A Dallas dicono che sono tranquilli, e che in Finale un avversario vale l’altro, ma nessuno mi toglierà dalla testa l’idea che tutti, da Cuban all’ultimo dei tifosi staranno pensando: ma proprio i Miami Heat dovevamo ritrovare per giocarci l’anello?
La verità è che le Finals 2006 sono ormai passate alla storia come quelle del crollo psicologico dei Mavericks, avanti 2-0 e avanti nel punteggio fino a pochi minuti dal termine di Gara3. A quel punto, il buio: il tiro da fuori che si inceppa, Miami che prende fiducia, 4 partite stellari del giovane Dwayne Wade (42, 36, 43 e 36 punti nelle 4 vittorie) e la frittata è fatta.
Riviste a 5 anni di distanza, possiamo confermare l’impressione avuta lì per lì, con la poca lucidità del momento: furono le Finals con il minor talento in campo ogni epoca.
Tanto per rinfrescarci la memoria: i Mavs presentavano in quintetto Josh Howard, Adrian Griffin e Desagana Diop, Terry era il playmaker titolare e dalla panchina, per cambiare il ritmo, usciva l’ottimo Keith Van Horn (ma si!)…
Gli Heat, dall’altra parte, si presentavano con la coppia di lunghi Haslem – Shaq con Mourning dalla panchina: una front line di tutto rispetto. Certo, dovevano sopportare in quintetto però Jason Williams e Antoine Walker – ma non quelli dei tempi d’oro, bensì entrambi in parabola nettamente discendente. Dalla panchina uscivano poi un anziano Gary Payton (?) e James Posey. Fine della storia.
Sfido chiunque a trovare nell’albo d’oro NBA una finale con meno talento e più infarcita di giocatori che con l’anello non dovrebbero avere mai nulla a che fare.
Quest’anno, beh, è un’altra storia.
Dallas è piena di giocatori di talento, veterani certo, ma di grande classe: Kidd a 38 anni si sta gestendo splendidamente ed ha spiegato basket nel quarto periodo a gente come Bryant e Westbrook, Marion pare anche lui all’improvviso ringiovanito e Chandler è nella squadra perfetta per le sue caratteristiche: non deve dare punti ma solo presenza difensiva.
Dalla panchina escono poi grandi specialisti come Terry, Barea, Stojakovic e Haywood: insomma, la qualità è almeno doppia rispetto a 5 anni fa.
Per non parlare di Miami: i 3 Amigos sono forse il trio a più alto tasso di talento offensivo della storia della Lega, tutta gente da Top10 classifica marcatori sbadigliando. Haslem è tornato a tempo di record, e metterà tutta la sua sagacia difensiva sulle tracce del tedesco, che conosce molto bene fin dalla prima, vincente, cavalcata per l’anello.
Comunque vada a finire, sarà una gran serie: da una parte una squadra esperta e piena di talento, con giocatori che hanno già giocato dozzine di partite di playoffs ad altissimi livelli; dall’altra, un trio di super stelle giovani, una specie di squadra All Star, decise a giocare assieme e in difesa.
Attacco contro difesa, gioco corale contro talento individuale, esperienza contro gioventù: la tavola è apparecchiata, il rematch è servito, buon appetito a tutti !
Max Giordan
segue l’NBA dal 1989, naviga in Internet dal 1996.
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Pronti per la vendetta…