Ogni anno nell’hockey statunitense ci sono personaggi meritevoli che diventano immortali, la Hall of Fame li accoglie come giocatori, allenatori o personaggi unici e questi diventano immortali.

uest’anno la stanza delle stelle introduce: Angela Ruggiero, Bill Hay, Peter Karmanos Jr, Phil Housley, Chris Pronger e per far scorrere lacrime nostalgiche ai tifosi dei Detroit Red Wings ecco Sergei Fedorov e Nicklas Lidstrom.

Angela Ruggiero

Angela Ruggiero Marie nasce il 3 gennaio 1980 a Panorama City, è l’unica donna della Hall of Fame 2015 nonché la quarta in assoluto ad avere questo privilegio (seconda come nativa americana), è stata la più giovane giocatrice ad aver vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Nagano nel 1998 con la maglia degli Stati Uniti.  Si laurea all’Università di Harvard con lode nel 2004 ma agli studi unisce anche il talento per l’hockey su ghiaccio, venendo premiata nel suo anno da senior col Patty Kazmaier Award come miglior giocatore collegiale.

VANCOUVER, BC - FEBRUARY 22: Angela Ruggiero #4 of the United States skates against Sweden during the ice hockey women's semifinal game game between on day 11 of the Vancouver 2010 Winter Olympics at Canada Hockey Place on February 22, 2010 in Vancouver, Canada. (Photo by Cameron Spencer/Getty Images)

Ha fatto la storia il 28 gennaio 2005 quando ha giocato da professionista nella Central Hockey League con i Tulsa Oilers, venendo schierata in difesa dai Tulsa Oilers e difendendo la gabbia dove si trovava il portiere, Bill Ruggiero, suo fratello, creando di fatto il primo tandem fratello-sorella in una gara professionistica di hockey.

In quella partita arriva anche un’assist, giusto per completare una serata storica, con la carriera della Ruggiero che si sviluppa nei Montreal Axion, Minnesota Whitecaps e nei Boston Blades, 282 punti in 345 incontri.

Numeri che però non dicono l’importanza di Ruggiero con la casacca a stelle e strisce degli Usa, presenza costante e determinante in 10 Campionati del Mondo con quatto medeglie d’oro e sei d’argento, cui aggiunge l’oro di Nagano, gli argenti di Salt Lake City e Vancouver e il bronzo di Torino 2006.

Si batte anche per far crescere il movimento hockeistico femminile, criticando per esempio il 36-1 del 2006 con cui il Canada asfalta l’Italia padrona di casa, dicendo che risultati cosi possono creare una percezione di sport non competitivo.

Inoltre la Ruggiero finisce anche nei videogiochi, è presente in Nhl 13 con la Wickenheiser, omaggio al suo ritiro avvenuto via Twitter il 28 dicembre 2011.

Bill Hay

Bill Hay nasce a Saskatoon nel 1935 e cresce con l’hockey nel sangue, suo padre Charles era un portiere all’Università di Saskatchewan, suo zio materno Earl Miller in Nhl per 5 stagioni tra Chicago e Toronto tra il 1920 e il 1930.

Hay si fa notare tra gli juniores, guida i Regina Pats per due stagioni (stesso college di Jordan Eberle, Josh Harding e Al Macinnis)  prima di avvicinarsi alla Nhl tramite i Colorado College Tigers dove viene per due volte inserito nella squadra All Star del campionato e nel team All American della NCAA, facendo da pioniere ai giocatori Nhl militando nel massimo campionato di hockey una volta laureato nella NCAA.

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I Calgary Stampeders sono l’ultima tappa di William Charles “Red” Hay prima dell’approndo in Nhl, grazie soprattutto a 54 punti in 53 partite viene ingaggiato dai Chicago Black Hawks, (badate bene, dal 1926 al 1986 i falchi neri ora di Toews e Kane si scrivono col nome staccato) vincendo il Calder Trophy nel 1959/60, merito di 18 gol e 37 assist nella stagione d’esordio.

