History NHL History

Dalle sfide Canada-URSS al debutto di Patrick Roy

Gli anni ’70 saranno ricordati dagli appassionati di hockey su ghiaccio per le leggendarie sfide tra Canada e URSS, pagine fondamentali nella storia di questo sport; per la prima storica serie del 1972 ben sei Canadiens furono invitati ad indossare la maglia con la Foglia D’Acero: Ken Dryden, Serge Savard, Guy Lapointe, Yvan Cournoyer (uno degli eroi della squadra), Frank e Pete Mahovlich.

Il 31 dicembre 1975 gli Habs sfidarono al Forum il CSKA, la formazione leader della lega sovietica, all’interno della Super Series 76, otto incontri tra le migliori compagini della NHL e russe: i Canadiens dominarono per tutta la partita, collezionando ben 38 tiri contro i miseri 13 dei russi, ma tutto ciò non fu sufficiente per la vittoria, poiché Vladislav Tretiak parò praticamente tutto.

Il match si chiuse sul 3-3 e ancora oggi quella performance è considerata una delle migliori mai realizzate da un portiere: al termine della partita Scotty Bowman affermò di essere orgoglioso dei suoi giocatori, confessando che Tretiak era praticamente imbattibile; forse l’unica delusione di quella partita fu Ken Dryden, che, tuttavia, non brillò mai nelle sfide contro i Sovietici.

Vladislav Tretiak, invece, fu sempre protagonista durante quei memorabili incontri, esaltandosi proprio nelle sfide giocate al Forum: gara 1 della serie del 1972, la partita contro gli Habs della Super Series, la finale di Canada Cup del 1981; Tretiak era diventato il simbolo degli avversari sovietici, ma con il passare del tempo i tifosi canadesi (in particolare quelli di Montreal) si innamorarono di questo leggendario portiere, facendo segretamente il tifo per lui.

Negli anni ’80 la dirigenza dei Canadiens cercò in tutti i modi di ingaggiare Tretiak, il quale aveva oltretutto confermato il suo interesse per la Stanley Cup, unico trofeo che mancava nella sua illustrissima carriera. Purtroppo il regime comunista riuscì ad impedire il trasferimento e Tretiak, costretto tra l’altro a smentire le sue dichiarazioni favorevoli alla NHL, dovette ritirarsi senza aver potuto giocare in Nord America.

In seguito alla vittoria nella Stanley Cup del 1979, Scotty Bowman lasciò la panchina degli Habs, dopo aver accettato le offerte dei Buffalo Sabres, che lo ingaggiarono come coach e general manager; da quel momento gli Habs, pur rimanendo una squadra temuta e rispettata, persero la loro immagine di dominatori della NHL e si può tranquillamente affermare che l’epopea dei Flying Frenchmen si chiuse con l’inizio degli anni ’80.

La nuova decade, infatti, vide l’ascesa di due altre dinastie, i New York Islanders di Denis Potvin e Mike Bossy, che completarono una quaterna tra il 1980 e il 1983, e i meravigliosi Edmonton Oilers di Wayne Gretzky, Mark Messier e Jari Kurri.

Ritornando alle stagioni gloriose dei Canadiens, possiamo affermare che una delle più fiere rivali di Montreal fu Boston, che, a causa delle numerose sconfitte consecutive sofferte nei playoff, soffriva di un complesso nei confronti degli Habs; sicuramente la delusione più cocente avvenne nel 1979, quando le due formazioni si affrontarono nella semifinale per la Stanley Cup.

Dopo sei partite, la situazione era di parità (tutti successi interni) e la settima gara in Quebec avrebbe determinato la sfidante dei New York Rangers (vittoriosi sui New York Islanders nell’altra semifinale) per la Stanley Cup: i Bruins iniziarono il terzo periodo sul 3-1 a proprio favore, ma gli Habs riuscirono a pareggiare; quando, però, Rick Middleton segnò il 4-3, gli spettatori del Forum furono improvvisamente zittiti.

I Canadiens erano destinati all’eliminazione, ma un’incredibile e assurda penalità contro Boston per “troppi uomini sul ghiaccio” regalò a Montreal un Power Play: Guy Lafleur pareggiò la partita, sfruttando la superiorità numerica e Yvon Lambert, al 9:33 del supplementare, condannò definitivamente i Bruins.


La rete di Yvon Lambert contro Boston nel 1979

Nel 1979 la World Hockey Association, la lega ribelle degli anni ’70, fu sciolta, ma quattro squadre appartenenti a quella organizzazione furono inserite nella NHL: gli Hartford Whalers, gli Edmonton Oilers, i Winnipeg Jets e i Quebec Nordiques; proprio tra Nordiques e Canadiens nacque una rivalità che portò a degli scontri e battaglie incandescenti.

Nonostante fosse scontato che tra le due squadre e tifoserie del Quebec non sarebbe potuto correre buon sangue, pochi avrebbero immaginato cosa sarebbe successo: ogni volta che Nordiques e Canadiens si affrontavano, la temperatura si alzava e coinvolgeva giocatori e tifosi, provocando spesso zuffe, risse e tafferugli, ma anche partite altamente spettacolari.

Negli anni ’70, invece, la rivalità tra Montreal e Toronto perse leggermente di forza, a causa dei numerosi realignment che spostarono le due formazioni in division e conference diverse: nel 1998 fu preparato lo schema adesso in vigore, permettendo a Toronto e Montreal di poter finalmente ritornare nello stesso raggruppamento (North-East Division), dopo oltre vent’anni; ciononostante la dura rivalità di un tempo non potrà essere ricreata, anche perché dopo la serie finale del 1967 le due formazioni non si scontrarono più nella post-season.

Nel 1985, in occasione del 75esimo anniversario dei Montreal Canadiens, fu preparato un sondaggio tra i tifosi per selezionare un ipotetico Dream Team; questi furono i giocatori scelti dagli appassionati:

– Jacques Plante (portiere)
– Doug Harvey (difensore)
– Larry Robinson (difensore)
– Maurice Richard (ala destra)
– Jean Beliveau (centro)
– Dickie Moore (ala sinistra)
– Hector Toe Blake (coach)

Come detto in precedenza, questa decade non vide il dominio dei Canadiens, tuttavia gli Habs si dimostrarono sempre una squadra pericolosa: il giocatore simbolo di Montreal negli anni ’80 fu ovviamente Patrick Roy.

Patrick Roy era nato il 5 ottobre 1965 e, essendo originario di Quebec City, era sempre stato un tifoso dei Nordiques; dopo alcune buoni stagioni nelle leghe minori, Roy fu selezionato nel 1984 dai Canadiens, squadra da lui sempre detestata.

Il 23 febbraio 1985 Roy fece il suo debutto ufficiale con gli Habs, dimostrando grande abilità e sicurezza, ciononostante Patrick fu trasferito ai Sherbroke Canadiens della AHL per fare esperienza; immediatamente i tecnici notarono in lui una caratteristica eccezionale: sapeva rendere al meglio nelle partite decisive.

Qualche mese dopo Roy fu chiamato al training camp della prima squadra, ma questa volta il tecnico Jean Perron decise di trattenerlo; nella sua annata da rookie Patrick giocò 47 partite con 23 vittorie ed una media di 3.35, numeri eccellenti per un ventenne.

Tuttavia i successi non erano finiti, poiché il coach decise di nominarlo portiere titolare per gli imminenti playoff: nella post-season Roy si rivelò un’autentica saracinesca, portando i Canadiens alla finale di Stanley Cup contro i Calgary Flames; Montreal riuscì a prevalere un’altra volta e Roy ricevette un meritatissimo (quanto inaspettato solo qualche mese prima) Conn Smythe Trophy.

Roy diventò l’eroe popolare, meritandosi l’appellativo di St. Patrick; ora il giovane fuoriclasse avrebbe dovuto dimostrare negli anni successivi che i riconoscimenti non erano casuali, ma Roy non deluse mai, meritandosi in tre occasioni il Vezina Trophy.


Il grande Patrick Roy

La squadra del 1986 non era paragonabile a quella fantastica degli anni ’70, tuttavia era formata da diversi giocatori interessanti, primo fra tutti Claude Lemieux, rookie durante la stagione coronata dalla 23esima Stanley Cup: sebbene sia considerato da molti critici uno dei più sporchi giocatori (se non proprio il più sporco) nell’intera storia della NHL, Lemieux è l’ottavo miglior marcatore nella storia dei playoff, davanti anche all’omonimo Super Mario (nessun legame di parentela).

Claude in stagione regolare giocò solamente dieci partite, ma durante la post-season fu impiegato a tempo pieno, realizzando, in venti incontri, dieci reti, di cui quattro decisive, e 16 punti: i game-winning goals nei playoff sono uno dei marchi di fabbrica di Lemiuex, infatti, nella speciale classica è secondo solo a Wayne Gretzky; Lemieux rimase a Montreal per altre quattro stagioni prima di essere scambiato con i New Jersey Devils.

