Editoriale NBA

Recensione: “Ti sogno, California”

copertina_fileotti._grandejpg“Ti sogno, California” è il romanzo di esordio di Mattia Bertoldi, ventisettenne di Lugano con la passione per l’America e gli sport USA.

E’ la storia di un viaggio sulla West Coast di 3 amici italiani nella folle ricerca di una misteriosa cheerleader di cui conoscono solo il nome di battesimo, Kimberly.

Ma facciamoci raccontare direttamente dall’autore il tema del libro, cosa l’ha ispirato e perchè ha scelto proprio la California come meta, e sogno.

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1) Ciao Mattia, hai voglia di raccontarci in 2 parole chi sei, cosa fai nella vita e di cosa parla il tuo libro?

Ciao Max e ciao a tutti gli utenti di Play It Usa. Ho 27 anni e sono nato e cresciuto a Lugano, nel canton Ticino (Svizzera).

Cosa faccio nella vita? Scrivo. Da un lato come giornalista e addetto stampa per il Governo ticinese e alcuni periodici svizzeri, dall’altra come blogger (su Penne Indipendenti) e narratore.

Il mio primo romanzo, “Ti sogna, California”, mette al centro della vicenda un terzetto di amici e il loro viaggio lungo la West Coast statunitense. Dopo una notte di bagordi, infatti, Tommaso e Pietro trovano il loro coinquilino Leonardo perdutamente innamorato di una ragazza americana che l’ha sedotto e abbandonato (se così si può dire) nel suo letto.

Dispone di soli tre indizi: una foto autografata che la ritrae in posa da cheerleader, l’ipod rosa dimenticato sotto il letto e il suo nome – Kimberly.

I tre decidono così di partire e cercarla fingendosi giornalisti per entrare negli stadi e nei palazzetti delle squadre di NBA, NCAA, NHL e NFL delle città di San Diego e Los Angeles, con una capatina a Las Vegas. Una bizzarra “caccia alla donna” che darà modo a tutti e tre di ottenere una seconda possibilità – in amore così come nella vita.

2) Da dove ti è arrivata l’idea di scrivere questo libro? Cosa ti ha ispirato?

Tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011 ho avuto la fortuna di visitare le città di San Diego, Los Angeles e Las Vegas accompagnato da un paio di fan sfegatati delle massime leghe sportive nordamericane.

Al posto di visitare musei, grandi parchi e deserti abbiamo compilato un programma in cui abbiamo assistito a otto partite diversi in 14 giorni tra pallacanestro (Los Angeles Lakers), hockey su ghiaccio (Los Angeles Kings e Anaheim Ducks) e football americano (Holiday Bowl al Qualcomm Stadium di San Diego e Rose Bowl a Pasadena); in più, abbiamo visitato il Petco Stadium dei San Diego Padres.

In un paio di casi sono riuscito anche a strappare un pass da giornalista per scendere a bordo campo e accedere agli spogliatoi, così da intervistare alcuni giocatori e realizzare un reportage sportivo per un quotidiano ticinese. Lungo tutto il viaggio ho preso appunti, fatto schizzi e costruito un impianto narrativo in grado di contenere tutto ciò che ho visto e provato come appassionato di sport, giovane viaggiatore e amante delle atmosfere statunitensi. “Ti sogno, California” è nato così.

3) Quali fra i racconti e le esperienze che troviamo in questo libro si possono considerare in un certo senso autobiografiche?

Sono convinto che uno scrittore debba scrivere di ciò che conosce e di cui ha avuto una forte esperienza diretta o indiretta, in modo da veicolare una storia la più verosimile possibile. Per questo motivo, è molto difficile non inserire nel romanzo alcuni spunti di matrice autobiografica.

Lo stesso viaggio che mi ha portato a prendere appunti in California e nel Nevada può ricordare quello vissuto dai tre protagonisti, e anche il narratore (Tommaso) ha un passato da giornalista come il sottoscritto anche se – per fortuna – le sue esperienze nel mondo della carta stampata non corrispondono alle mie! Posso però dire che le riflessioni di Tommaso sullo sport statunitense e la vita in California coincidono in buona parte con le mie.

4) Da dove nasce la tua passione per gli States?

