Ciao ragazzi, il vostro libro “Dinastie – Le franchigie che hanno fatto la storia dello sport americano” è uscito da poco più di una settimana, ma l’idea di realizzarlo arriva da un po’ più lontano. Volete raccontarci come è nato tutto, e soprattutto, perchè?

Giorgio Barbareschi: “Tutto è nato durante uno dei pranzi che, periodicamente, io e Dave organizziamo per chiacchierare a ruota libera di sport a stelle e strisce.

Di solito per metà del tempo lo ascolto lamentarsi di quanto facciano schifo le sue franchigie del cuore, ossia Rockets e Redskin… ehm Commanders, mentre io mi bullo di quanto sia figo fare il tifo per una squadra in cui gioca quel fenomeno di Luka Doncic. Quel giorno, Dave è invece saltato fuori con la frase: ma se io e te scrivessimo un libro sullo sport americano?

Ho subito pensato che fosse una grande idea, ma che avremmo avuto bisogno di includere nel progetto anche altre persone. In parte per dividere il lavoro in parti più piccole, visto che entrambi abbiamo famiglie e lavori che lasciano ben poco spazio al tempo di scrivere delle nostre passioni, ma anche perché sarebbe stato bello poter condividere la soddisfazione di pubblicare un libro con alcuni di coloro che per tanti anni hanno lavorato insieme a noi sulle pagine di Play.it USA.”

Davide Lavarra: “L’idea per il libro nasce da molto lontano. Oltre all’amicizia che lega indiscutibilmente me e Giorgio c’è una reciproca stima.

Questo lo ha portato a chiedermi di correggere per lui il capitolo riguardante i Buffalo Bills nel suo libro Bisogna Saper Perdere, per me è stato un onore. Poi sono passati molti altri pranzi assieme, ed un giorno l’ho buttata lì. Vorrei scrivere un libro con te.

L’argomento era troppo vasto e molte delle franchigie da trattare non sono di mia competenza, per cui abbiamo subito allestito una squadra e delle idee. ”

Giorgio, tu ti sei occupato dei 2 capitoli dedicati ai Los Angeles Lakers e ai San Antonio Spurs. Dave, tu invece hai optato per i San Francisco 49ers e per i Dallas Cowboys. Raccontateci il perchè di queste scelte.

Giorgio Barbareschi: “In realtà la mia è stata una scelta che possiamo definire “residuale”, nel senso che ho lasciato ad Andrea Cassini, in qualità di scrittore molto (molto) più bravo del sottoscritto, il diritto di prelazione sulle due storie di cui avrebbe preferito raccontare. Ma sono contento in particolare che mi siano rimasti gli Spurs: da tifoso Mavs per molti anni li ho odiati e temuti, ma con il tempo ho imparato a rispettarli e ammirarli per come siano riusciti a rimanere ai vertici della NBA per più di un ventennio, grazie soprattutto a una cultura sportiva con pochi eguali nel panorama mondiale.”

Davide Lavarra: “Ho scelto Niners e Cowboys perché ho vissuto in prima persona le loro epoche vincenti. Guardavo gli highlights NFL su Tele+ e le partite in bianco e nero senza audio sul canale della caserma Ederle, la base Nato che abbiamo a Vicenza. Era come vedere qualcosa di sconosciuto e quindi curioso, come captare un segnale extra terrestre. Ho visto quasi tutto ciò di cui ho parlato, ed anche se non sono le squadre per cui tifo ne ho parlato con passione e amore ugualmente.

Mi è piaciuto cercare informazioni sulle cose più vecchie, ho adorato ricordare e rivedere certe partite degli anni novanta, dove tra l’altro le squadre di cui ho scritto erano arci-rivali. Sono orgoglioso di aver scritto su Dallas, perché da tifoso di Washington non è stato facile parlare bene del nemico numero uno.”

Il libro contiene 16 racconti, 4 “dinastie” per ciascuna delle più grandi leghe professionistiche americane: NBA, NFL, MLB e NHL. Quale di queste 16 è la storia che vi ha più colpito, e perchè?

Giorgio Barbareschi: “Essendomi occupato della revisione dell’intero progetto, ho potuto/dovuto andare a documentarmi in modo approfondito su tutte e sedici le storie, per cui ormai posso dire di conoscerle abbastanza bene. Ma se ce n’è una che mi ha lasciato la voglia di leggerne ancora, questa è la storia degli Edmonton Oilers di Wayne Gretzky. Grezky è stato The Great One, il Michael Jordan del ghiaccio, e ancora oggi viene considerato il punto di riferimento assoluto. La sua figura leggendaria ha lasciato un segno indelebile negli appassionati di hockey e personalmente sono sempre curioso di conoscere le mille sfaccettature, buone ma a volte anche meno buone, di chi ha cambiato per sempre la storia dello sport.”

Davide Lavarra: “Mi ha inevitabilmente colpito il capitolo sui Dodgers, perché li seguo dagli anni novanta pur non essendo particolarmente appassionato di baseball. Mi piacciono i loro colori, adoro il loro logo, mi ha affascinato leggere ed approfondire il trasferimento da Brooklyn a Los Angeles, due luoghi americani che amo. Loro hanno chiamato casa entrambe le coste, sono un caso veramente unico anche per gli Stati Uniti. E poi leggere nomi come Robinson, Snider, Koufax, fa venire la pelle d’oca per l’aura leggendaria che si portano appresso. ”

Infine, la domanda delle domande: questo libro riesce davvero a spiegare il segreto delle Dinastie, il filo conduttore che unisce Michael Jordan a Tom Brady, Babe Ruth a Wayne Gretzky, personaggi apparentemente così distanti nel tempo e dalle personalità così diverse?

Giorgio Barbareschi: “Oddio non sono sicuro che un obiettivo così ambizioso sia raggiungibile da un libro, men che meno dal nostro. Quello che abbiamo fatto è stato cercare di raccontare, in un numero limitato di pagine, come e perché queste grandi Dinastie siano riuscite a superare i confini del tempo in un contesto così competitivo come quello dello sport americano, sperando di lasciare i lettori con la voglia di approfondire storie che avrebbero bisogno di molto più spazio per essere narrate a fondo.

Una cosa però posso dirla: nonostante i grandi nomi da te citati e quelli di tutti i grandi campioni che hanno fatto le fortune delle rispettive squadre, ritengo che la differenza nel medio lungo termine venga fatta dalla cultura e dai valori su cui le franchigie vengono costruite e sviluppate. Perché, a mio modesto modo di vedere e citando le parole dell’ex-General Manager dei Chicago Bulls Jerry Krause, “Players don’t win championships, organizations do.”

Davide Lavarra: “Sicuramente i grandi campioni fanno la differenza quando conta, altrimenti non sarebbero tali. Il filo che lega le dinastie delle varie epoche è più legato alla modalità costruttiva della squadra che non si singoli a mio parere. Senza contare tutti gli episodi senza i quali non sarebbe cominciata una determinata serie di vittorie. Certo, Jordan ha un’importanza capitale nei successi dei Bulls, ma senza il supporting cast che gli è stato costruito attorno sarebbe stato limitato.

La dinastia degli Spurs non sarebbe cominciata senza la prima scelta assoluta del 1997. I 49ers hanno vinto con due quarterback leggendari, in due decenni diversi, perché contava la struttura e la longevità della stessa. Abbiamo tantissimi esempi di come una conduzione sana ed oculata di una franchigia non possa che portare al successo. Patriots docet.”

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