Nel roster del 1986 vanno menzionati anche il vecchio Larry Robinson, il capitano Bob Gainey, Chris Chelios, lo svedese Mats Naslund (primo europeo ingaggiato da Montreal) e Guy Carbonneau, tutti ottimi giocatori ma, a parte Roy e il giovane Chelios, non superstar.

Gli Habs tornarono in finale tre anni dopo, dove ad attenderli c’erano ancora i Calgary Flames di Al MacInnis e Lanny McDonald: purtroppo i Canadiens furono sconfitti in sei partite e fu veramente dolce per i Flames conquistare la Stanley Cup sul ghiaccio del Forum (mai nessun’altra squadra c’era riuscita); quella fu la settima sconfitta per Montreal nella serie finale, la prima dal 1967.

Anche negli anni ’80 la rivalità tra Habs e Bruins fu molto aspra e carica di emozioni: per cinque stagioni consecutive a partire dal 1984 le due nemiche s’incontrarono nei playoff, con quattro vittorie canadesi nelle prime quattro sfide; nel 1988 gli Habs dovettero cedere a Boston che, finalmente, poté gioire di un successo su Montreal dopo anni di delusioni.

Continua a leggere

History NHL History

Canadiens – Gli anni ’90 e il nuovo millennio

Il 1993 era una stagione molto affascinante per l’hockey su ghiaccio, poiché si festeggiava il centesimo anniversario della Stanley Cup, il trofeo consegnato da Lord Stanley un secolo prima alla Montreal AAA; sarebbe stato bello per gli Habs, guidati da Jacques Demers, celebrare degnamente quell’evento, ma la regular season non fu completamente soddisfacente: la qualificazione ai playoff era stata raggiunta, ma pochi pronosticavano una vittoria finale.

Il primo turno li vedeva di fronte agli arci-rivali dei Quebec Nordiques, i quali si aggiudicarono gara 1 (in overtime) e gara 2; i Canadiens sfruttarono le partite interne vincendo il terzo (ai supplementari) e il quarto confronto: ora la quinta sfida, da disputarsi a Quebec City, sarebbe stata fondamentale.

Dopo 60 minuti il punteggio era di 4-4, ma Montreal riuscì a segnare il gol decisivo nel prolungamento: la serie era segnata e gli Habs si qualificarono per il secondo turno, dove i Buffalo Sabres erano pronti a sfidarli; grazie a tre vittorie in overtime, gli Habs superarono i rivali 4-0, conquistando il titolo della Adams Division. La finale della Eastern Conference, giocata contro i New York Islanders, fu vinta da Montreal 4-1, ma sia gara 3 sia gara 4 furono risolte in overtime.

Gli Habs erano pronti a contendersi l’ennesima Stanley Cup, dimostrandosi molto confidenti e sicuri, nonostante dall’altra parte ci fossero i Los Angeles Kings del signor Wayne Gretzky: in verità i Californiani partirono alla grande, aggiudicandosi la prima sfida al Montreal Forum e prendendo un vantaggio iniziale nella seconda; gli Habs reagirono e, dopo la squalifica assegnata a Marty McSorley per mazza illegale, rimontarono, vincendo l’incontro al supplementare.

La serie si spostò al Forum di Los Angeles, ma i Canadiens erano lanciati: tutte due le partite finirono in overtime, ma i Kings furono ancora battuti; sul 3-1, la serie tornò in Canada e gli Habs chiusero il conto definitivamente.

I Montreal Canadiens in tutta la post-season avevano vinto dieci partite in overtime, stabilendo un record probabilmente imbattibile, ma cosa più importante si erano aggiudicati la 24esima Coppa (e il 25esimo titolo NHL) della loro illustre storia; il centesimo anniversario del trofeo di Lord Stanley non poteva avere migliore celebrazione. Inoltre i Canadiens, staccando di due lunghezze i New York Yankees, potevano dichiararsi a ragione la squadra più vincente nella storia dello sport nordamericano.

L’eroe indiscusso di quella formazione fu certamente il leggendario Patrick Roy, premiato meritatamente con il Conn Smythe Trophy; Roy era l’unico giocatore di grido presente nel roster, sicuramente di qualità inferiore se confrontato con quello di sette anni prima: i contributi di Guy Carbonneau, Vincent Damphousse, Eric Desjardins e Brian LeClair furono importanti, ma nessuno avrebbe scommesso un centesimo sulla vittoria finale di Montreal.


Patrick Roy alza la 24esima Stanley Cup

(Nella seconda metà degli anni ’90, i New York Yankees conquistarono 4 World Series, raggiungendo quota 26 nella classifica totale: i Montreal Canadiens, quindi, furono relegati in seconda posizione).

Tuttavia dopo quel successo i Canadiens lasciarono definitivamente le posizioni nobili della NHL, anche se il discorso andrebbe allungato a tutte le squadre della Foglia D’Acero: le innumerevoli disparità economiche con le squadre americane contribuirono enormemente al declino delle formazioni canadesi; inoltre due franchigie, i Winnipeg Jets e proprio i Quebec Nordiques, furono trasferite negli USA, diventando i Phoenix Coyotes e i Colorado Avalanche, mentre gli Oilers rimasero ad Edmonton con enormi difficoltà.

La stagione ridotta del 1995 fu molto triste per i Canadiens, che, per la prima volta dal 1970, non si qualificarono per la post-season; qualche mese più tardi, invece, si materializzò il divorzio di Patrick Roy, che, dopo uno scontro con il tecnico Mario Tremblay e la dirigenza, fu ceduto proprio ai Colorado Avalanche: in una partita contro i Red Wings persa 12-1, Roy aveva incassato nove gol di Detroit prima di essere sostituito.

Roy non accettò questo affronto e accusò pesantemente tutto lo staff tecnico e dirigenziale di Montreal, chiedendo apertamente il trasferimento: a Denver Roy ritrovò Claude Lemieux, contribuendo insieme al successo in una nuova Stanley Cup; tuttavia i tifosi degli Habs, sempre leali con i loro beniamini, non serbarono rancore nei confronti di Roy, quando tornò a Montreal da avversario.

Il momento più commovente degli anni ’90 si verificò l’11 marzo 1996, quando i Canadiens si esibirono al Forum per l’ultima volta: la vittoria per 4-1 contro i Dallas Stars salutò definitivamente il leggendario impianto, diventato indubbiamente il tempio dell’hockey su ghiaccio; cinque giorni dopo, contro i New York Rangers, fu aperto il moderno Molson Centre (ora Bell Centre), privo però della magia e della tradizione. Nel vecchio Forum, tra l’altro, erano presenti i fantasmi dei giocatori passati, che in moltissime occasioni aiutarono i Canadiens a vincere le partite più improbabili: almeno così si dice a Montreal!

Ma il vero evento che sconvolse l’intero Canada fu la morte, al termine di una lunga malattia, di Maurice Richard il 27 maggio 2000: il Rocket aveva 78 anni, ma era ancora venerato come un dio da tutti gli appassionati; s’ipotizza che oltre centomila persone si siano recate al Molson Centre per rendere omaggio alla salma di Richard, un vero eroe nazionale.

Cosa si possono aspettare i Montreal Canadiens del nuovo millennio? Sarà in grado George N. Gillett Jr, che nel 2001 ha acquistato l’80,1% della proprietà dalla Molson Inc, di riportare gli Habs al vertice della NHL?

Queste domande sono molto difficili: la stagione 2001-02 è stata indubbiamente positiva, coronata dall’ingresso ai playoff e dal passaggio al secondo turno.

Il capitano, il finlandese Saku Koivu, è rientrato in squadra dopo una brutta malattia, mentre Jose Theodore è stato premiato sia con il Vezina Trophy, sia con l’Hart Trophy: la grandissima tradizione di portieri degli Habs, che parte proprio da Georges Vezina e prosegue con George Hainsworth, Bill Durnam, Jacques Plante, Ken Dryden e Patrick Roy, potrà sicuramente continuare; Theodore, inoltre, è l’ennesima dimostrazione di come il Quebec sia la patria dei portieri.

Purtroppo l’annata successiva è stata alquanto deludente, coronata dal licenziamento del coach Michel Therrien in favore di Claude Julien; tuttavia con l’arrivo di Bob Gainey in qualità di GM si stanno notando dei miglioramenti e forse gli Habs dovrebbero aver lasciato alle spalle il periodo difficile.

I tifosi di Montreal sognano di rivedere i propri idoli in cima alla NHL, ma forse non solo loro: i Canadiens con la loro tradizione e il loro fascino hanno coinvolto anche i sostenitori delle altre squadre (a parte quelli dei Bruins e dei Nordiques), che, nel profondo del loro cuore, sperano che gli Habs possano tornare ad essere i dominatori dell’hockey su ghiaccio.

Fonti dell’articolo:

Site Web Officiel / Official Web Site – Canadiens de Montreal
GOHABS.COM – Your Web Connection to Canadiens Hockey
HABS.COM – The Habs Page
Legends of Hockey
HockeySandwich.com
Maurice “The Rocket” Richard

Total Hockey, the Official Encyclopedia of the NHL (Second Edition), Total Sports Publications, Kingston, New York 1998, 2000

Continua a leggere

History NHL History

The 1972 Summit Series (Part I)

Il settembre del 1972 è un mese che sarà per sempre ricordato dagli appassionati di hockey su ghiaccio: chi potrà mai dimenticare la serie di otto partite giocate tra la nazionale canadese (formata dai professionisti della NHL) e quella sovietica?