Hay fu protagonista della “Millior Dollar Line” con Bobby Hull a sinistra, Murray Balfour sulla destra, linea che ebbe l’atto di gloria il 16 aprile 1961 quando alla sesta gara sconfissero i Detroit Red Wings, consegnando ai Black Hawks la terza Stanley Cup della loro storia.

Quella squadra entra di diritto nell’arca della gloria, con Glenn Hall in porta, Pierre Pilote in difesa e un attacco con Hull e Stan Mikita (1.467 punti con Chicago), Hay fa il suo e si conquista la sua unica Stanley Cup della carriera.

Red Hay resta a Chicago fino al 1967, fin quando non chiude la carriera per entrare nel mondo degli affari, dopo 386 punti messi a referto in 506 partite.

Quegli affari che poi vedranno Hay protagonista come presidente e amministratore delegato dei Calgary Flames e del Canada Hockey, avendo successo ovunque, facendo crescere sempre il movimento legato all’hockey, compreso quello intrapreso da presidente e a.d. della Hall of Fame, ruolo ricoperto dal 1995 al 2013, fino al pensionamento.

Peter Karmanos Jr.

Nella categoria Builder della Hall of Fame, quella non legata agli ex giocatori, quest’anno troviamo Peter Karmanos Jr, proprietario dei Carolina Hurricanes.

Nato l’11 marzo del 1943 Karmanos Jr è il più vecchio di tre figli di un immigrato greco che possedeva un piccolo ristorante a Detroit, spiccato senso degli affari e buona volontà nel realizzarli. Laureato nel 1973 presso la Wayne State University Peter Karmanos fonda nello stesso anno insieme a due soci, Allen Cutting e Thomas Thewes una società di software, la Compuware, che oggi vanta 4.500 dipendenti e ricavi superiori al miliardo di dollari, prodezza che è valsa a Karmanos il titolo di imprenditore dell’anno nel 1989.

Karmanos si avvicina poi all’hockey creando un programma per i giovani giocatori e dalle parti del progetto dell’imprenditore passa gente come Eric Lindros, Mike Modano, Pat LaFontaine e Kevin Hatcher.

Lo straordinario servizio di Karmanos all’hockey si condensa poi nello sviluppo della squadra che partecipa all’Ontario Hockey League, i Detroit Red Wings junior, ora conosciuti come Whalers Plymouth.

Whalers come gli Hartford nel 1994, squadra acquistata da Karmanos, in quel momento il più piccolo mercato della Nhl. Il nuovo proprietario si impegna a tenere la squadra per almeno 4 anni ad Hartford, ma stando in mezzo alla linea che comprende NY e Boston non gode di agevolazioni, anzi la Hartford Civic Center è l’arena più piccola del campionato, con poco più di 15.000 posti a sedere.

La provocazione di Karmanos inizia con gli 11.000 abbonati nel 1995/96, quella cifra doveva esser superata l’anno successivo altrimenti lo spostamento della franchigia sarebbe stato imminente. Detto e fatto, con il mancato raggiungimento della quota di tifosi la squadra dal 1997/98 si trasferisce a Raleigh, diventando gli attuali Carolina Hurricanes, con Karmanos vincitore del Lester Patrick dello stesso anno per il servizio offerto all’hockey.

L’apice di Karmanos in Nhl arriva nel 2005/06, annata in cui Rod Brind’Amour solleva la Stanley Cup da capitano degli Hurricanes, una squadra che già vede protagonista Eric Staal, seconda scelta del 2003 e che supera gli Edmonton Oilers nella stagione post lock out.

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Non solo hockey però per Karmanos, va lodato anche per aver creato la Barbara Ann Karmanos Cancer Institute, una fondazione per la ricerca sul cancro che porta il nome della sua prima moglie deceduta nel 1989 e che gli ha dato 3 figli, oltre ai quattro con l’attuale compagna Danielle cui Karmanos aggiunge nove nipoti.

Phil Housley

Prima dell’approdo in Nhl di Mike Modano , Phil Housley era il giocatore statunitense con più punti realizzati, ben 1.232, grazie a 338 gol e 894 assist, ma a differenza di Modano per Housley non arrivò mai una Stanley Cup.

