sn un tifoso dei sixers..ma mi ricordo molto bene i lakers di magic, kareem and co.!..erano una grandissima squadra..e magic era veramente un grande! Bravi a ricordarlo con un bel articolo! Un piccolo appunto però: in gara 6 della finale 80 magic gioco sì da centro ma non contro moses malone che era a houston, i centri di quei sixers erano caldwell jones e darryl dawkins…malone arrivò ai sixers nel 82-83 e fu finalmente titolo x philly!
Per caratteristiche fisiche e tecniche l’ eredità di Magic avrebbe dovuto essere raccolta da Lebron James, ma il parquet ha dato finora un altro responso.
Grazie. Gli articoli su Earvin fanno sempre bene a questo sport.
In quella famosa sfida di Philadelphia del 1980, Magic giocò tutte e 5 le posizioni in campo. Il bello è che i “vecchietti” come me, videro quella gara registrata su qualche cassetta, magari inviata dai parenti americani… Negli stati uniti quella gara venne trasmessa dopo la mezzanotte, in differita. All’epoca nessun network voleva trasmettere la NBA in prima serata. Poi sono arrivati Magic e Bird ed è cambiato tutto…
Bella la battuta dell’inciso su “John Stockton permettendo”. Anche perché se Stockton era in panchina nel dream team in cui giocava un Magic fermo da un anno e col virus dell’HIV in corpo un motivo ci sarà pure stato…
Ma forse io non faccio testo. Per me LUI è stato il più grande di SEMPRE.
bello da mettersi a piangere..vedere magic all’all star game del 92..e bello rivedere il più grande di tutti a parte il marziano…e lo dico da tifoso sixer…
per me personalmente, che lo guardavo quando avevo 8 anni nell’84… il più grande di sempre.. scelta opianbile lo so, ma credo che qui saranno tutti d’accordo.. il giocatore più completo di sempre.
Non per fare il solito rompiscatole, ma credo che Bird fosse più completo di lui.
Resta comunque un grandissimo.
Se guardo, leggo e scrivo pallacanestro è perchè ho visto giocare Magic. Se mi sono innamorato di questo sport è a causa sua e di nessun altro.
Spero che un pò di questa passione e amore per il gioco sia arrivata.
Non credo che ci sarà mai un altro così, sia dal punto di vista tecnico sia umano.
Su LBJ, tecnicamente ci sta ma per tutto il resto basta “The Decision”.
Vi immaginate Magic che va ai Bulls o ai Pistons per vincere un titolo?
E’ grazie a lui che cominciai a seguire questo magnifico sport (su Capodistria), è grazie a lui se l’NBA si fece conoscere in tutto il mondo, è grazie a lui se il ruolo di play assunze nuove connotazioni.
Stockton? gran giocatore ma suvvia non scherziamo…Magic era Magic, punto!
Il lato umano di Magic era fantastico, un leader nato, ma non di quelli che fanno gli occhi della tigre anche coi compagni, per spronarli quando non giocano con la grinta dovuta, come han fatto Jordan e Bryant. Magic era amatissimo, e aveva un sorriso per tutti, ineguagliabile da quel punto di vista.
Ma la cosa veramente impressionante era il lato tecnico: fisicamente era un lungo di 2.05 – 2.07, ma tecnicamente era un playmaker. Oggi si parla tanto di James playmaker, e dopo di lui han provato a giocare playmaker gente di più di 2 metri come Anfernee Hardaway o Steve Smith…ma tutti questi non sono mai stati veri playmaker, piuttosto guardie o ali con ALCUNE skills da playmaker.
Magic era un playmaker perchè coi suoi 207 centimetri faceva TUTTO quello che deve fare un playmaker, incluso porta palla contro il pressing, iniziare il gioco, condurre il contropiede, marcare i piccoli… tutto, tutto come fosse Stockton, ma con 207 centimetri. Il giocatore più unico della storia, senza ombra di dubbio.
Me lo ricordo come se fosse adesso quel giorno.
Non da molto seguivo la Nba, per quel che potevo,
e la prima squadra che ho tifato erano proprio i Lakers,
e questo grazie a Magic.
Poi però ho conosciuto Clyde Drexler e le cose sono cambiate…ma Magic per me rimane il giocatore più forte, proprio perché il più completo.
La notizia mi colpì tantissimo,
e anche quella stagione, perché poi i Blazers affrontarono i Lakers al primo turno senza Magic.
A parte tutte le cose che si possono dire
sicuramente molti di voi ne sanno più di me, Magic mi piaceva perché era spettacolare, ma allo stesso tempo molto concreto, e una delle cose più conosciute al mondo era proprio lo show-time.
Mi ricorderò sempre una frase di Flavio Tranquillo: “Il sorriso più largo del mondo non si è spento!”
Articolo molto bello, Magic resterà sempre uno dei giocatori simbolo della NBA e della storia di questo fantastico sport…come Cousy prima di lui reinventò il ruolo di playmaker…semplicemente emozionante!
PS: Non è paragonabile se non per completezza fisico\tecnica con LeBron, immaginate se invece che andare a Cleveland fosse stato scelto dai Lakers?!? o dagli Spurs?! nel draft 2003…Sinceramente non so come arrivarono a quella scelta i lacustri visto il roster che già si ritrovavano…
Mitico. Grazie a lui mi sono innamorato di questo fantastico sport e dei Lakers.. Lbj è l’unico che tecnicamente è fisicamente si avvicina.. Per me ci sono state 4 epoche : magic, Jordan, Kobe e lbj..