Da oltre vent’anni la CCCP dominava il palcoscenico internazionale (Mondiali e Olimpiadi), vincendo medaglie d’oro a ripetizione, tuttavia i Maestri Canadesi non ne erano molto impressionati: quei successi, infatti, erano avvenuti in competizioni amatoriali, in cui ai Nordamericani era proibito utilizzare i loro migliori giocatori, poiché professionisti nella NHL; la serie del 1972, organizzata dopo numerosi meeting tra i delegati della NHL e della IIHF, sarebbe stata un’occasione unica per dimostrare chi fosse veramente il più forte.

I dirigenti della NHL prepararono una squadra carica di stelle, le quali avrebbero dovuto dimostrare che il livello dell’hockey canadese era nettamente superiore al resto del mondo: la panchina fu assegnata ad Harry Sinden (coach dei Bruins, vincitori della Stanley Cup nel 1970), che poté disporre di alcuni dei più grandi campioni della storia, come ad esempio Phil Esposito (Boston Bruins), Ken Dryden, Yvan Cournoyer, Serge Savard, i fratelli Frank e Peter Mahovlich (Montreal Canadiens), Bobby Clarke (Philadelphia Flyers), Stan Mikita, Tony Esposito (Chicago Black Hawks), Brad Park (New York Rangers), Gary Bergman (Detroit Red Wings); nel roster erano presenti anche i giovanissimi talenti Marcel Dionne e Gilbert Perreault, comunque poco utilizzati. I Montreal Canadiens furono la squadra più rappresentata con sei giocatori presenti nel roster.

Purtroppo Sinden dovette rinunciare a due importanti giocatori come Bobby Orr e Bobby Hull: Orr, il mitico difensore di Boston, fu vittima di un infortunio al ginocchio, ma sebbene impossibilitato a giocare, fu ad ogni modo convocato. Diversa fu la ragione della rinuncia a Hull, il celebre attaccante dei Chicago Black Hawks, che, avendo accettato le offerte milionarie dei Winnipeg Jets della World Hockey Association, risultò ineleggibile per la serie.

Anche i Sovietici dovettero fare delle rinunce dolorose: a causa di contrasti con i dirigenti, i coach Anatoly Tarasov e Arkady Chernishev furono sollevati dall’incarico e sostituiti da Vsevolod Bobrov e Boris Kulagin; per esprimere la propria solidarietà ai vecchi tecnici, Anatoly Firsov, una delle più grandi stelle dell’hockey russo, rifiutò la convocazione.

Tutto comunque era pronto per la serie, composta di otto partite, quattro in Canada (Montreal, Toronto, Winnipeg, Vancouver) e quattro a Mosca, da giocare con il regolamento della IIHF: tra le curiosità più interessanti, possiamo notare il terzo periodo, suddiviso in due frazioni da 10 minuti l’uno, in cui le due formazioni effettuavano il cambio di campo.

Alla vigilia di Gara 1, tutti i principali osservatori nordamericani prevedevano una facile vittoria canadese: molti di loro ritenevano un 8-0 complessivo il risultato più probabile, mentre i meno ottimisti ipotizzarono una sconfitta a Mosca. Nessuno (a parte qualche sparuto giornalista) dava la minima possibilità ai Sovietici: come potevano questi giocatori con il caschetto competere contro i professionisti della NHL?

(Soltanto negli anni ’80, la NHL impose l’uso del caschetto: tuttavia chi aveva debuttato nelle stagioni precedenti, ed era abituato a giocare senza protezione per la testa, non era obbligato ad indossarlo.Craig MacTavish, che iniziò la carriera nel 1979 e la finì nel 1997, fu l’ultimo giocatore della NHL senza caschetto)

Inoltre, come potevano pensare di difendersi dagli attacchi canadesi schierando in porta il ventenne Vladislav Tretiak? Gli osservatori dei Toronto Maple Leafs, Bob Davidson e Johnny McLellan, erano stati inviati a Mosca per visionare gli allenamenti e le partite dei russi e in uno di questi incontri, Tretiak aveva subito otto gol: i due scout riferirono che il giovane portiere era molto insicuro e non dava assolutamente sicurezza alla propria squadra.

Sfortunatamente nessuno raccontò a Davidson e McLellan che Tretiak era in procinto di sposarsi e che quindi non aveva giocato con la dovuta concentrazione; molti critici sostengono, invece, che avesse incassato di proposito quei gol (ovviamente su richiesta dei tecnici) per ingannare i due osservatori.

Il 2 settembre 1972 gli spettatori del Montreal Forum, forse il tempio più sacro dell’hockey mondiale, erano pronti alla grande sfida: il palazzo era stracolmo e l’attesa si faceva sempre più intensa, ciononostante un palese ottimismo era presente sia tra i giocatori e tecnici, sia tra i tifosi.

Nonostante fossero chiaramente sfavoriti, i Sovietici erano tranquilli e sicuri, anche se molti di loro avevano espresso la loro ammirazione per i celeberrimi fuoriclasse nordamericani, famosi anche in Europa. Tuttavia, per caricare i propri atleti, Bobrov raccontò loro un aneddoto sul primo scontro tra Canada e URSS, avvenuto ai Mondiali del 1954: il giorno precedente alla gara, un quotidiano pubblicò un disegno in cui Bobrov era ritratto come uno scolaretto, intento ad ascoltare una lezione sull’hockey tenuta da un giocatore canadese; osservando quella vignetta Bobrov e i suoi compagni si arrabbiarono molto, tanto che, il giorno dopo, spazzarono via i Canadesi 7-2.

Inoltre, poco prima di scendere sul ghiaccio, i giocatori sovietici ricevettero la piacevole visita di Jacques Plante: il celebre portiere dei Canadiens si soffermò qualche momento con Tretiak, spiegandogli le caratteristiche dei principali attaccanti nordamericani.

Prima dell’inizio della partita fu effettuata una cerimonia d’apertura, cui partecipò anche il Primo Ministro Canadese Pierre Trudeau: dopo la presentazione di ogni singolo giocatore, i capitani delle due squadre (Phil Esposito, Jean Ratelle e Frank Mahovlich per il Canada, Viktor Kuzkin, Alexander Ragulin, Vladimir Vikulov per l’Unione Sovietica) furono invitati al centro della superficie di gioco per lo scambio di gagliardetti e presenti. Successivamente al Premier Trudeau fu concesso l’onore di effettuare il primo face-off della sfida, cui parteciparono Vikulov e Esposito: il capitano canadese vinse il simbolico ingaggio, provocando un’ovazione del pubblico, anche se va rimarcato che il giocatore russo si disinteressò completamente del cerimoniale, lasciando la gloria al suo avversario!

Eseguiti gli inni nazionali, l’incontro poté finalmente cominciare con l’ingaggio (questa volta vero) tra Phil Esposito e Vladimir Petrov; prima di iniziare il racconto della partita, è molto interessante analizzare le combinazioni offensive preparate dai tecnici delle due squadre: per Gara 1, Sinden schierò Yvan Cournoyer, Phil Esposito e Frank Mahovlich in prima linea, Ron Ellis, Bobby Clarke e Paul Henderson (ricordiamoci questo nome) in seconda, Rod Gilbert, Jean Ratelle e Dennis Hull in terza; tuttavia nel prosieguo della serie, Sinden effettuò numerosi cambiamenti.

Ugualmente interessanti furono le soluzioni presentate da Bobrov e Kulagin: per le Olimpiadi di Sapporo di qualche mese prima, Tarasov aveva voluto provare nuove combinazioni, inserendo Valery Kharlamov (che da qualche anno giocava con Boris Mikhailov e Vladimir Petrov) assieme ad Anatoly Firsov e Vladimir Vikulov; dopo l’abbandono di Tarasov e Firsov, i due nuovi allenatori continuarono con questi “esperimenti”, anche se fu necessaria qualche modifica.

La prima linea offensiva fu essenzialmente fu composta da Boris Mikhailov, Vladimir Petrov e Yuri Blinov, la seconda comprendeva Valery Kharlamov, Alexander Maltsev e Vladimir Vikulov, mentre i due rappresentanti dello Spartak Mosca, Alexander Yakushev e Vladimir Shadrin, furono sempre inseriti nella medesima linea; anche se durante la Serie Bobrov e Kulagin provarono soluzioni differenti, Kharlamov non fu (quasi) mai accoppiato a Mikhailov e Petrov.

Le fasi iniziali della Summit Series furono chiaramente favorevoli per il Canada, che dopo soli 30 secondi si portò in vantaggio grazie a Phil Esposito, mentre al settimo minuto Paul Henderson raddoppiò: le previsioni erano state rispettate e tutti immaginarono una goleada.