Philip Francis Housley nasce il 9 marzo 1964 a St.Paul in Minnesota, un prodigio già nelle giovanili quando si fa notare grazie a 118 gol, meritandosi cosi la chiamata dal liceo South St.Paul nel 1981/82 e la convocazione negli Usa ai World Junior Championships e ai World Championship.

L’approdo in Nhl è cosa che avviene quasi naturalmente per un talento simile, draft 1982, sesta scelta dopo Gord Kluzak, Brian Bellows, Gary Nylund, Ron Sutter e Scott Stevens. Se lo accaparrano i Buffalo Sabres insieme a Dave Andreychuk per tentare di risollevare la franchigia che naviga sempre in quota playoff ma manca il salto di qulità.

La prima stagione di Housley è eccezionale, 19 gol e 66 punti finali, guadagnandosi un posto nel Nhl All Rookie Team con Lindbergh, Stevens, Daoust, Larmer e Mats Naslund. Il Calder Trophy va a Steve Larmer dei Black Hawks con Housley secondo, migliorandosi poi la stagione seguende segnandoo 31 gol e giocando il primo di sette All Star Game.

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A Buffalo però solo piccole gioie individuali, è ceduto ai Winnipeg Jets dopo otto anni in cambio di Dale Hawerchuk e nei Jets ritrova smalto chiudendo la prima stagione con 76 punti, la seconda con 86 e la terza addirittura con 97 punti grazie a 79 assist. Nel 91/92 con i Jets Housley viene inserito nel secondo miglior quintetto della Nhl, in ottima compagnia con McLean in porta, Stevens in difesa e un attacco formato da Lemieux, Recchi e Robitaille.

I Jets non sono squadra solida e Housley riprende a girovagare per la Nhl, gioca nei Blues nel 93/94, poi col primo lock out lo si vede in Svizzera prima di approdare ai Calgary Flames in cambio di Al Maciniss. Tempo una stagione e mezzo e nuovo trasferimento ai New Jersey Devils nel 95/96 prima di una nuova avventura da free agent con i Washington Capitals.

Con i Capitals Housley raggiunge il punto più alto della carriera, arrivando a giocare la finalissima della Stanley Cup nel 1998 ma contro quei Detroit Red Wings (che vedremo fra poco) non c’è niente da fare, 4-0 e coppa alle Ali Rosse.

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La ferita dell’estate 98 Housley la rimargina rifirmando con i Calgary Flames dove gioca per altri 3 anni, prima di provare altre due avventure, con i Chicago Blackhawks e con i Toronto Maple Leafs, superando il record di Ludwig con 1.257 gare giocate, conservando intatta la leadership e il talento offensivo ma senza mai vincere la Stanley Cup.

Al momento del suo ritiro guida la classifica dei punti realizzati da un nativo americano, contribuendo per gli Usa alla partecipazione a 6 Campionati del Mondo e all’argento delle Olimpiadi del 2002.

Housley è anche il giocatore che ha giocato più partite, 1.495, senza mai alzare il trofeo più bello del mondo, record questo che non intacca minimamente una carriera gloriosa.

Chris Pronger

Dici Chris Pronger e ti viene in mente subito uno dei difensori più temuti e dominanti della storia della Nhl.  Nato a Dryden il 10 ottobre 1974, Pronger ha come idolo suo fratello Sean, tanto da decidere di seguirlo nel campionato NCAA anziché la più blasonata Ontario Hockey League, scelto al sesto posto dai Peterborough Petes dove in due stagioni vince un campionato e numerosi premi individuali, spiccando per le doti eccelse in difesa . Con la maglia dei Petes Pronger gioca 155 incontri con 48 reti e 140 assist, iniziando a sentire le sirene della Nhl che lo controllano in ogni incontro.

Il battesimo di Pronger nella Nhl è datato 1993, nel draft viene scelto come numero 2 alle spalle di Alexandre Daigle che ha l’infelice idea di lasciarsi andare ad una dichiarazione poi azzeccatissima: “Sono felice di essere scelto per primo, perché nessuno si ricorda del numero due”.

