Il 1924 vide l’inaugurazione del mitico Forum, costruito inizialmente per i debuttanti Maroons: in effetti, i Canadiens vi entrarono ufficialmente soltanto nel 1926, ma ebbero la fortuna di disputare il primo incontro del nuovo impianto (vinto 7-1 contro i Toronto St. Pats). Il Forum sarebbe rimasto la casa dei Canadiens per oltre settant’anni, quando nel 1996 fu sostituito dal moderno Molson Centre; tuttavia va ricordato che il Forum fu sottoposto a due rinnovamenti (1949, 1968), che ne aumentarono la capienza e lo modernizzarono.

Sempre nel 1924 (così si dice) comparve il soprannome Habs, con cui i tifosi incitano, ancora oggi, la propria squadra: il reporter americano Tex Rickard era stato informato che la lettera H presente nel logo significasse Habitants, un termine con cui s’indicavano gli agricoltori francesi del Quebec; Rickard riferì che gran parte dei giocatori dei Canadiens erano contadini, quindi Habitants o più brevemente Habs.

E proprio nel 1924 i Montreal Canadiens vinsero per la seconda volta il titolo della NHL, per poi aggiudicarsi la Stanley Cup, sconfiggendo i Vancouver Millionaires e i Calgary Tigers, rispettivamente campioni della PCHA e della WCHL: l’anno successivo i Canadiens bissarono il titolo NHL, ma non riuscirono a difendere la Stanley Cup, conquistata dai Victoria Cougars.

Nonostante la sconfitta, i Canadiens erano già diventati una formazione importantissima, ma forse il vero protagonista che si distinse sugli altri fu il portiere Georges Vezina, unico giocatore ad aver partecipato a tutte le stagioni della squadra francese: fin dalla prima annata Vezina difese con estrema classe la gabbia dei Canadiens; le sue prese erano sempre molto sicure, nonostante i portieri dell’epoca fossero privi di guanti e protezioni varie, oltre ad essere obbligati a restare in piedi (il regolamento vietava loro di buttarsi sul ghiaccio per compiere una parata).

Durante il training camp della stagione 1925-26, il Chicoutimi Cucumber (questo il soprannome) si sentì molto affaticato, evidenziando uno stato di salute precario: nonostante la febbre altissima, Vezina decise di disputare la partita inaugurale contro i Pittsburgh Pirates, ma dovette essere sostituito alla fine del primo periodo, interrompendo una striscia di 367 partite consecutive.

I medici gli diagnosticarono una forma di tubercolosi in stadio molto avanzato: il 24 marzo 1926 a soli 39 anni, Georges Vezina si spense, lasciando un vuoto incolmabile nella squadra e tra i tifosi; non è un caso che gli anni successivi alla sua morte furono molto difficili per i Canadiens.

Per onorare lo sfortunato campione, i massimi dirigenti della franchigia donarono alla NHL un trofeo (dedicato alla memoria di Vezina) con cui premiare il portiere che avesse compilato la media gol subiti più bassa; dal 1981-82, il riconoscimento viene assegnato da una giuria di addetti ai lavori al miglior goalie della stagione, indipendentemente dal numero di reti concesse.

Sebbene i Canadiens entrassero in un periodo di crisi, la Stanley Cup ritornò a Montreal, grazie ai Maroons, che si aggiudicarono il trofeo, dopo aver battuto i Cougars in finale: ovviamente tra Canadiens e Maroons la rivalità era molto accesa e creò durissime battaglie sia sul ghiaccio, sia sugli spalti.

I Canadiens si aggiudicarono due Coppe consecutive (ricordiamoci che dal 1926-27 il trofeo veniva consegnato direttamente alla squadra campione NHL, senza successivi spareggi con formazioni provenienti da altre leghe) nel 1930 e 1931, mentre i Maroons replicarono nel 1935, quando sconfissero i Toronto Maple Leafs 3-0; tra i protagonisti dei Canadiens ricordiamo Sylvio Mantha, Howie Morenz, Aurele Joliat e George Hainsworth (degno erede di Georges Vezina), mentre tra i Maroons non ci si può dimenticare di Nels Stewart, Howie Smith e Babe Siebert.