Purtroppo per i Canadesi, i successi iniziali si dimostrarono dei fuochi di paglia: i Sovietici erano troppo esperti per arrendersi e gradualmente rientrarono in partita, accorciando le distanze con Yevgeny Zimin, che batté il portiere Dryden; il gol fu la degna conclusione di una meravigliosa serie di passaggi che lasciarono i Canadesi assolutamente disorientati. Quando sul finire del primo tempo Vladimir Petrov pareggiò, sfruttando assieme a Mikhailov un velocissimo contropiede in inferiorità numerica, tutti i presenti si accorsero che qualcosa d’imprevisto stava per accadere.

Negli spogliatoi, i Canadesi erano piuttosto preoccupati: la velocità e la preparazione dei Sovietici, oltre ad un modo di giocare molto inusuale per i professionisti della NHL, li avevano messi in gravissima difficoltà; tutti temevano per il peggio. E così avvenne: Valery Kharlamov si presentò al pubblico di Montreal con due reti magnifiche che lasciarono tutti senza parole; descriviamo brevemente le due segnature.

– Primo gol:
Con un magnifico movimento dietro la propria linea di porta, Alexander Maltsev prende possesso del puck e lo passa Kharlamov all’interno del terzo difensivo sovietico; Valery entra nel terzo canadese, dove, pronti a contrastarlo, ci sono Don Awrey e Rod Seiling: Kharlamov finta di andare all’interno, ma invece decide di aggirare i due difensori all’esterno. Nonostante il tuffo disperato di Awrey, Dryden è battuto.

Sulla panchina canadese lo stupore è palpabile: Sinden affermerà in seguito di non aver mai visto un attaccante in grado di liberarsi di due difensori NHL in quella maniera.

– Secondo gol:
Ingaggio all’altezza della linea blu, nella metà campo sovietica: Maltsev conquista il puck e lo passa a Kharlamov, che scatta in avanti. Superata la zona centrale del campo, entra nel terzo canadese, spostandosi sulla sinistra: giunto all’altezza del cerchio dell’ingaggio, lascia partire una sassata che non dà scampo a Dryden; “vittima” dell’azione di Kharlamov fu Rod Seiling, ottimo difensore dei New York Rangers, beffato senza pietà dalle finte del giocatore russo.

Nonostante il gol di Bobby Clarke (capitano dei Philadelphia Flyers e famoso per il suo sorriso senza denti) in apertura di terzo periodo, la partita era in mano ai Sovietici, che la chiusero definitivamente con le magnifiche reti di Boris Mikhailov, Yevgeny Zimin e Alexander Yakushev. L’imprevedibile era accaduto: il Canada aveva perso! I Sovietici avevano dimostrato una condizione fisica perfetta, sorprendendo tutti gli addetti ai lavori.

Finita la partita, scoppiarono le polemiche: dopo la sirena conclusiva, infatti, i giocatori russi si erano fermati sul ghiaccio per la tradizionale stretta di mano con i giocatori dell’altra squadra, ma i Canadesi si diressero immediatamente verso gli spogliatoi, creando un certo imbarazzo nei loro avversari. I critici sovietici si scagliarono contro i Nordamericani, accusandoli di poca sportività, mentre questi ultimi si difesero, affermando che nelle partite NHL non esisteva la tradizione della stretta di mano: lo avessero saputo, non avrebbero avuto problemi a fermarsi sul ghiaccio.

Risultato finale: Canada – URSS 3 – 7
Serie: Canada – URSS 0 – 1

Il 4 settembre al Maple Leaf Garden di Toronto era in programma gara 2, in cui i Canadesi, sbalorditi dall’esito della prima sfida, erano desiderosi di riprendersi la rivincita. La tattica della partita era molto semplice: imporre un gioco duro e fisico ed evitare che i Sovietici facessero sfoggio delle loro indubbie qualità tecniche; per applicare al meglio questo schema, Sinden effettuò qualche modifica al proprio line-up. Inoltre, l’utilizzo di Tony Esposito (fratello di Phil) a difesa della gabbia canadese si dimostrò una mossa estremamente azzeccata: Dryden aveva deluso nella prima partita, mentre Esposito si rivelò una garanzia: alcuni pregevoli interventi salvarono il risultato per la Foglia D’Acero, che in caso di sconfitta sarebbe sprofondata in una situazione complicata.

Il primo tempo si chiuse senza reti, ma nel secondo periodo, i Canadesi assunsero il comando, portandosi in vantaggio con Phil Esposito, per poi raddoppiare con Yvan Cournoyer nella frazione conclusiva; approfittando di un Power Play, Yakushev ridusse le distanze per l’Unione Sovietica, alla quale poco dopo fu concessa un’ulteriore superiorità numerica: l’URSS avrebbe potuto pareggiare, tuttavia Peter Mahovlich, in penalty killing, realizzò una magnifica rete, che spense le speranze dei giocatori russi. Pochi minuti dopo, Frank Mahovlich chiuse la contesa con il gol del definitivo 4-1.

Risultato finale: Canada – URSS 4 – 1
Serie: Canada – URSS 1 – 1

Il 6 settembre Winnipeg era pronta per ospitare la terza partita: i Canadesi erano molto sicuri poiché, registrando la difesa e attuando un gioco fisico, avevano messo in chiara difficoltà gli avversari; inoltre la presenza di Tony Esposito, confermato anche per Gara 3, a difesa della gabbia offriva numerose garanzie.

I Sovietici, in ogni caso, erano tranquilli, anche perché sapevano di aver ricevuto il rispetto che meritavano: ormai tutti i critici nordamericani avevano già imparato ad elogiare ed apprezzare il loro stile. Per la terza partita, Bobrov e Kulagin presentarono delle modifiche al loro lineup, dovute anche all’infortunio occorso a Yevgeny Zimin, il quale non sarebbe più stato utilizzato nella serie: la prima linea fu composta da Mikhailov, Maltsev e Kharlamov, la seconda da Yakushev, Shadrin e Solodukhin, la terza da Lebedev, Anisin e Bodunov; l’età di questi ultimi tre giocatori era di ventuno anni, quindi la loro linea fu soprannominata The Kid Line. Nonostante un gol in penalty killing, che pareggiò il gol iniziale di Jean Paul Parisé, Vladimir Petrov raramente fu utilizzato dai tecnici russi.

Al termine del primo tempo, il tabellone segnava 2-1 in favore dei Canadesi, che avevano sostanzialmente dominato e avrebbero potuto trovare altre reti; all’inizio del secondo periodo, Phil Esposito segnò il 3-1 e quando al 13:47, Henderson realizzò il 4-2 (dopo il fantastico gol di Kharlamov in inferiorità numerica), gli osservatori erano convinti di una vittoria per i professionisti della NHL: invece, mentre la seconda frazione era prossima al termine, la Kid Line salì in cattedra, impattando il punteggio sul 4-4.

Negli ultimi venti minuti di gioco, nessuna squadra riuscì a marcare, di conseguenza la partita finì in pareggio, poiché non erano previsti i tempi supplementari; tuttavia, gli spettatori avevano assistito ad un evidente calo canadese, di cui l’URSS non seppe approfittare: fossero stati più grintosi e determinati, i Sovietici avrebbero potuto vincere, anche se vanno ricordati alcuni ottimi interventi di Esposito che salvarono il risultato.

Curiosità: negli ultimi secondi della partita, Mikhailov, Petrov e Kharlamov furono inseriti per la prima volta nella stessa linea.

Risultato finale: Canada – URSS 4 – 4
Serie: Canada – URSS 1 – 1 (1 pareggio)

L’8 settembre a Vancouver si assistette alla quarta sfida, l’ultima in programma in Canada: Harry Sinden decise di inserire Dryden in porta, nonostante le ottime prestazioni di Esposito. Il primo faceoff vide contemporaneamente sul ghiaccio Mikhailov, Petrov e Kharlamov, anche se questa combinazione fu utilizzata solo per uno shift: come in gara 1, Mikhailov e Petrov furono accoppiati a Yuri Blinov, mentre Kharlamov giocò insieme a Maltsev e Vikulov. La Kid Line disputò molti minuti nel primo periodo, mentre nelle frazioni successive, grande spazio fu concesso a Shadrin e Yakushev.

In questo confronto i Sovietici non lasciarono scampo agli avversari, prendendo l’iniziativa fino dal face-off iniziale: anche se il risultato finale fu più contenuto rispetto a Gara 1, il quarto incontro fu il vero simbolo della supremazia sovietica per quanto riguarda la prima fase della Summit Series. I giocatori canadesi, vista la precaria condizione fisica, non ebbero scampo contro la corazzata sovietica, che in meno di otto minuti si portò sul 2-0, segnando due reti praticamente identiche:

– Penalità di Bill Goldsworthy
– Power Play per l’URSS
– Tiro di Lutchenko
– Deviazione vincente di Mikhailov.

Nel secondo tempo, Perreault accorciò le distanze, segnando il 2-1, che sembrò dare una nuova linfa alla compagine canadese: i giocatori nordamericani si scagliarono verso la porta avversaria, ma dopo un paio di ottimi interventi da parte di Tretiak, Blinov e Vikulov aumentarono il bottino per l’URSS, che chiuse il secondo periodo sul 4-1; per il Canada, da ricordare ci fu soltanto un gol annullato.