La storia invece va molto meglio a quel numero due, Pronger gioca 81 partite con gli Hartford Whalers ma questa squadra per Chris è abbastanza sbagliata, grazie alla condotta pessima al di fuori del ghiaccio che comprende numerose risse e multe per stato di ebbrezza, tanto da etichettare Pronger come giovane immaturo, prima della cessione ai St.Louis Blues in cambio di Brendan Shanahan.

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Sotto la guida di Mike Keenan esplode il vero talento di Chris Pronger, incrementa la produzione offensiva superando i 30 punti al termine del 96/97 ma anche iniziando a farsi rispettare nella propria area difensiva.

Con la partenza di Brett Hull diventa capitano dei Blues e inserito nel secondo All Star Team del 1997/98 in quintetto con Brodeur, Niedermayer, Gretzky, Selanne e Tkachuk. Fa prendere anche uno spavento ai suoi tifosi quando contro i Red Wings nei playoff prende in pieno petto un disco avendo un breve arresto cardiaco.

Nel 99/2000 arriva la miglior stagione di Pronger con 62 punti e una valutazione plus/minus di +52, conquistando il James Norris Trophy come miglior difensore e l’Hart Memorial Trophy come migliore della lega, superando di un solo punto Jaromir Jagr, primo difensore a vincere questo trofeo dai tempi di Bobby Orr.

Gli infortuni iniziano ad essere presenti nella carriera di Pronger, gioca solo 51 partite nel 2000/01 e i problemi al polso e al ginocchio gli fanno saltare quasi tutta la stagione 2002/03, dove gioca appena 5 partite, venendo sostituito come capitano da Al Macinnis.

Si ripresenta in ottima forma nel 2003/04 con 54 punti ma il lock out impone ai Blues restrinzioni nel salary cap tanto da vendere Pronger agli Oilers in cambio di Brewer, Woywitka e Lynch, firmando un quinquiennale da 21 milioni di dollari.

La stagione 2005/06 vede Pronger guidare gli Oilers fino alla finalissima di Stanley Cup contro i Carolina Hurricanes, la serie si chiuse in 7 gare con la decisiva vittoria di Carolina per 3-1, lasciando l’amaro in bocca a Chris che nonostante un contratto di 5 anni chiede la cessione per motivi familiari, con la moglie Lauren infelice di vivere a Edmonton.

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Sbarca cosi agli Anaheim Ducks e mai scelta fu più azzeccata, la squadra passa dall’essere un cartone animato a presentarsi nella finalissima del 2007/08 contro gli Ottawa Senators. Oltre a Pronger è la squadra dei fratelli Niedermayer, di Teemu Selanne e dei giovani Penner, Perry e Getzlaf. In 5 gare e con un perentorio 6-2 i Ducks sollevano la Stanley Cup, per Pronger seconda finalissima consecutiva ma finalmente una gioia, nonostante due sospensioni per gioco scorretto ai danni prima di Holmstrom dei Red Wings e poi in finale fu colpito McAmmond, diventando ugualmente membro del Triple Gold Club.

Il 28 settembre 2007 Pronger diventa capitano dei Ducks in sostituzione di Scott Niedermayer, restando con la C sulla maglia anche col rientro del vecchio capitano, sino a restituire i gradi e tenere quelli di capitano alternativo nel 2008/09.

La condotta ai limiti di Pronger raggiunge l’apice il 12 marzo 2008 quando viene squalificato per 8 turni in seguito ad una carica su Ryan Kesler per gioco potenzialmente pericoloso, prima di una nuova avventura nei playoff pur partendo dall’ottava posizione in griglia, eliminando gli Sharks reduci dal President Trophy e arrendendosi ai Red Wings in 7 partite.

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Per Pronger è l’ultima gara con i Ducks, dopo 1.000 partite in Nhl sbarca nei Flyers il 27 giugno 2009 firmando un contratto di sette anni (dati alla mano Pronger è sotto contratto sino al 2016) chiudendo la carriera con la maglia di Philadelphia e raggiungendo la terza finale di Stanley Cup nella prima stagione dopo essersi qualificati negli ultimi giorni ed essersi arresi solo ai Blackhawks di Toews e Kane alla prima coppa dopo 40 anni, dopo guarda caso quella di Red Hay.

