La stagione 1942-43 è fondamentale per la NHL, poiché segna l’inizio dell’era delle Original Six: dopo l’ennesima contrazione (i New York Americans scomparvero al termine del campionato precedente) soltanto sei team restarono in vita, i New York Rangers, i Boston Bruins, i Chicago Black Hawks (divenuti Blackhawks nel 1986), i Detroit Red Wings, i Toronto Maple Leafs e i Montreal Canadiens.
Il periodo delle Original Six è considerato “The Golden Age of Professional Hockey”, un appellativo senza dubbio appropriato, poiché la NHL avrebbe raggiunto dei livelli tecnici sicuramente molto elevati; tuttavia non va dimenticato che lo stile di gioco negli anni del dopoguerra fu contraddistinto da grandissima violenza, con numerose risse e tafferugli tra giocatori.
Il 30 giugno 1947 fu sancito un importantissimo accordo tra la NHL, rappresentata dal presidente Clarence Campbell, e i trustees della Stanley Cup: come detto in precedenza, la NHL, essendo l’unica major league rimasta, consegnava dal 1926-27 la Coppa ai propri campioni, pur non avendone il completo controllo; se ipoteticamente una nuova lega avesse richiesto ai trustees la sfida per il trofeo, questi avrebbero potuto accettarla e organizzare uno spareggio.
Con l’accordo del 1947, i trustees assegnarono alla NHL il completo controllo e l’intera responsabilità sulla Stanley Cup: da quel momento nessun’altra lega avrebbe potuto rivendicare alcun diritto sulla Coppa. In quel contratto, inoltre, sono presenti due clausole importantissime:
– In qualsiasi momento, la NHL può restituire ai trustees il controllo della Stanley Cup.
– In caso di eventuale scioglimento della NHL, i trustees riprenderebbero immediatamente il controllo della Stanley Cup.
L’epoca delle Original Six fu davvero importante nella storia dell’hockey, poiché testimoniò le performance di grandissimi campioni e fuoriclasse, primo su tutti Gordie Howe, il leader dei Detroit Red Wings: dopo il debutto nel 1946, Mr. Hockey mise il proprio marchio sulla NHL per 25 anni, restando ai vertici delle classifiche dei marcatori fino al proprio primo ritiro, avvenuto nel 1971; oltre ad essere una spaventosa macchina realizzativa, Howe era anche un giocatore estremamente fisico, che amava caricare e colpire (molto spesso con il gomito) i suoi avversari.
Nel 1973, dopo due stagioni di “pausa”, Howe fu ingaggiato dagli Houston Aeros della World Hockey Association, e nonostante l’età avanzata fu sempre tra i migliori realizzatori della nuova lega; a 51 anni Mr. Hockey rientrò nella NHL con la maglia degli Hartford Whalers, con cui disputò il suo ultimo campionato professionistico, giocando tra l’altro 80 partite. A fine carriera (1980), Howe aveva compilato delle statistiche incredibili, come ad esempio 801 gol e 1850 punti nella NHL, numeri che per moltissimo tempo sarebbero stati inavvicinati.
Durante l’epoca delle Original Six, i grandi protagonisti furono i Montreal Canadiens, che dominarono la NHL, conquistando titoli su titoli, tra cui cinque consecutivi tra il 1956 e il 1960; fuoriclasse comeMaurice Richard, Jean Beliveau, Jacques Plante lasciarono il loro segno sulla lega e crearono il mito degli Habs, una delle franchigie più vincenti dell’intero sport nordamericano: con 24 Stanley Cup e 25 titoli NHL (l’ultimo nel 1993) i Canadiens sono secondi solo ai New York Yankees, che per 26 volte si sono aggiudicati le World Series di baseball.
Le Original Six restarono le uniche partecipanti al campionato NHL per 25 anni, quando l’espansione del 1967 vide il debutto di altre sei formazioni: i St. Louis Blues, i Pittsburgh Penguins, i Minnesota North Stars, i Los Angeles Kings, i California Seals e i Philadelphia Flyers; per permettere anche alle nuove “arrivate” la possibilità di lottare per la Stanley Cup fin dal primo anno, le Original Six furono inserite nella Eastern Division, mentre le Expansion Six nella Western Division.