Nella frazione conclusiva, Bill Goldsworthy si fece perdonare per le due costose penalità, realizzando il 4-2, cui seguirono alcune buone occasioni salvate splendidamente da Tretiak; quando Shadrin segnò la quinta rete sovietica, la partita perse ogni interesse e il gol finale di Dennis Hull servì solo a fissare il punteggio sul 5-3. L’URSS aveva dominato in ogni fase del gioco: con 38 parate (21 nel terzo tempo), Tretiak aveva surclassato Dryden, che ancora una volta si dimostrò insicuro e non all’altezza della sua fama.

I tifosi sugli spalti non potevano credere ai propri occhi e, vista la grande delusione, iniziarono a fischiare (in realtà “BOOOare”) i propri beniamini. Scosso dalla reazione degli spettatori, il leader assoluto della squadra Phil Esposito pronunciò un discorso che, trasmesso dalla televisione, avrebbe risollevato il morale di un’intera nazione e avrebbe preparato la riscossa canadese: Esposito riconobbe l’estremo valore degli avversari, ma giurò che lui e i suoi compagni si stavano impegnando al massimo, onorando il proprio paese; la serie non si era ancora conclusa e mai nessuno di loro si sarebbe arreso.

Intanto negli spogliatoi sovietici, l’euforia era evidente: alcuni giocatori affermarono che tra i professionisti della NHL e i dilettanti europei le differenze erano nulle, mentre il vecchio Anatoly Tarasov commentò la prima parte della serie chiedendosi se gli atleti canadesi avessero potuto resistere per soli quindici minuti ai suoi durissimi allenamenti.

Risultato finale: Canada -URSS 3 – 5
Serie: Canada – URSS 1 – 2 (1 pareggio)

Continua a leggere

History NHL History

The 1972 Summit Series (Part II)

Prima dell’inizio di gara 5, fu programmato un intervallo di due settimane, che sarebbe risultato fondamentale nel proseguimento della serie: in questo lasso di tempo, i Canadesi riuscirono a migliorare la loro condizione fisica, ma soprattutto impararono a conoscersi dal punto di vista tecnico; non dimentichiamoci, infatti, che i Sovietici giocavano insieme da diverso tempo, a differenza dei professionisti NHL.

Il 16 e il 17 settembre, il Canada disputò a Stoccolma due partite contro una selezione svedese, vincendo la prima per 4-1 e pareggiando la seconda 4-4: al termine degli incontri, ci furono delle accuse reciproche tra le compagini, a causa del gioco eccessivamente duro eviolento; tuttavia, queste partite furono importanti perché abituarono i professionisti alla superficie europea (ricordiamoci che la superficie di gara della NHL è di dimensioni inferiori rispetto a quella della IIHF), oltre che rinsaldare lo spirito di squadra.

Intanto in Canada, nessuno aveva abbandonato i propri beniamini, nonostante la contestazione di Vancouver: i giocatori ricevettero numerosi telegrammi d’incitamente, mentre addirittura tremila appassionati intrapresero un viaggio a Mosca; il loro coro “Da, Da, Kanada! Nyet, Nyet, Soviet!” avrebbe raggiunto la popolarità in pochissimo tempo.

Tuttavia poco prima della ripresa delle ostilità si verificò un episodio controverso: quattro giocatori canadesi, Jocelyn Guevremont, Marcel Dionne, Richard Martin e Vic Hadfield, contrariati per lo scarso utilizzo durante le partite iniziali, decisero di lasciare il ritiro della squadra e di rimettersi al servizio delle proprie formazioni di provenienza.

L’arrivo in Russia fu alquanto traumatico per i Canadesi, sconvolti dalle terribili condizioni di vita nell’Unione Sovietica: oltre a ciò, i giocatori della Foglia D’Acero dovettero risiedere in alberghi tutt’altro che accoglienti, in cui erano continuamente disturbati da improbabili telefonate nel cuore della notte; tutti i Canadesi avvertirono chiaramente la sensazione di essere osservati e controllati.

Il 22 settembre alla Luzhniki Arena di Mosca era in programma gara 5, che si aprì su una nota divertente: durante l’introduzione dei giocatori, Phil Esposito scivolò sul ghiaccio, provocando le risate del pubblico. I Canadesi, confortati dal sostegno ricevuto, presero subito il comando della partita, giocando alla perfezione; alla fine del secondo tempo il tabellone segnava 3-0 a loro favore, mentre al quinto minuto del terzo periodo, Henderson segnò il secondo gol personale, portando i suoi sul 4-1. Quando ormai tutti gli osservatori erano convinti di una loro vittoria, i Canadesi improvvisamente crollarono, permettendo ai Sovietici di rovesciare la partita con quattro marcature in cinque minuti.

Risultato finale: URSS – Canada 5 – 4
Serie: Canada – URSS 1 – 3 (1 pareggio)

La situazione per i Canadesi era ormai compromessa: soltanto tre vittorie consecutive avrebbero permesso loro di aggiudicarsi la serie, ma ben pochi osservatori avrebbero potuto prevedere una rimonta; messi alle corde, i professionisti nordamericani rifiutarono la resa e, visto il miglioramento della forma fisica, erano consci che il risultato poteva essere ribaltato: la contesa non era ancora finita e mai nessuno avrebbe abbandonato o ceduto.

Fin dal primo ingaggio di gara 6, disputata il 24 settembre, i Canadesi giocarono con grinta e aggressività, sorprendendo i Sovietici, sicuramente non abituati a contatti fisici di tale durezza; tuttavia, questo stile non sembrò vincente, infatti, all’inizio del secondo tempo l’URSS trovò il vantaggio con Yuri Liapkin, su assist di Yakushev e Shadrin. In quel momento, molti osservatori previdero l’ennesimo successo russo, ma invece i Canadesi si risollevarono: tra il sesto e il settimo minuto, la Foglia D’Acero segnò con Hull, Cournoyer e Henderson, ribaltando completamente il punteggio.

Al 17:11, l’URSS accorciò le distanze, prima di poter disporre di una doppia superiorità numerica (5 contro 3) nei minuti finali del secondo tempo: i Sovietici sfiorarono la segnatura con Kharlamov, ma Dryden effettuò un salvataggio sulla linea che salvò il risultato, anche se forse quel disco aveva effettivamente superato la linea di porta. Nel terzo tempo, l’URSS si buttò in avanti alla ricerca del pareggio, ma Dryden finalmente offrì una prestazione degna della sua fama: la gara si chiuse sul 3-2 per il Canada, che ottenne la prima vittoria dopo la sfida di Toronto.

Purtroppo, la partita fu seguita da aspre polemiche, in cui le rispettive compagini si accusarono reciprocamente: i Canadesi protestarono veemente contro gli arbitri della Germania Ovest Josef Kompalla e Franz Baader, i quali avrebbero favorito l’URSS, fischiando 31 minuti di penalità ai Nordamericani, contro i miseri 4 ai Sovietici; fortunatamente il penalty killing canadese effettuò una prestazione eccezionale, riuscendo a bloccare il fortissimo Power Play russo. Inoltre, in alcune occasioni i direttori fischiarono contro i professionisti NHL degli offsides alquanto dubbi.

Tuttavia anche i Sovietici presentarono le loro critiche e recriminazioni, indirizzate principalmente a Bobby Clarke, il quale, con un con un colpo di bastone, aveva provocato una frattura alla caviglia di Valery Kharlamov: immediatamente si intuì che la scorrettezza di Clarke era stata volontaria (anni più tardi lo stesso giocatore confessò l’intenzionalità della propria azione), ma quella bastonata era l’unico sistema per fermare Kharlamov, che era diventato un vero incubo per i difensori canadesi; il fuoriclasse russo fu costretto a saltare gara 7, mentre il suo contributo nella partita conclusiva fu davvero limitato.

Risultato finale: URSS – Canada 2 – 3
Serie: Canada – URSS 2 – 3 (1 pareggio)

Il 26 settembre si disputò il settimo confronto di questa epica sfida: il morale dei Canadesi era molto alto, anche perché i Sovietici, battuti per la prima volta dopo gara 2, iniziarono ad avere paura; ormai, la compagine nordamericana si era trasformata da un insieme di stelle in una vera squadra ed era pronta a ribaltare le sorti della serie.

Anche in gara 7, il Canada continuò a giocare in modo aggressivo ed energico, aprendo le marcature con Phil Esposito; i Sovietici ribaltarono il risultato con le reti di Yakushev e Petrov, tuttavia il vantaggio non fu mantenuto, perché ancora Esposito pareggiò negli ultimi minuti del primo tempo.

Il secondo periodo si chiuse senza reti, ma i Sovietici rimpiansero di non avere concretizzato alcune occasioni favorevoli, infatti, nella terza frazione il Canada tornò in testa grazie a Rod Gilbert; l’URSS pareggiò con Yakushev, per poi spingersi in attacco per cercare la marcatura del vantaggio, ma Tony Esposito effettuò alcune eccellenti parate.