Gli ultimi anni sono però un calvario per Chris, prima il ginocchio, poi sindrome post commozione cerebrale e infine problemi all’occhio destro ne hanno chiuso anzitempo la carriera, con 157 gol fatti, 541 assist in 1.167 partite, con il fiore all’occhiello di 1.590 minuti di penalità in una storia da leader che alla Stanley Cup aggiunge una medaglia d’oro olimpica e un campionato del mondo.

Sergei Fedorov

Fedorov è stato semplicemente uno dei giocatori più dominanti in Nhl, sapeva far tutto, in attacco super attaccante, in difesa difensore con lode, tanto che in certi frangenti si parlava di lui come miglior Norris Trophy.

Nato il 13 dicembre 1969 a Pskov, Unione Sovietica, Fedorov ha sviluppato il talento dell’hockey anche grazie ad una straodinaria intelligenza unita all’ottima visione di gioco, eccellente pattinatore si mette in luce ai mondiali giovanili quando completa la linea di Moginly e Bure, qualcosa di straordinario.

Dopo le medaglie d’oro con la nazionale sovietica per Fedorov arriva il conseguente passaggio in Nhl, nel 1989 viene scelto alla posizione numero 74 dai Detroit Red Wings, che, casualmente o forse no, nello stesso draft scelgono alla posizione numero 53 un tale di nome Nicklas Lidstrom, svedese destinato ad una “discreta” carriera.

Le frontiere sovietiche però non permettono a Fedorov l’esordio nel massimo campionato di hockey, cosi nel 1990 mentre il suo CSKA era a Portland per i Goodwill Games, Sergei prende l’aereo per Detroit diventando una delle future stelle dell’Urss a disertare la nazione pur di giocare in Nhl.

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Fedorov ha subito un impatto straordinario nella Nhl, 31 gol nella stagione d’esordio in una squadra che parla tanto sovietico perché a metà anni 90 Scotty Bowman, recordman di Stanley Cup vinte da allenatore, schiera contemporaneamente Fetisov e Konstantinov in difesa, Kozlov sulla sinistra, Larionov sulla destra e Fedorov centro, facendo nascere cosi i Russian Five (o Armata Rossa), arma letale di 5 giocatori che si trovano sul ghiaccio anche giocando alla cieca, facendosi ammirare per velocità, abilità nel possesso del disco e velocità di rientro in difesa, spettacolo assoluto.

Fedorov domina nel 1993/94 chiudendo alle spalle di Gretzky nella classifica marcatori, annata con 56 gol, 64 assist e 120 punti, dieci in meno di The Great One, regular season chiusa con 356 gol fatti, ma per la Stanley Cup bisogna aspettare qualche anno, nonostante il 1995/96 si chiuda con ben 62 partite vinte, record della Nhl, col trionfo finale però dei Colorado Avalanche.

I Russian Five e i Red Wings raggiungono l’apice nel 1997, anno in cui vincono la Stanley Cup in 4 gare contro i Philadelphia Flyers, dopo una regular season chiusa con 250 gol fatti e dei playoff in cui incantano tutti, vincendo 16 partite su 16 quando uno dei russi mette a segno un punto.

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Purtroppo, sei giorni dopo quel trionfo, Vladimir Konstantinov è vittima di un incidente automobilistico che paralizza il russo, chiudendo di fatto la fiaba dell’Armata Rossa. Fedorov continua ad incantare, tra gli elogi di chi vede in lui tre giocatori in uno, migliore persino di Wayne Gretzky parole proprio del mitico 99, con premi che vanno dal Frank J.Selke per la sua fase offensiva e difensiva e il Lester B.Pearson, premio dato dagli giocatori della Nhl e naturalmente l’Hart Memorial del 1994, il migliore del campionato.

Nell’epoca di Gretzky e Lemieux è Fedorov quello che si avvicina di più ai due mostri sacri, dominando con la velocità e nell’uno contro uno, sfruttando una forza spaventosa nelle gambe.

