Mentre scrivo i Playoff NBA sono in pieno svolgimento: è ancora fresco il clamore per lo sweep subìto dai Lakers campioni in carica – con conseguente ritiro di Phil Jackson – mentre i Grizzlies conducono 2-1 sui Thunder e ad Est domina l’incertezza sia fra Chicago ed Atlanta (2-2), sia fra Miami e Boston (2-1).
Il ciclo delle powerhouse che hanno fatto la storia della Lega nell’ultimo decennio (Spurs, Lakers, forse i Celtics) si sta dunque esaurendo; anche se si sapeva che prima o poi questo sarebbe avvenuto, pochi si aspettavano che accadesse in maniera così fragorosa e repentina.
Improvvisamente, dopo anni, la NBA si ritrova senza certezze, senza padroni: una splendida premessa per Playoffs finalmente impronosticabili, senza mostri sacri imbattibili.
E’ una goduria per gli appassionati, e una grande occasione per squadre che da anni attendono nell’ombra la loro chanche.
Memphis non aveva mai vinto una partita di post season fino ad un mese fa, e da sempre era più nota per i suoi disastri in sede di draft (Thabeet su tutti) o trade (la famosa Kwame-Gasol del 2008) che per i suoi risultati sportivi. Ora, con una squadra di ex scarti ed ex reietti diretti mirabilmente da coach Hollins e senza nulla da perdere, hanno l’occasione della vita di arrivare alle Finali di Conference.
Atlanta, dal canto suo, è da anni che prova ad arrampicarsi in vetta alla Eastern, salvo vedere le proprie aspirazioni infrangersi senza tanti complimenti nei Playoffs. Ma quest’anno la musica sembra cambiata: eliminata la bestia nera Orlando, ora se la gioca alla pari con i Bulls dell’MVP Rose, sfruttando un quintetto più equilibrato e le direttive del nuovo coach Larry Drew, oltre alla lucida follia di Crawford nei finali di partita.
Dallas infine, sembra al momento la grande favorita: buttati finalmente alle spalle i fantasmi del 2006, sono risorti nella serie con Portland e sono andati a giocare il loro miglior basket di sempre nella serie contro i Lakers.
Kidd è sembrato ringiovanito in difesa contro Kobe, Stojakovic addirittura risorto, mentre per Terry e Nowitzki gli anni sembrano davvero non passare mai. In più coach Carlisle – il classico allenatore a cui sembra sempre mancare un centesimo per fare il fatidico dollaro – ha finalmente portato tranquillità ad una squadra abituata a crollare nei momenti chiave.
Per i Mavs è veramente l’occasione della vita: prima che i giocatori chiave diventino ancora più vecchi, prima che le nuove dinastie in divenire riescano ad insediarsi (Miami? Oklahoma? Chicago?) devono sfruttare questo momento in cui sono i più esperti, i più profondi e più talentuosi fra le varie squadre rimaste in lizza.
Cuban e soci: se non ora, quando?
Max Giordan
segue l’NBA dal 1989, naviga in Internet dal 1996.
Play.it USA nasce dalla voglia di unire le 2 passioni e riunire in un’unico luogo “virtuale” i tanti appassionati di Sport Americani in Italia.
Email: giordan@playitusa.com
Temo purtroppo che sia già il momento di Miami, per quanto mi piacerebbe tantissimo vedere avanti squadre come Dallas e Atlanta.
Però la fine delle varie casate che hanno regnato fino ad ora credo che anticiperà il sorgere della prossima Heat Dinasty.
Sì, sono sicuramente dei play-off interessantissimi e che sembrano davvero certificare un ricambio generazionale. Manca solo che gli Heat battano i Celtics (cosa altamente probabile, secondo me) e tutto questo avverrà.
Chicago, Atlanta, Memphis, Oklahoma City sono tutte squadre giovani, capitanate da fuoriclasse che non hanno mai vinto nulla, ed in più c’è Miami che comunque ha le tre stelle che promettono di dominare quantomeno per un altro lustro. Staremo a vedere…
Più che ricambio generazionale questi playoff certificano la fine della NBA.
Di che cavolo stai parlando?? Fine di cosa, esattamente, Deng? :rolleyes:
Fine della “vecchia guardia”, piuttosto.
Mah, non capisco certi commenti.