A poco più di tre minuti dalla fine accadde un episodio molto spiacevole quando Boris Mikhailov, in seguito ad una dura carica, iniziò a calciare ripetutamente con i pattini Gary Bergman: nonostante un vistoso taglio alla tibia, il difensore canadese reagì, scatenando una rissa che fortunatamente fu bloccata sul nascere. I Sovietici, tuttavia, rimasero scossi dall’accaduto e il Canada ne seppe approfittare: a due minuti dal termine, Paul Henderson, ricevuto il puck da Serge Savard, si trovò davanti due difensori avversari e, liberatosi della doppia marcatura, trafisse Tretiak, regalando al Canada la vittoria del 3-3.

Risultato finale: URSS – Canada 3 – 4
Serie: Canada – URSS 3 – 3 (1 pareggio)

Il 28 settembre 1972 è una data che sarà per sempre ricordata dagli appassionati di hockey: il giorno della verità era finalmente arrivato e tutta la Nazione della Foglia D’Acero si strinse intorno ai propri giocatori, tanto che in pochissime altre occasioni fu così unita e compatta; ogni radio e televisore era sintonizzato sulle emittenti che trasmettevano l’incontro, mentre scuole, negozi, uffici furono chiusi per permettere a tutti di vivere le emozioni della partita. Ormai la serie era diventata molto più di un semplice evento sportivo: a causa della Guerra Fredda tra URSS e Occidente, che aveva chiaramente acceso gli animi, la Summit Series si era trasformata in uno scontro tra due società, tra due mondi rivali.

La serie era sul 3-3, ma i Sovietici avrebbero reclamato la vittoria finale in caso di pareggio nell’ultima partita: nel computo totale delle sfide, infatti, i Russi avevano realizzato più gol, quindi i Canadesi, nonostante l’inerzia a proprio favore, erano obbligati a vincere.

Fin da subito però, i massimi dirigenti dell’URSS cercarono di “truccare” la partita: gli arbitri designati a dirigere l’incontro, lo svedese Uve Dahlberg e il ceco Rudy Bata, furono misteriosamente sostituiti da Kompalla e Baader, autori di una discussa prestazione in gara 6. La delegazione canadese si ribellò, minacciando addirittura un ritiro se la coppia tedesca fosse stata designata; alla fine fu firmata una “tregua”, in cui le due squadre avrebbero scelto un direttore di gara a testa: i Canadesi chiamarono Bata, mentre i Sovietici Kompalla.

E proprio Kompalla si rese protagonista nelle fasi iniziali di Gara 8, concedendo all’URSS alcune superiorità numeriche discutibili che si tramutarono in due reti per i padroni di casa: memorabile fu la protesta di Jean Paul Parisè, che, dopo l’ennesima penalità fischiata dall’arbitro tedesco, inscenò una reazione esagerata, rimediando un’espulsione.

Il primo tempo si chiuse sul 2-2, ma nella frazione centrale, i Sovietici premettero sull’acceleratore, assumendo meritatamente il comando della contesa: dopo quaranta minuti di gioco il punteggio era sul 5-3, eppure, nonostante il doppio svantaggio, i Canadesi non avevano alcuna intenzione di cedere, anzi erano sicuri di poter rimontare e vincere.

In apertura di terzo periodo, Phil Esposito ridusse le distanze, mentre al 12:56 Cournoyer trovò il gol del 5-5; ulteriori polemiche seguirono la segnatura del pareggio, poiché la luce dietro la porta (che si accende in caso di gol) rimase spenta. Le proteste furono così veementi che fu necessario l’intervento della Polizia Russa, la quale salì sul ghiaccio e portò fuori Alan Eagleson, dirigente e membro della delegazione canadese.

(Alan Eagleson, oltre ad essere un avvocato di successo, fu uno dei più importanti agenti dei giocatori della NHL, oltre ad essere tra i fondatori della NHL Players Association; Eagleson fu uno degli elementi chiave per l’organizzazione della serie. Negli anni ’90 ammise di essersi arricchito defraudando molti dei suoi assistiti e fu condannato a 18 mesi di carcere)

Dopo la rete di Cournoyer, i minuti corsero veloci e quando tutti erano rassegnati al pareggio conclusivo, un errore in fase difensiva di Yuri Liapkin preparò l’azione più memorabile (forse) della storia dell’hockey su ghiaccio: il puck tornò in possesso dei Canadesi e….

“Cournoyer has it on the wing. Here’s a shot. Henderson made a wild stab for it and fell. Here’s another shot. Right in front. They Score!! Henderson has scored for Canada!”
(Commento del telecronista canadese Foster Hewitt).

A soli 34 secondi dalla fine il Canada aveva segnato e, mantenendo il vantaggio negli ultimi istanti della gara, vinse la partita e la serie.

L’eroe, ovviamente, fu Paul Henderson, autore di sette gol in otto partite, ma soprattutto delle tre segnature che decisero gara 6, gara 7 e soprattutto gara 8: tuttavia va ricordato che Henderson non era una superstar, ma solamente un discreto giocatore; probabilmente se Hull avesse rifiutato le offerte dei Winnipeg Jets, Paul Henderson (che non fu mai eletto nella Hall of Fame) non sarebbe stato convocato per la Summit Series.

In verità, il vero trascinatore della squadra canadese fu Phil Esposito, che si dimostrò un eccezionale leader carismatico: con tredici punti (sette gol e sei assist), Espo fu il miglior marcatore della serie, ciononostante sarà ricordato per la carica emotiva con cui disputò ogni incontro, rivelandosi la vera guida spirituale per i compagni. Successivamente, Esposito raccontò che la Summit Series era diventata una guerra, ammettendo che avrebbe potuto anche uccidere pur di vincere.

Se dovessimo decidere il migliore giocatore tra i Sovietici, la nostra scelta cadrebbe su Alexander Yakushev, che disputò otto partite su standard elevatissimi; con sette gol e quattro assist, Yakushev fu il principale marcatore per la CCCP, impressionando tutti gli osservatori nordamericani. Nonostante le ottime prestazioni nelle prime partite, Tretiak subì un evidente calo nel settimo ed ottavo incontro, dovuto probabilmente al logorio fisico.

Finita la serie, scoppiarono le ovvie polemiche: i Sovietici protestarono perché i Canadesi, dopo le batoste iniziali, avevano attuato delle tattiche sporche e scorrette: se Kharlamov avesse partecipato attivamente alle ultime due partite, il risultato sarebbe stato diverso. Tuttavia non si deve dimenticare che i Canadesi furono svantaggiati da alcune chiamate arbitrali che avrebbero potuto condurre l’URSS al successo finale.

In verità, la chiave del trionfo canadese va cercato altrove: Tretiak confessò che, dopo i primi successi, i Sovietici si sedettero, si rilassarono e forse proprio per questo motivo si sentì la mancanza di Anatoly Tarasov, il quale non avrebbe permesso quell’euforia eccessiva; purtroppo Bobrov e Kulagin non avevano la dovuta esperienza e la situazione sfuggì loro di mano.

Dall’altra parte, i Canadesi, guidati da un meraviglioso Phil Esposito, giocarono con una cattiveria, un agonismo, una determinazione nettamente superiori, meritando la vittoria finale: la loro gioia era immensa e molti di loro affermarono che neanche la conquista della Stanley Cup poteva essere paragonata alla soddisfazione di battere l’URSS. Lo stesso Tarasov ammirò l’estremo spirito combattivo dei canadesi, lodando la loro voglia di lottare senza mai arrendersi.

Tuttavia, i Sovietici, nonostante la sconfitta, potevano uscire a testa alta perché avevano dimostrato al mondo intero di non essere inferiori ai professionisti della NHL e di possedere delle qualità tecniche (pattinaggio, controllo del puck) sicuramente migliori. Può risultare assurdo, ma il gol di Paul Henderson è considerato il quinto momento più importante nella storia del Canada.

Risultato finale: URSS – Canada 5 – 6
Serie: Canada -URSS 4 – 3 (1 pareggio)

Il giorno dopo la storica partita, i Canadesi si recarono a Praga, dove incontrarono la nazionale cecoslovacca: l’incontro si chiuse sul 3-3, ma i professionisti della NHL segnarono il gol del pareggio a soli 4 secondi dal termine; il beniamino degli spettatori fu Stan Mikita, dei Chicago Black Hawks, nato a Sokolce (nell’attuale Repubblica Slovacca), ma trasferitosi in Canada a soli otto anni.

http://www.youtube.com/watch?v=3esWG3k_Wn8

Continua a leggere

History NHL History

Le altre sfide Canada-URSS

Dopo la leggendaria serie del 1972, anche gli appassionati nordamericani si resero conto del gran valore dell’hockey sovietico: nonostante i giocatori russi mancassero della fisicità dei Canadesi, erano tuttavia dotati maggiormente dal punto di vista tecnico. Per soddisfare i tifosi, che volevano assistere a nuove sfide, furono organizzati altri incontri tra le due grandi scuole dell’hockey su ghiaccio.

