Gli anni ’70 saranno ricordati dagli appassionati di hockey su ghiaccio per le leggendarie sfide tra Canada e URSS, pagine fondamentali nella storia di questo sport; per la prima storica serie del 1972 ben sei Canadiens furono invitati ad indossare la maglia con la Foglia D’Acero: Ken Dryden, Serge Savard, Guy Lapointe, Yvan Cournoyer (uno degli eroi della squadra), Frank e Pete Mahovlich.
Il 31 dicembre 1975 gli Habs sfidarono al Forum il CSKA, la formazione leader della lega sovietica, all’interno della Super Series 76, otto incontri tra le migliori compagini della NHL e russe: i Canadiens dominarono per tutta la partita, collezionando ben 38 tiri contro i miseri 13 dei russi, ma tutto ciò non fu sufficiente per la vittoria, poiché Vladislav Tretiak parò praticamente tutto.
Il match si chiuse sul 3-3 e ancora oggi quella performance è considerata una delle migliori mai realizzate da un portiere: al termine della partita Scotty Bowman affermò di essere orgoglioso dei suoi giocatori, confessando che Tretiak era praticamente imbattibile; forse l’unica delusione di quella partita fu Ken Dryden, che, tuttavia, non brillò mai nelle sfide contro i Sovietici.
Vladislav Tretiak, invece, fu sempre protagonista durante quei memorabili incontri, esaltandosi proprio nelle sfide giocate al Forum: gara 1 della serie del 1972, la partita contro gli Habs della Super Series, la finale di Canada Cup del 1981; Tretiak era diventato il simbolo degli avversari sovietici, ma con il passare del tempo i tifosi canadesi (in particolare quelli di Montreal) si innamorarono di questo leggendario portiere, facendo segretamente il tifo per lui.
Negli anni ’80 la dirigenza dei Canadiens cercò in tutti i modi di ingaggiare Tretiak, il quale aveva oltretutto confermato il suo interesse per la Stanley Cup, unico trofeo che mancava nella sua illustrissima carriera. Purtroppo il regime comunista riuscì ad impedire il trasferimento e Tretiak, costretto tra l’altro a smentire le sue dichiarazioni favorevoli alla NHL, dovette ritirarsi senza aver potuto giocare in Nord America.
In seguito alla vittoria nella Stanley Cup del 1979, Scotty Bowman lasciò la panchina degli Habs, dopo aver accettato le offerte dei Buffalo Sabres, che lo ingaggiarono come coach e general manager; da quel momento gli Habs, pur rimanendo una squadra temuta e rispettata, persero la loro immagine di dominatori della NHL e si può tranquillamente affermare che l’epopea dei Flying Frenchmen si chiuse con l’inizio degli anni ’80.
La nuova decade, infatti, vide l’ascesa di due altre dinastie, i New York Islanders di Denis Potvin e Mike Bossy, che completarono una quaterna tra il 1980 e il 1983, e i meravigliosi Edmonton Oilers di Wayne Gretzky, Mark Messier e Jari Kurri.
Ritornando alle stagioni gloriose dei Canadiens, possiamo affermare che una delle più fiere rivali di Montreal fu Boston, che, a causa delle numerose sconfitte consecutive sofferte nei playoff, soffriva di un complesso nei confronti degli Habs; sicuramente la delusione più cocente avvenne nel 1979, quando le due formazioni si affrontarono nella semifinale per la Stanley Cup.
Dopo sei partite, la situazione era di parità (tutti successi interni) e la settima gara in Quebec avrebbe determinato la sfidante dei New York Rangers (vittoriosi sui New York Islanders nell’altra semifinale) per la Stanley Cup: i Bruins iniziarono il terzo periodo sul 3-1 a proprio favore, ma gli Habs riuscirono a pareggiare; quando, però, Rick Middleton segnò il 4-3, gli spettatori del Forum furono improvvisamente zittiti.
I Canadiens erano destinati all’eliminazione, ma un’incredibile e assurda penalità contro Boston per “troppi uomini sul ghiaccio” regalò a Montreal un Power Play: Guy Lafleur pareggiò la partita, sfruttando la superiorità numerica e Yvon Lambert, al 9:33 del supplementare, condannò definitivamente i Bruins.
La rete di Yvon Lambert contro Boston nel 1979
Nel 1979 la World Hockey Association, la lega ribelle degli anni ’70, fu sciolta, ma quattro squadre appartenenti a quella organizzazione furono inserite nella NHL: gli Hartford Whalers, gli Edmonton Oilers, i Winnipeg Jets e i Quebec Nordiques; proprio tra Nordiques e Canadiens nacque una rivalità che portò a degli scontri e battaglie incandescenti.
Nonostante fosse scontato che tra le due squadre e tifoserie del Quebec non sarebbe potuto correre buon sangue, pochi avrebbero immaginato cosa sarebbe successo: ogni volta che Nordiques e Canadiens si affrontavano, la temperatura si alzava e coinvolgeva giocatori e tifosi, provocando spesso zuffe, risse e tafferugli, ma anche partite altamente spettacolari.