Il 97/98 si apre con la tristezza per l’incidente di Konstantinov e una trattativa estenuante per tenere Fedorov a Detroit, ci vuole un gran bel mucchio di dollari per convincere il russo a rinunciare alla mega offerta dei Carolina Hurricanes, accordandosi per 28.000.000 per le restanti 43 partite in cui Fedorov, distribuite tra firma, bonus sulla regular season e per le finali di conference, cifra mai pagata per nessun altro atleta Nhl in una singola stagione.

Tanti soldi ma anche bis nella Stanley Cup, con la coppa immediatamente consegnata a Vladimir Konstantinov nella bolgia della Joe Louis Arena.

Nel 99 Fedorov crea un ente di beneficenza per aiutare i bambini della zona di Detroit, donando l’intero stipendio base, continuando l’inseguimento nei playoff ai record individuali grazie ai suoi 134 punti, terzo dietro Jagr a 135 e Lemieux a 136.

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Il dominio di Fedorov prosegue nel 2001/02 quando Detroit è un Dream Team, ad una rosa super si aggiungono Dominik Hasek, Luc Robitaille e Brett Hull, terza Stanley Cup vinta grazie anche ai 5 gol di Sergei con 19 assist, raccogliendo applausi sul suo dominio nel ghiaccio. Casualmente, Fedorov non vince mai il Conn Smithe Trophy come mvp dei playoff, vinto invece nelle tre Stanley Cup sollevate da Mike Vernon, Steve Yzerman e quel Nicklas Lidstrom che continua ad avere una carriera in parallelo con Fedorov ma noi volutamente ignoriamo.

Fedorov alla classe unisce anche la potenza, nell’All Star Game del 2002 fa segnare il tiro più potente con il disco che tocca 101,5 mph,  chiudendo poi la stagione con 36 gol e 83 punti in 80 gare.

L’avventura con Detroit si chiude nell’estate 2003 quando Fedorov si accorda con gli Anaheim Mighty Ducks, divorzio doloroso dalla città dei motori per un giocatore che in tante statistiche offensive è dietro solo a Gordie Howe, Steve Yzerman e Alex Delvecchio.

Con la maglia di Anaheim resta solo due stagioni, fischiatissimo negli incontri con Detroit, segno comunque di un fortissimo amore tradito sul più bello, e con la maglia dei Bolts registra il suo punto numero 1.000, unica soddisfazione prima di approdare ai Columbus Blue Jackets.

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A Columbus viene ceduto il 15 novembre del 2005, giocando con i Blue Jackets la partita numero 1.000 della sua carriera Nhl, altre due stagioni prima dell’ultima squadra in cui va a giocare in Nhl, i Washington Capitals.

Nei Caps fa da chioccia a ad Alex Ovechkin, colui che recentemente ha battuto proprio Fedorov come russo con più gol in Nhl, lo stesso Ovie che a detta di Jeremy Roenick “avrebbe fatto panchina insieme a Malkin giocando in squadra con Moginly, Fedorov e Bure”.

Fedorov lascia la Nhl nella stagione 2009/10 quando firma con i Metallurg Magnitogorsk, in Khl, chiudendo un’avventura nel massimo campionato hockeistico condita da 483 gol, 696 assist e 1.179 punti in 1.248 partite, lasciando come ricordo il dominio del ghiaccio, sia in attacco che in difesa, tre Stanley Cup vinte ed un esempio di leadership che a Detroit è stato trasmesso dopo Fedorov ad un tale di nome Lidstrom.

Nicklas Lidstrom

Colui che ha riscritto il vocabolario sotto la voce difensori, colui che ha incantato un’intera decade di hockey, colui che alla cattiveria difensiva preferiva una finta, una ripartenza, un gol o un passaggio decisivo, colui che ha raccolto la lettera C da Yzerman e l’ha onorata fino a 42 anni sul ghiaccio, Mr. Perfect, semplicemente Nicklas Lidstrom, un mito.

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Il miglior blueliner della storia della Nhl nasce a Vasteras il 28 aprile 1970 e qui muove i primi passi da giocatore di hockey. Detroit lo pesca alla posizione numero 53 del draft 1989, colpo di classe degli scout dei Red Wings che ancora non lo sanno, ma hanno pescato il miglior giocatore della decade appena conclusa.