Una menzione particolare meriterebbe Howie Morenz, protagonista dei Canadiens negli anni ’20 e nei primi anni ’30: per tre volte fu premiato con l’Hart Trophy e in due occasioni vinse il titolo dei marcatori; nel 1934 fu ceduto ai Chicago Black Hawks, i quali poi lo scambiarono con i New York Rangers. Tuttavia nel 1936 Morenz rientrò a Montreal, ma il 28 gennaio 1937, in una partita proprio contro Chicago, si fratturò la gamba, mettendo fine alla propria carriera; l’8 marzo, a causa di complicazioni dopo l’infortunio, Howie Morenz si spense e ben 15.000 tifosi si recarono al Forum per rendere omaggio al loro beniamino.

Qualche mese dopo, per aiutare la famiglia dello sfortunato giocatore, fu organizzata un’amichevole tra una selezione mista di Canadiens e Maroons e una formata dai migliori giocatori della NHL: la squadra di Montreal fu sconfitta 6-3.

Il 17 marzo 1938 si disputò l’ultima sfida tra le due grandi rivali, vinta dai francesi per 6-3: poco tempo dopo i Maroons chiusero la loro esistenza, lasciando la città di Montreal interamente ai Canadiens; gli Habs, ad ogni modo, avrebbero dovuto aspettare alcuni anni prima di ritornare a dominare la NHL.

Momento chiave della storia degli Habs accadde il 31 ottobre 1942, quando Maurice Richard, un giovane di ventuno anni, debuttò con la maglia rosso-blu; Richard giocò le prime partite della sua carriera con la maglia numero 15 ma dopo la nascita della sua primogenita (che pesava 9 libbre), decise di cambiarlo, scegliendo appunto il 9.

Nonostante le attese, gli inizi furono complessi e costellati di infortuni e il manager degli Habs pensò addirittura ad una cessione; tuttavia Richard si era già messo in luce, tanto che un giornalista locale lo aveva soprannominato “The Comet”: questo nomignolo scomparve ben presto, poiché il suo compagno Ray Getliffe, sconvolto dalla velocità di Richard, lo ribattezzò The Rocket.

Superate le difficoltà iniziali, Richard impose il suo talento nel mondo dell’hockey su ghiaccio, diventando il dominatore della NHL: per 18 anni the Rocket avrebbe intimorito i difensori avversari con la sua velocità e la sua fisicità, di cui spesso abusava per umiliarli. Al termine della carriera Richard aveva segnato 544 reti (record ancora imbattuto per i Canadiens), diventando il primo giocatore a superare il muro dei 500; inoltre nel 1945, il mitico numero 9 riuscì a realizzare 50 gol in 50 partite, impresa eguagliata da Mike Bossy (star dei New York Islanders) soltanto nel 1981.

Memorabile fu la partita contro i Chicago Black Hawks del 19 ottobre 1957, quando Richard segnò la cinquecentesima rete nella NHL; teniamo presente che nessun altro giocatore era ancora riuscito a superare il muro dei 400 gol!

Richard, oltre ad essere un fenomeno in attacco, era anche un giocatore aggressivo, rissoso, spesso coinvolto in scazzottate e battaglie: nel 1955 fu addirittura squalificato dal presidente della NHL Clarence Campbell per l’intera post-season dopo aver rotto la mazza sulla schiena del Bruin Hal Laycoe e preso a pugni l’arbitro; l’intero stato del Quebec si ribellò alla decisione, protestando vivacemente.

Richard sapeva incutere timore negli avversari e questo commento del portiere Glenn Hall ci fa capire molte cose: “What I remember most about the Rocket were his eyes. When he came flying toward you with the puck on his stick, his eyes were all lit up, flashing and gleaming like a pinball machine. It was terrifying”.

Richard si ritirò nel 1960 dopo la finale vinta 4-0 sui Toronto Maple Leafs: quella era la dodicesima coppa vinta dai Canadiens, la decima alzata dal Rocket; nella classifica dei 50 migliori giocatori NHL di tutti i tempi, Richard occupa la quinta posizione, dietro solo a Wayne Gretzky, Bobby Orr, Gordie Howe e Mario Lemieux.

Nel 1999 fu istituito il Maurice Richard Trophy, riconoscimento destinato al giocatore con più gol realizzati al termine della stagione regolare.

Ma per diventare una squadra così dominante un solo giocatore non è sufficiente: come ci si può dimenticare di un fuoriclasse come Hector “Toe” Blake, soprannominato “The Lamplighter”?