I California Seals furono una squadra con una “vita” molto travagliata, infatti, dopo soli tre mesi dal debutto nella NHL si trasformarono in Oakland Seals; nel 1970 cambiarono nuovamente nome diventando i California Golden Seals, per poi ritornare California Seals nel 1975. L’anno successivo, a causa di problemi economici, la franchigia fu trasferita in Ohio, diventando i Cleveland Barons; nel 1978, dopo la fusione con i Minnesota North Stars, i Cleveland Barons cessarono la loro esistenza. I Seals / Barons sono l’ultima squadra estinta nella storia della sport nordamericano a livello di major league.
Nelle stagioni successive all’Expansion del 1967, altre nuove squadre debuttarono nella NHL: Buffalo Sabres e Vancouver Canucks nel 1970, New York Islanders e Atlanta Flames nel 1972, Kansas City Scouts e Washington Capitals nel 1974. Nel 1976 gli Scouts si spostarono a Denver, diventando i Colorado Rockies, che nel 1981 furono trasferiti nel New Jersey, dove diventarono iDevils. Nel 1980 gli Atlanta Flames furono trasferiti a Calgary.
L’ingresso di nuove franchigie obbligò la dirigenza della NHL a sostituire, nel 1974, le vecchie Eastern e Western Division con la Prince of Wales Conference (Adams e Norris Division) e la Clarence Campbell Conference (Patrick e Smythe Division); il criterio di distribuzione delle squadre non fu geografico.
Il giocatore simbolo degli anni ’70 fu sicuramente Bobby Orr, il mitico campione dei Boston Bruins, che come nessun altro influenzò il modo di giocare nella NHL: pur essendo un difensore formidabile (premiato 8 volte di fila con il Norris Trophy), Orr era un’arma offensiva devastante, in grado di segnare, fornire assist perfetti per i compagni, ma soprattutto dettare il ritmo dell’attacco; nel 1970 e nel 1975, Orr diventò il primo (e ancora unico) difensore in grado di vincere l’Art Ross Trophy, il premio destinato al miglior marcatore. Purtroppo, la carriera di Orr fu martoriata da continui infortuni al ginocchio, che prima convinsero i Bruins a cederlo ai Chicago Black Hawks e poi lo obbligarono al ritiro a soli 31 anni.
Negli anni ’60, la nazionale canadese (che come detto in precedenza era composta da amatori) incontrò numerose difficoltà contro le principali compagini europee, tanto che i dirigenti nordamericani chiesero alla capi della IIHF la possibilità di utilizzare i professionisti; nel 1970, dopo l’ennesimo rifiuto, il Canada si ritirò dalla principali competizioni internazionali, rientrando soltanto nel 1978, quando la IIHF permise ai giocatori della NHL di partecipare ai Campionati del Mondo.
Tuttavia, il primo vero scontro tra i professionisti canadesi e i dilettanti europei era avvenuto nel settembre del 1972, un mese davvero memorabile nella storia dell’hockey su ghiaccio: dopo una lunga serie di meeting tra i dirigenti della NHL e della IIHF, fu organizzata una serie di otto partite in cui i fuoriclasse della Foglia d’Acero avrebbero sfidato la nazionale dell’Unione Sovietica, l’autentica dominatrice dei Campionati Mondiali e delle Olimpiadi; la Summit Series sarebbe iniziata in Canada (Montreal, Toronto, Winnipeg, Vancouver) e poi continuata a Mosca.
Alla vigilia di Gara 1, tutti prevedevano una facile passeggiata per la selezione della Foglia d’Acero, ma quando fu spazzata via 7-3 al Montreal Forum, le opinioni cambiarono radicalmente: il leggendario attaccante russo Valery Kharlamov aveva segnato due reti favolose, superando i più celebri difensori della NHL come fossero dei semplici birilli, mentre il fantastico portiere Vladislav Tretiak aveva abbassato la saracinesca della propria porta!
La serie si trasformò in una vera e propria battaglia, ovviamente enfatizzata dalla Guerra Fredda: dopo cinque partite i Sovietici avevano già collezionato 3 successi e 1 pareggio e parevano pronti a finire gli avversari; i Canadesi, incredibilmente, si risollevarono e con 3 vittorie consecutive alla Luzhniki Arenadi Mosca si aggiudicarono lo scontro finale. Il gol decisivo di Paul Henderson nell’ultimo minuto di gara 8 è forse il momento più importante nella storia dell’hockey su ghiaccio.
Tuttavia i Sovietici avevano dimostrato che il livello dell’hockey europeo non era assolutamente inferiore a quello canadese; dopo la serie del 1972 ci sarebbero state molte altre sfide tra le due potenze (non solo tra nazionali) e nel 1976 fu istituita la Canada Cup, un torneo per squadre nazionali aperto anche ai professionisti: quella competizione (in particolare l’edizione del 1987) avrebbe regalato, forse, le partite più spettacolari di sempre.