Lidstrom fa l’esordio in Nhl nel 1991/92 segnando 60 punti nella stagione da rookie e arrivando alle spalle di Pavel Bure nel Calder Trophy. Nello stesso anno guida la Svezia nel Campionato del Mondo, l’oro poi all’Olimpiade invernale del 2006 fanno di Nicklas un membro del Triple Gold Club, visto che poi arriveranno anche le Stanley Cup.

Andiamo con ordine, dal 1996 Lidstrom è perennemente nella classifica alla corsa al Norris Trophy come miglior difensore, nelle 14 stagioni consecutive arriva al massimo sesto, poi fa di quel trofeo il suo trofeo, con tre secondi posti nel 98/99/00 quando gli vengono preferiti Blake, Macinnis e Pronger.

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Dal 2001 sarà tripletta, poi nel 2004 vittoria di Niedermayer prima di un altro triplo trionfo dal 2006 al 2008, fino al 2011 quando arriva il settimo trionfo con buona pace di Keith, Chara e Weber che vedono in Lidstrom l’icona del difensore modello.

Come non prendere ad esempio Lidstrom in difesa, intelligenza incredibile nel leggere le azioni, anticipare l’avversario con finte, fulminare i portieri con quello sguardo di ghiaccio che lo fa sembrare un parente vicino di Terence Hill per i tratti somatici, poi arriva la Stanley Cup.

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Per vent’anni Lidstrom indossa solo ed esclusivamente la maglia dei Detroit Red Wings, 3 presenze in meno nei playoff con il solo Chelios a batterlo a quota 266, difensore con più punti delle Ali Rosse, 80 nella stagione 2005/06 con 16 gol e 64 assist ma soprattutto un fisico bestiale che gli fa attraversare i successi con i Russian Five, con Steve Yzerman, con Hasek e con Datsyuk e Zetterberg, nel ghiaccio della Joe Louis Arena quel numero 5 è sempre presente.

Quando Yzerman si ritira nel 2006 i gradi di capitano possono spettare solo a lui, primo europeo della franchigia con tale onore, con la prima stagione con la C sulla maglia finita contro i futuri campioni dei Ducks, ma nel 2007/08 la storia cambia, prima supera Forsberg come il secondo svedese nella classifica marcatori, con Sundin irraggiungibile a quota 1.349, 27esimo di tutti i tempi, poi porta i Red Wings a vincere il President Trophy grazie ad una regular season chiusa con 115 punti.

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Il meglio deve ancora venire, nei playoff battono i coriacei Penguins di Crosby, Malkin e Hossa in sei gare, cosi per Lidstrom arriva la quarta Stanley Cup, ma la prima sollevata da capitano, primo europeo a riuscirci con quei gradi.

I Red Wings arrivano vicini anche al quinto trionfo, ma gara 7 del successivo anno sorride ai Penguins in una gara che a Detroit ancora brucia, con Lidstrom fermato da Fleury a tempo scaduto.

Non sarà certo quella sera a macchiare una carriera da eroe, Lidstrom ha il tempo per firmare prima il punto numero 1.000 http://archivio.playitusa.com/?p=15747, quarto Red Wings a riuscirci dopo Howe, Delvecchio e Yzerman e superando Numminen come partite giocate da un europeo in Nhl.

Gli anni passano ma Lidstrom non invecchia, nel giorno del suo 40esimo compleanno sigla tre punti nella vittoria in gara 7 contro i Phoenix Coyotes, realizzando poi un hat trick il 15 dicembre 2010, prima tripletta arrivata a 40 anni, col record di prima tripletta più anziana e tripletta più “datata” per un giocatore Nhl.

Il 31 maggio 2012 Lidstrom annuncia il ritiro, tutti in quel giorno sanno che passati i canonici 3 anni diventerà Hall of Famer, col numero 5 in bella mostra alla Joe Louis Arena, perché a Detroit non ci sarà un altro giocatore con quel numero, né un altro Capitanohttp://www.playitusa.com/nhl/2012/11/31729/nicklas-lidstrom-il-capitano/ con la C maiuscola cosi prezioso come Mr. Perfect Nicklas Lidstrom.

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