Negli anni ’70, invece, la rivalità tra Montreal e Toronto perse leggermente di forza, a causa dei numerosi realignment che spostarono le due formazioni in division e conference diverse: nel 1998 fu preparato lo schema adesso in vigore, permettendo a Toronto e Montreal di poter finalmente ritornare nello stesso raggruppamento (North-East Division), dopo oltre vent’anni; ciononostante la dura rivalità di un tempo non potrà essere ricreata, anche perché dopo la serie finale del 1967 le due formazioni non si scontrarono più nella post-season.
Nel 1985, in occasione del 75esimo anniversario dei Montreal Canadiens, fu preparato un sondaggio tra i tifosi per selezionare un ipotetico Dream Team; questi furono i giocatori scelti dagli appassionati:
– Jacques Plante (portiere)
– Doug Harvey (difensore)
– Larry Robinson (difensore)
– Maurice Richard (ala destra)
– Jean Beliveau (centro)
– Dickie Moore (ala sinistra)
– Hector Toe Blake (coach)
Come detto in precedenza, questa decade non vide il dominio dei Canadiens, tuttavia gli Habs si dimostrarono sempre una squadra pericolosa: il giocatore simbolo di Montreal negli anni ’80 fu ovviamente Patrick Roy.
Patrick Roy era nato il 5 ottobre 1965 e, essendo originario di Quebec City, era sempre stato un tifoso dei Nordiques; dopo alcune buoni stagioni nelle leghe minori, Roy fu selezionato nel 1984 dai Canadiens, squadra da lui sempre detestata.
Il 23 febbraio 1985 Roy fece il suo debutto ufficiale con gli Habs, dimostrando grande abilità e sicurezza, ciononostante Patrick fu trasferito ai Sherbroke Canadiens della AHL per fare esperienza; immediatamente i tecnici notarono in lui una caratteristica eccezionale: sapeva rendere al meglio nelle partite decisive.
Qualche mese dopo Roy fu chiamato al training camp della prima squadra, ma questa volta il tecnico Jean Perron decise di trattenerlo; nella sua annata da rookie Patrick giocò 47 partite con 23 vittorie ed una media di 3.35, numeri eccellenti per un ventenne.
Tuttavia i successi non erano finiti, poiché il coach decise di nominarlo portiere titolare per gli imminenti playoff: nella post-season Roy si rivelò un’autentica saracinesca, portando i Canadiens alla finale di Stanley Cup contro i Calgary Flames; Montreal riuscì a prevalere un’altra volta e Roy ricevette un meritatissimo (quanto inaspettato solo qualche mese prima) Conn Smythe Trophy.
Roy diventò l’eroe popolare, meritandosi l’appellativo di St. Patrick; ora il giovane fuoriclasse avrebbe dovuto dimostrare negli anni successivi che i riconoscimenti non erano casuali, ma Roy non deluse mai, meritandosi in tre occasioni il Vezina Trophy.
Il grande Patrick Roy
La squadra del 1986 non era paragonabile a quella fantastica degli anni ’70, tuttavia era formata da diversi giocatori interessanti, primo fra tutti Claude Lemieux, rookie durante la stagione coronata dalla 23esima Stanley Cup: sebbene sia considerato da molti critici uno dei più sporchi giocatori (se non proprio il più sporco) nell’intera storia della NHL, Lemieux è l’ottavo miglior marcatore nella storia dei playoff, davanti anche all’omonimo Super Mario (nessun legame di parentela).
Claude in stagione regolare giocò solamente dieci partite, ma durante la post-season fu impiegato a tempo pieno, realizzando, in venti incontri, dieci reti, di cui quattro decisive, e 16 punti: i game-winning goals nei playoff sono uno dei marchi di fabbrica di Lemiuex, infatti, nella speciale classica è secondo solo a Wayne Gretzky; Lemieux rimase a Montreal per altre quattro stagioni prima di essere scambiato con i New Jersey Devils.
Nel roster del 1986 vanno menzionati anche il vecchio Larry Robinson, il capitano Bob Gainey, Chris Chelios, lo svedese Mats Naslund (primo europeo ingaggiato da Montreal) e Guy Carbonneau, tutti ottimi giocatori ma, a parte Roy e il giovane Chelios, non superstar.
Gli Habs tornarono in finale tre anni dopo, dove ad attenderli c’erano ancora i Calgary Flames di Al MacInnis e Lanny McDonald: purtroppo i Canadiens furono sconfitti in sei partite e fu veramente dolce per i Flames conquistare la Stanley Cup sul ghiaccio del Forum (mai nessun’altra squadra c’era riuscita); quella fu la settima sconfitta per Montreal nella serie finale, la prima dal 1967.
Anche negli anni ’80 la rivalità tra Habs e Bruins fu molto aspra e carica di emozioni: per cinque stagioni consecutive a partire dal 1984 le due nemiche s’incontrarono nei playoff, con quattro vittorie canadesi nelle prime quattro sfide; nel 1988 gli Habs dovettero cedere a Boston che, finalmente, poté gioire di un successo su Montreal dopo anni di delusioni.