Anche questo è uno dei temi più ricorrenti nel libro. La mia generazione (sono nato nel 1986) ha attinto a piene mani dalle produzioni statunitensi per quanto riguarda lungometraggi, musica, telefilm e fumetti. Penso sia inevitabile entrare in un campus universitario (io sono andato alla San Diego State University per veder giocare gli Aztecs) e rivivere le atmosfere di film e telefilm goliardici come “Animal House” e “Blue Mountain State”, così come è automatico canticchiare una canzone punk rock californiana mentre si percorre la Pacific Highway o pensare a “Easy Rider” quando si arriva a Santa Monica Beach, capolinea della mitica Route 66.

Devo però ammetterlo: ancor prima che fan degli Stati Uniti, sono un grande amante della Gran Bretagna. In generale, posso quindi dire che la cultura anglosassone ha caratterizzato i miei studi (sono laureato in anglistica all’Università di Zurigo) e la mia vita.

5) Quali sono i tuoi sport americani preferiti, e le tue squadre del cuore, se ne hai?

La Svizzera è terra d’hockey, quindi seguo fin da piccolo questo sport. Complici Michael Jordan, i Bulls degli anni Novanta e Dan Peterson con “NBA Action” mi sono appassionato anche alla massima lega statunitense di pallacanestro. Apprezzo molto anche il baseball (di cui ho imparato le regole grazie a diversi film) e il football americano per cui vale lo stesso discorso: Ace Ventura, Forrest Gump e i Super Bowl trasmessi il lunedì notte su Italia 1 mi hanno fatto conoscere le regole base, Danilo – compagno di viaggio in California e mio inquilino per oltre un anno tra il 2008 e il 2009 – le ha sviluppate con spiegazioni, esempi pratici e chiarimenti; è lui che mi ha iniziato a questo sport e sono felice di averlo potuto ringraziare facendogli calcare l’erba del Qualcomm Stadium, casa dei suoi affezionati San Diego Chargers.

E per quanto riguarda le squadre preferite, le simpatie derivano ancora una volta dalle esperienze vissute in età adolescenziale. In NBA tifo Bulls per via di MJ e dei suoi sei anelli; in NHL Anaheim Ducks, squadra che sceglievo sempre alla Playstation e che oggi ha due rappresentanti svizzeri (Jonas Hiller e Luca Sbisa) che ho avuto la fortuna di intervistare; in NFL, visto che non posso scegliere i Miami Sharks, punto sui New England Patriots (un po’ per fare da bastian contrario a Danilo e un po’ per la simpatia che provo per il QB Tom Brady). In MLB… Cleveland Indians! “Major League – La squadra più scassata della Lega” è ancora uno dei miei film preferiti in assoluto. Ma simpatizzo molto anche coi Boston Red Sox per la loro storia e le origini ticinesi del loro seconda base Dustin Pedroia.

6) Quale consiglio vorresti dare ai giovani lettori di Play.it USA con il sogno nel cassetto del primo viaggio negli Stati Uniti?

Be’, partono sicuramente molto avvantaggiati perché possono godere dell’aiuto e dell’assistenza di una delle comunità più ferrate sullo sport americano di tutto il web italiano. Io ho avuto la fortuna di essere accompagnato da due grandi esperti di California e di sport americano, quindi il primo consiglio è quello di informarsi e di chiedere informazioni a chi ne sa più di voi, così da pianificare il viaggio in base a delle tappe predefinite (i biglietti per una partita di NBA o una visita in un parco, per esempio).

Eviterei però di pianificare ogni singolo minuto: il bello di un viaggio è anche la variazione in corsa, l’imprevisto, il cambiamento dell’ultima ora. E ve lo dice uno che nell’ottobre del 2012 aveva i biglietti per l’inaugurazione del Barclays Center e la prima partita dei Nets a Brooklyn e si è visto annullare tutto a causa dell’uragano Sandy.

Il soggiorno a New York non è andato come pianificato, ma la Grande Mela ha comunque saputo regalarci altre emozioni – osservare Manhattan metà accesa e metà spenta a causa dei blackout dalla cima dell’Empire State Building mi ha dato i brividi. I miei consigli sono quindi essenzialmente due: prepararsi e lasciarsi sorprendere, insomma. Un po’ come nella vita.

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Un ringraziamento dunque a Mattia per la sua simpatia e i suoi preziosi consigli, ed un invito alla lettura per voi: “Ti sogno, California” racconta in modo semplice e divertente una storia un po’ folle ma in cui è molto facile immedesimarsi. D’altra parte, chi di noi, con una scusa o con un’altra, non vorrebbe mollare tutto almeno per una settimana e prendere il primo aereo per Los Angeles?

 

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