Dopo aver giocato nei Maroons, Blake si aggregò nel 1935 ai Canadiens, diventandone capitano nel 1940; vestì la maglia degli Habs fino al 1948, quando un infortunio ad una gamba lo costrinse al ritiro (in effetti, giocò altre due stagioni in alcune minor leagues). La sua carriera nella NHL presenta 235 gol e 292 assist; nel 1946 Blake ricevette il primo Lady Bing Trophy, riconoscimento consegnato al giocatore che dimostra più sportività; nel 1955 Blake diventò allenatore dei Canadiens, posizione mantenuta fino al 1968, quando regalò agli Habs la quindicesima Stanley Cup della loro storia.

Compagno di linea (la celeberrima Punch Line) di Blake e Richard era il centro Elmer Lach, originario di Nokomis, Saskatchewan: dopo aver debuttato nel 1940-41 totalizzando 21 punti ed aver giocato solo una partita nel 1941-42, Lach esplose definitivamente la stagione successiva quando collezionò 18 gol e 40 assist; il Nokomis Flash diventò una pedina chiave nello scacchiere di Montreal, anche perché molti dei suoi passaggi erano trasformati in gol da Richard.

Nel 1944-45 Lach, grazie a 80 punti (26 gol e 54 assist), si laureò miglior marcatore della NHL, davanti ai suoi compagni di linea Richard e Blake: i tre fuoriclasse segnarono complessivamente 220 punti, un record battuto solamente molti anni più tardi, grazie al prolungamento della stagione; incredibilmente, dopo aver dominato in regular season, i Canadiens furono sconfitti dai Toronto Maple Leafs nella semifinale per la Stanley Cup!

Nonostante numerosi infortuni, Lach continuò ad eccellere anche nei campionati successivi, ma fu costretto al ritiro nel 1953 al termine della finale vinta 4-1 contro i Boston Bruins; la quinta partita della serie terminò 1-0 ai supplementari grazie alla rete realizzata proprio dal Nokomis Flash.

Un altro giocatore degno di nota fu il portiere Bill Durnam: nella sua breve carriera a livello professionistico (1943-1950), Durnam vinse sei Vezina Trophy e due Stanley Cup; purtroppo lo stress e il logorio dovuti alla difficile posizione lo costrinsero ad un ritiro prematuro. Tra le caratteristiche di Durnam spiccava il suo ambidestrismo: riusciva a bloccare i dischi e a maneggiare la mazza sia con la mano destra sia con la sinistra.

Non va dimenticato il difensore Ken Reardon, difensore famoso per il suo coraggio e per la sua cattiveria; giocatore duro e aggressivo, fu però vittima di innumerevoli infortuni che lo obbligarono al ritiro nel 1950 a soli 30 anni.

Un altro momento chiave nella storia dei Canadiens avvenne il 1° agosto 1946, quando Frank Selke diventò il Manager della squadra: dopo aver guidato i Toronto Maple Leafs da dietro la scrivania, Selke era pronto a creare la leggenda degli Habs; gli anni ’50 videro la definitiva ascesa di Montreal, che, ben presto, diventò l’autentica regina della NHL, vincendo sette coppe in nove stagioni. I Canadiens erano riusciti a completare una clamorosa cinquina tra il 1956 e il 1960, performance mai più eguagliata in seguito; soltanto i New York Yankees (cinque World Series tra il 1949 e il 1953) e i Boston Celtics (otto titoli NBA tra il 1959 e il 1966) hanno saputo vincere così tanti campionati consecutivi nello sport professionistico nordamericano.

Nel 1952-53 il coach Dick Irvin, Sr e il Manager Selke istituirono una delle più belle e principali tradizioni dei Canadiens, incidendo sulla porta dello spogliatoio del Forum alcuni versi della poesia di guerra “In Flanders Field”, scritta dal Luogotenente Colonnello dell’Esercito Canadese John McCrae: “To you from failing hands we throw the torch; be yours to hold it high.” oppure in francese “Nos bras meurtris vous tendent le flambeau. À vous toujours de le porter bien haut”. La torcia diventò il simbolo della tradizione dei Canadiens e il legame tra i giocatori del passato, del presente e del futuro.

Nel 1956 i dirigenti della NHL decisero di cambiare la regola della superiorità numerica, per cercare di arginare il dominio dei Canadiens, che riuscivano a segnare anche tre o quattro volte in un solo Power Play: le nuove norme stabilirono che, in caso di rete, la penalità sarebbe automaticamente terminata, permettendo al giocatore punito di rientrare sul ghiaccio.

Nel 1957 ci fu un importante passaggio di proprietà della franchigia: il Club de Hockey Canadien passò nelle mani dei fratelli Hartland e Thomas Molson.

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