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Defense Video Scouting: Ron Artest

Anche in Nba si sentono spesso “verità assolute”, unanimemente accettate e consolidate vox populi col passare del tempo; ma proprio lo stesso tempo, facendo ciò che gli riesce meglio (cambiare le carte in tavola) può subdolamente trasformarle in stereotipi ingannevoli, o addirittura “falsi miti”. Un caso potrebbe essere la reputazione delle doti difensive di Ron

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NBA

Due NBA?

“Showtime” ad Ovest e “Bad Boys” ad Est… ma anche “Flying Circus” del funambolico Kidd ad Est e raffinato jazz del metronomo Stockton a Ovest… il “run and gun” ha assistito al pensionamento del suo scienziato pazzo proprio mentre la “7 seconds offense” coi baffi sta attecchendo nella Grande Mela… La distinzione tra le due

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NBA

Jerry Sloan: Ad Honorem

Jerry Sloan e Phil Johnson lasciano Utah: la fine di un'era

Jerry Sloan ha predicato puro basket per più di vent’anni.

Come capita spesso a chi si attesta con costanza su un ottimo livello, senza crolli deludenti né imprese epiche, si è ritrovato con l’avere la bacheca vuota (zero titoli Nba e zero Coach of the year award) ma un posto garantito nella storia (Hall of famer da un paio d’anni).

Stessa sorte di John Stockton (unico trofeo un co-Mvp all’All Star Game, per quello che vale…), Pat Ewing ed altri malinconici autori di memorabili pagine Nba che non possono lucidare anelli o statuette, ma che già prima di ritirarsi avevano prenotato una camera nell’ospizio più elitario: l’arca della gloria.

D’altronde, Phil Jackson ha 11 anelli ma un solo Coach of the year award. La storia del gioco non è affatto quella delle onorificenze.

Forse, è anche un bene che l’impronta incisa con perseveranza da Sloan nello Utah, non sia ridotta a qualche traguardo annuale o qualche magic moment.

Forse, l’unico numero adeguato è il 23: come le stagioni trascorse con i Jazz, come il numero di maglia del giocatore che capitanava la squadra che per due volte lo ha sconfitto in finale.

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Heat in progress

Davvero coach Spoelstra rischia sempre più che ogni time out sia l'ultimo in panchina?

Se un GM ha la possibilità di assemblare uno dei terzetti più temibili di sempre, almeno sulla carta, ha il dovere, professionale e mediatico, di farlo; altrimenti non sarebbe un buon GM.

Riley, tuttavia, oltre ad essere il GM degli Heat, ha anche una discreta conoscenza sul parquet, non solo sulla carta, di come funzioni il gioco con la palla a spicchi…

Se ce ne siamo accorti noi, volgari amatori, anche il sommo Pat avrà notato che la trinità che ha evocato a Miami, è un bel trittico di stelle, una calamita potentissima per tifosi e media, ma messi dentro il rettangolo di gioco, compongono una triade non certo tra le meglio assemblate perché, com’è noto, si tratta di tre go-to-guy tendenzialmente perimetrali, nel senso di gioco fronte a canestro e non di tiro perimetrale, che invece non è la specialità di nessuno dei tre.

Siamo quindi ben lontani dal reciproco completamento tattico del terzetto Allen-Pierce-Garnett: all’epoca del sodalizio (2008) erano la guardia tiratrice per eccellenza, l’ala piccola per eccellenza e l’ala grande per eccellenza, con KG che, sacrificando la quantità in attacco, finì non di meno con il premio di difensore dell’anno a fine stagione. A Miami abbiamo invece la point forward per eccellenza, lo slasher per eccellenza e l’isolation high post scorer per eccellenza; non proprio la stessa amalgama (fermo restando che Bosh, pur impegnandosi, non sarà Defensive Player of the year). Superfluo notare come avere Allen e Garnett sullo stesso lato in attacco, uno in post l’altro sul perimetro (=game over per la difesa), non sia raccomandabile come avere Wade e Bosh sulle stesse “caselle” (=cortocircuito dell’attacco per sovraccarico di difensori e mancanza di pericolosità “a base 3”).

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INBOUNDS PLAYBOOK N.8 – Last Episode

Nell'ultima puntata, esploriamo la filosofia della "rimessa perfetta"

Ultima puntata della serie, iniziata nell’estate 2009 con “Rimesse da Playoff” (5 episodi) e continuata dalla stagione scorsa con la saga “Inbounds Playbook”.

Per cercare di concludere degnamente, ci dedicheremo a qualche ulteriore dettaglio, tentando di perfezionare la comprensione dell’arte della rimessa (che, dopo una cinquantina di inbounds commentate, pur entro i limiti “sapienziali” di chi scrive, dovrebbe risultarci meno “esoterica”).

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Focus: Howard vs Bynum

Bynum vs Howard: diversi ma in fondo simili...

Bynum vs Howard? Sulla carta si direbbe Davide vs Golia. Già, c’è proprio il rischio che il meno favorito riservi interessanti sorprese…

Iniziamo dalle “buone frequentazioni”; entrambi vantano mentori di caratura rilevante: Bynum è stato svezzato da tale Jabbar e s’allena comunque con Gasol (non è poco), mentre Howard è stato seguito per anni da Ewing (difficile a dirsi guardando le due inaccostabili meccaniche al tiro libero, ma ci torneremo in seguito…) ed ha avuto una (ben pubblicizzata) sessione di work out in off season con Olajuwon.

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