Nel 1974 fu preparata una nuova serie di otto partite tra Canada e URSS, ma questa volta i giocatori nordamericani furono selezionati dalle formazioni della World Hockey Association: tra gli atleti convocati, i più famosi furono Bobby Hull, ma soprattutto Gordie Howe e i suoi figli Mark e Matty; per la Summit Series del 1974, furono selezionati anche tre membri della mitica squadra di due anni prima, vale a dire Frank Mahovlich, Pat Stapleton (cui fu assegnata la C di Capitano) e l’eroe di Mosca Paul Henderson, che erano stati ingaggiati dalle franchigie della WHA. La guida tecnica fu affidata a Billy Harris, valido attaccante dei Toronto Maple Leafs negli anni ’60 e membro della nazionale canadese ai mondiali del 1969; nel 1971 e nel 1972, Harris fu impegnato come tecnico della Svezia, prima di ricevere la chiamata degli Ottawa Nationals (Toronto Toros) della WHA.

Alla vigilia di gara 1 gli addetti ai lavori avevano previsto una vittoria complessiva per i Sovietici, ma i Canadesi non partivano certo battuti. A differenza di due anni prima, la prima linea russa fu composta da Mikhailov, Petrov e Kharlamov, mentre gli altri giocatori furono continuamente ruotati.

Questi i risultati:

Quebec, 17 settembre
Canada – URSS 3 – 3

Toronto, 19 settembre
Canada – URSS 4 – 1

Winnipeg, 21 settembre
Canada – URSS 5 – 8

Vancouver, 23 settembre
Canada – URSS 5 – 5

Mosca, 1° ottobre
URSS – Canada 3 – 2

Mosca, 3 ottobre
URSS – Canada 5 – 2

Mosca, 5 ottobre
URSS – Canada 4 – 4

Mosca, 6 ottobre
URSS – Canada 3 – 2

Serie: Canada – URSS 1 – 4 (3 pareggi)

Ovviamente, le otto partite furono accompagnate dalle solite polemiche: come avvenuto due anni prima, le sfide di Mosca furono caratterizzate da arbitraggi controversi (con protagonista il solito Kompalla), che sicuramente penalizzarono la formazione nordamericana con chiamate molto discutibili. L’evento più clamoroso avvenne in gara 7, quando l’arbitro canadese Tom Brown non convalidò una rete di Bobby Hull allo scadere, negando il successo ai Nordamericani. Tuttavia, lo stesso Brown era stato protagonista di un episodio simile anche nella seconda partita: il Canada stava vincendo per 3-1, quando all’inizio del terzo periodo Vladimir Petrov infilò il disco nella porta avversaria; nonostante la luce rossa fosse rimasta accesa per quindici secondi, Brown non convalidò la rete.

Infine, va ricordata la rissa generale nei secondi finali di gara 6 (in cui al Canada furono fischiati 33 minuti di penalità contro i miseri nove all’URSS), causata da uno scontro tra Rick Ley e Valery Kharlamov. Come due anni prima, i Canadesi espressero i loro dubbi sullo svolgimento delle partite: Gordie Howe, ad esempio, pur riconoscendo l’estremo valore dei Sovietici, raccontò che gli arbitraggi delle quattro partite a Mosca furono alquanto sospetti.

Tuttavia, anche i Russi espressero il loro disappunto nei confronti dei rivali, accusati di attuare un gioco sporco e scorretto: alla vigilia di gara 8, i massimi dirigenti sovietici minacciarono addirittura un ritiro dalla competizione, se i Canadesi avessero continuato con le loro cariche violente. Tuttavia, il tecnico russo Boris Kulagin non convocò per l’incontro finale diversi fuoriclasse, tra cui Vladimir Petrov, Boris Mikhailov e Vladislav Tretiak, quest’ultimo sostituito da Alexander Sidelnikov.

Il miglior marcatore della serie fu Bobby Hull, che complessivamente realizzò nove punti, frutto di sette gol e due assist: spettacolare fu la sua performance nel quarto incontro, quando nel primo periodo realizzò un hat trick. Come due anni prima, Yakushev guidò l’attacco sovietico, segnando 8 punti (6 gol e 2 assist) in sette partite (non fu convocato per gara 5); considerando le due serie, Big Yak totalizzò 19 punti (13 + 6). Ottimo fu anche Valery Kharlamov, che, pur segnando solo due reti (con sei assist), deliziò gli spettatori con alcune giocate meravigliose. Tra i Canadesi, importantissimo fu il contributo di Gordie Howe, che nonostante i 46 anni seppe ancora dimostrare il proprio valore con tre reti e quattro assist. Meno incisivo fu, invece, Paul Henderson, che segnò appena due gol (entrambi in gara 3). Anche i portieri disputarono delle ottime serie: il canadese Gerry Cheevers (utilizzato in tutte le partite, esclusa la terza) seppe reggere il confronto con Tretiak.

Curiosità:

– Sul retro della maglia dei giocatori canadesi, non era presente il nome degli stessi, bensì la scritta INTERNATIONAL.

– In gara 2, il Canada usufruì di un tiro di rigore: incaricato della trasformazione fu Mike Walton, che però vide la propria conclusione respinta da Tretiak: intervistato al termine della partita, il portiere russo affermò che il rigore era stato battuto in modo primitivo. Nella sfida successiva anche all’URSS fu accordato un tiro di rigore: Maltsev cercò di superare il portiere McLeod, che però evitò la rete.

– Qualche giorno prima di gara 5 (più precisamente il 27 e il 29 settembre), la formazione canadese sfidò le nazionali di Finlandia e Svezia, ottenendo due vittorie (8-3 e 4-3); l’8 ottobre (due giorni dopo gara 8), il Canada affrontò la Cecoslovacchia, perdendo 3-1.

Nonostante le polemiche, la serie del 1974 non raggiunse l’intensità di quella disputata due anni prima, anche perché la selezione nordamericana non rappresentava il Canada, bensì la WHA; inoltre, entrambi i figli di Gordie Howe erano nati negli USA e Mark aveva addirittura partecipato alle Olimpiadi del 1972 di Sapporo con la nazionale statunitense. Infine i Sovietici non erano più considerati i grandi nemici politici, ma solamente rivali sul ghiaccio: Gordie Howe raccontò che alla fine delle partite, i giocatori russi volevano scambiare le mazze, mentre Bobby Hull ricevette dei sinceri complimenti (prontamente ricambiati) da Alexander Yakushev.

Ad ogni modo anche la sfida del 1974 fu un successo, quindi la popolarità di questi scontri tra le due potenze andava sicuramente capitalizzata; tuttavia, i dirigenti della NHL non erano favorevoli a partite tra le due nazionali, poiché i Canadesi, non essendo abituati a giocare insieme, partivano chiaramente sfavoriti.

Nel 1975 fu organizzata la Super Series ’76, otto partite che avrebbero messo di fronte le migliori squadre della NHL contro alcune famose squadre moscovite, il Centralniy Sportivniy Klub Armii (CSKA, l’Armata Rossa) e i Krylia Sovetov (Soviet Wings); tuttavia, il CSKA fu rinforzato da Alexander Maltsev e Valeri Vasiliev (Dinamo Mosca) e da Slava Solodukhin (SKA Leningrado), mentre nei Krylia erano presenti atleti dello Spartak Mosca, tra cui Alexander Yakushev e Vladimir Shadrin. Per permettere ai professionisti nordamericani di essere al massimo della forma, gli incontri furono disputati tra dicembre e gennaio.

Il 28 dicembre 1975 al Madison Square Garden, i New York Rangers erano pronti ad affrontare il CSKA: nonostante un vantaggio iniziale nelle primissime fasi della partita, i Rangers furono ridicolizzati dai Sovietici, che diedero un’impressionante lezione ai loro avversari; New York non era una squadra adatta a sfidare il CSKA, ma pochi potevano immaginare un risultato simile. All’inizio del terzo periodo, l’Armata Rossa segnò il settimo gol della serata e le due reti finali di Rod Gilbert e Phil Esposito servirono solo ad addolcire la pillola.

I migliori giocatori di quella serata furono il portiere Tretiak e Valery Kharlamov, che realizzò un gol magnifico: in situazione di superiorità numerica, il leggendario #17 riuscì a “sfondare” il muro formato da quattro Rangers con un impressionante movimento di gambe; Harry Sinden, il coach della rappresentativa canadese nella Summit Series del 1972, commentò quel gol, definendo Kharlamov una delle più grandi superstar dell’hockey mondiale.

A fine gara il difensore di New York Doug Jarrett, sconvolto dalla velocità e dalla bravura del CSKA, affermò sconsolato: “They are like a team of Yvan Cournoyers, with Gordie Howe’s hit!”

New York Rangers – CSKA 3 – 7
Serie: NHL – URSS 0 – 1

Il giorno dopo a Pittsburgh, i Penguins affrontarono i Krylia Sovetov, che, dopo aver preso un vantaggio iniziale di 5-0, controllarono abbastanza agevolmente la rimonta degli avversari.