Ovviamente gli scout delle franchigie della NHL misero gli occhi sui talenti russi, ma solo nel 1989 (e dopo numerose battaglie) il campionato professionistico nordamericano poté accogliere i principali fuoriclasse sovietici: il primo fu Sergei Priakin (un mediocre giocatore), ma poi seguirono i celeberrimiViacheslav Fetisov, Igor Larionov e Sergei Makarov.
Le sfide tra NHL e URSS continuarono fino ai primi anni ’90 e osservando il bilancio finale, notiamo che i Russi si sono aggiudicati un numero superiore di incontri; ciononostante dobbiamo ricordarci che spesso gli allenatori nordamericani utilizzavano le riserve, lasciando a riposo le loro stelle.
Un altro evento importante della decade fu l’idea di Dennis A. Murphy e Gary L. Davidson, massimi dirigenti della
American Basketball Association, di creare un’organizzazione alternativa alla NHL, con lo scopo di portare l’hockey anche nelle città non considerate dalla lega principale: nell’aprile del 1971 fu così istituita la World Hockey Association, che avrebbe celebrato la propria prima partita l’11 ottobre 1972 con la sfida tra Alberta Oilers e Ottawa Nationals.
Inizialmente i dirigenti della NHL non sembravano molto interessati alle vicende della WHA, anche se la neonata lega era riuscita a soffiare qualche giocatore interessante; tuttavia quando nel giugno del 1972 i Winnipeg Jets, con un contratto milionario, strapparono ai Chicago Black Hawks il grande Bobby Hull, le cose cambiarono radicalmente; oltre a Hull, la star della WHA era il vecchio Gordie Howe, che rientrò dal ritiro per giocare con i figli Matty e Mark.
Nonostante mancasse della stabilità della NHL (numerose squadre subirono dei trasferimenti oppure furono sciolte), la WHA offrì un buon hockey, sicuramente orientato verso l’attacco e lo spettacolo piuttosto che verso la difesa; il titolo inaugurale fu assegnato ai New England Whalers, che, battendo 4-1 i Winnipeg Jets, si aggiudicarono la prima AVCO Cup, trofeo donato dalla AVCO Financial Service Corporation.
Nel 1974 una selezione canadese, composta solamente dai migliori atleti della WHA, sfidò in una serie di otto partite la nazionale sovietica: nonostante alcuni arbitraggi alquanto sospetti, l’URSS riuscì a prevalere vincendo 4 incontri, pareggiandone 3 e perdendone solo uno. Nel 1978 gli Indianapolis Racers proposero un giovanissimo talento, appena diciassettenne, per poi cederlo pochi mesi dopo agli Edmonton Oilers: il suo nome era Wayne Gretzky.
Il 22 marzo 1979, al termine di diversi meeting tra le due leghe, fu stabilito che quattro franchigie della WHA, Winnipeg Jets, Quebec Nordiques, Hartford Whalers, Edmonton Oilers, si sarebbero unite alla NHL, sancendo la fine della lega ribelle.
La WHA chiuse i battenti, tuttavia il suo contributo non va assolutamente dimenticato, soprattutto perché molte città che mai sarebbero state considerate dalla NHL poterono assaporare il gusto dell’hockey professionistico; inoltre, gli osservatori della WHA furono i primi che analizzarono attentamente il gioco europeo, rendendosi conto che nel vecchio continente non esisteva solo l’Unione Sovietica, ma erano presenti anche altre nazioni molto sviluppate in campo hockeistico: nella WHA debuttarono, ad esempio, diversi giocatori svedesi e cecoslovacchi.
In quei sette campionati della WHA, la squadra che si distinse maggiormente furono i Winnipeg Jets, che vinsero tre AVCO Cup (1975, 1978 e 1979), partecipando complessivamente a cinque finali; gli altri titoli furono assegnati ai New England Whalers (1973), agli Houston Aeros (1974 e 1975) e ai Quebec Nordiques (1976).
Durante gli anni ’70 ci furono spesso degli incontri tra le formazioni NHL contro quelle della WHA e il bilancio conclusivo premia la lega più giovane (33 vittorie a 27 con 7 pareggi): tuttavia, come nel caso delle sfide contro i Russi, va considerato che spesso i tecnici preferivano utilizzare i rincalzi e i giocatori meno esperti; quelle partite non erano altro che semplici esibizioni e quindi nessuno era realmente interessato al risultato finale.