Pittsburgh Penguins – Krylia Sovetov 4 – 7
Serie: NHL – URSS 0 – 2

Il 31 dicembre al Forum, i Montreal Canadiens affrontarono il CSKA in una partita memorabile: gli Habs dominarono per sessanta minuti, ma nonostante una netta supremazia (38 tiri contro 13) non riuscirono a vincere, poiché Tretiak parò praticamente tutto; grazie alle reti di Boris Mikhailov, Valery Kharlamov e Boris Alexandrov, i Russi rimontarono uno svantaggio di 0-2 e 1-3. Montreal rischiò addirittura una clamorosa beffa, ma fortunatamente, Vladimir Popov, con Dryden ormai battuto, colpì il palo.

Montreal Canadiens – CSKA 3 – 3
Serie: NHL – URSS 0 – 2 (1 pareggio)

Il 4 gennaio i Buffalo Sabres, grazie ad un gioco molto fisico ed efficace, si sbarazzarono dei Krylia Sovetov, regalando alla NHL la prima vittoria della serie: i protagonisti del successo furono Rick Martin, Gilbert Perreault e Rene Robert, membri della celeberrima French Connection Line. A fine partita, Martin affermò a gran voce che l’hockey canadese era nettamente superiore a quello sovietico.

Buffalo Sabres – Krylia Sovetov 12 – 6
Serie: NHL – URSS 1 – 2 (1 pareggio)

Dopo la batosta contro Buffalo, i Krylia Sovetov si trasferirono a Chicago per sfidare i Black Hawks; grazie ad un parziale di 3-0 nel secondo periodo, i Sovietici si presero una convincente rivincita.

Chicago Black Hawks – Krylia Sovetov 1 – 4
Serie: NHL – URSS 1 – 3 (1 pareggio)

L’8 gennaio, otto giorni dopo la memorabile partita di Montreal, il CSKA disputò la terza partita della serie, sfidando i Bruins al Boston Garden; vista l’indisposizione di Petrov, Alexander Maltsev fu inserito dal tecnico Loktev nella prima linea d’attacco assieme a Kharlamov e Mikhailov.

Inizialmente, i Bruins cercarono di imporre il proprio gioco duro, ma nonostante la grande pressione, il punteggio, alla fine dei primi venti minuti, era ancora fermo sullo 0-0; all’inizio della seconda frazione, Boston sbloccò il risultato grazie ad un tiro di Forbes, mal valutato da Tretiak, che in quell’occasione commise uno dei suoi pochissimi errori.

Tuttavia, il vantaggio ebbe durata piuttosto breve, infatti, due minuti più tardi Kharlamov (con un meraviglioso backhand) pareggiò il conto, per poi raddoppiare al termine di una spettacolare azione che lasciò i Bruins assolutamente disorientati; dopo la segnatura, Wayne Cashman si rese protagonista di uno spiacevole episodio, colpendo con la mazza il capitano del CSKA Boris Mikhailov, il quale, a dire il vero, aveva ostacolato in maniera eccessiva il portiere dei Bruins, Gilbert.

Grazie a Maltsev, i Sovietici si portarono sul 3-1, ma sul finire della seconda frazione, Ratelle trovò una rete importantissima, che fece sperare i tifosi del Garden; purtroppo, dopo appena 43 secondi dall’inizio del terzo tempo, Tsygankov approfittò di un’incertezza della difesa di Boston, trovando la rete del 4-2, che chiuse l’incontro: la rete di Alexandrov, infatti, servì solamente a fissare il punteggio sul 5-2 finale.

Miglior giocatore della partita fu il portiere Tretiak, che parò 38 dei 40 tiri scagliati verso la propria porta; in verità, Boston dominò la statistica dei tiri (40 contro 19), tuttavia la superiorità del CSKA fu evidente: in moltissime occasioni, i Bruins rimasero assolutamente disorientati dai passaggi e dal gioco collettivo dei Sovietici.

Boston Bruins – CSKA 2 – 5
Serie: NHL – URSS 1 – 4 (1 pareggio)

Il 10 gennaio i Krylia Sovetov disputarono, contro i New York Islanders, il loro ultimo incontro, vincendo 2-1: tutti i gol furono segnati nel secondo tempo.

New York Islanders – Krylia Sovetov 1 – 2
Serie: NHL – URSS 1 – 5 (1 pareggio)

L’11 gennaio 1976 allo Spectrum di Philadelphia era in programma l’ultima gara della Super Series: i Sovietici si erano già aggiudicati lo scontro complessivo, ma la sfida tra Flyers, detentori della Stanley Cup, e il CSKA aveva un sapore speciale, poiché il vincitore di quella partita si sarebbe potuto fregiare del titolo (anche se ufficioso) di Campione del Mondo.

La partita fu interpretata al meglio dai Broad Street Bullies, che probabilmente erano la formazione più adatta per contrastare il gioco dei sovietici: Bobby Clarke e compagni erano famosi per il loro stile duro, fisico ed energico e presero le redini della partita fin dal primo ingaggio, vincendola agevolmente 4-1. Valery Kharlamov non fu un fattore in quell’incontro, anche perché fu messo fuori gioco da una gomitata (probabilmente volontaria) di Ed Van Impe; in seguito a quel colpo, tutti i giocatori, allenatori e dirigenti russi si alzarono dalla loro panchina e si diressero negli spogliatoi per protesta, rientrando sul ghiaccio diversi minuti più tardi.

I Flyers erano riusciti a salvare l’onore della NHL, tanto che il presidente Clarence Campbell affermò che i veri vincitori della Super Series erano i nordamericani: nelle tre partite più importanti (quelle contro Montreal, Buffalo e Philadelphia, le migliori compagini) i Sovietici avevano, infatti, collezionato solo un pareggio e due sconfitte.

Philadelphia Flyers – CSKA 4 – 1
Serie: NHL – URSS 2 – 5 (1 pareggio)

Dopo la Super Series ’76, la tradizione degli scontri NHL-URSS continuò anche nelle stagioni successive: ogni anno a dicembre, il campionato NHL veniva interrotto per permettere la disputa di queste sfide affascinanti. Negli anni ’70 furono organizzati anche incontri tra le compagini sovietiche e quelle appartenenti alla World Hockey Association.

Non tutte queste partite furono degne di nota, ma alcune di queste meritano di essere ricordate: nel febbraio 1979, al posto del tradizionale All-Star Game, New York ospitò la Challenge Cup, una serie di tre partite tra i migliori giocatori della NHL (praticamente, la nazionale canadese con l’aggiunta dei tre svedesi Borje Salming, Ulf Nilsson, Anders Hedberg) contro l’URSS; i professionisti vinsero la prima gara 4-2, ma i Sovietici si assicurarono il trofeo, aggiudicandosi gli altri due incontri 5-4 (rimontando da 2-4) e 6-0. Al termine di Gara 3, tutti gli osservatori canadesi espressero la loro ammirazione per la tecnica dei giocatori russi, lodando la loro abilità nel pattinare e la precisione dei passaggi.

Nel febbraio del 1987 a Quebec City fu giocato il Rendez Vous ’87, doppia sfida tra gli All-Stars della NHL e la nazionale sovietica: i professionisti vinsero la prima partita 4-3, ma l’URSS si aggiudicò gara 2 5-3, pareggiando la serie; come era successo otto anni prima per la Challenge Cup, anche il Rendez Vous ’87 sostituì la tradizionale Partita delle Stelle.

Escludendo le serie del 1972 e del 1974, quasi tutte le sfide tra le due scuole hockeistiche furono giocate in Nordamerica, ma nel settembre 1989 i Calgary Flames, detentori della Stanley Cup, si recarono a Leningrado per affrontare il Khimik Voskresensk, vincendo 4-2.

Le sfide Canada-URSS continuarono fino all’inizio degli anni ’90, ma ormai avevano perso da diverso tempo ogni interesse da parte di tecnici, osservatori e tifosi; l’incontro tra Quebec Nordiques e Dynamo Mosca, disputato a Quebec City il 15 gennaio 1991 (e terminato 4-1 per i russi), chiuse definitivamente il sipario su queste affascinanti partite.

Il bilancio finale premia l’Unione Sovietica, ma ovviamente non ci dobbiamo fare ingannare dai numeri: a partire degli anni ’80, molti di questi incontri erano considerati alla stregua di semplici esibizioni, in cui le superstar lasciavano spazio alle seconde, terze e quarte linee e gli allenatori provavano nuove strategie; nessuno era veramente interessato al punteggio finale e la cosa importante era evitare qualsiasi tipo di infortunio che avrebbe potuto pregiudicare la stagione. Inoltre, molti giocatori russi stavano lasciando l’Unione Sovietica, ormai prossima al dissolvimento, attratti da invitanti ingaggi nella NHL.

Ma negli anni ’70 era nata un’altra competizione che avrebbe conquistato l’attenzione degli appassionati e regalato dei momenti indimenticabili: la Canada Cup!

——-

L’autore dei tre articoli vuole ringraziare le seguenti persone:

Joe Pelletier
Arthur Chidlovski
Craig Wallace
Clayton Self
Bruce Kish
Vadim Kazakov
Dan Ammann
Leonid Makarovsky, Jean-Patrice Martel e tutti i membri della mailing list.

Continua a leggere