Dall’altra parte dell’oceano, negli Stati Uniti d’America, esiste la tendenza, se non la consuetudine, ad osservare e a dare parecchia importanza ad i numeri che fanno capire quanto renda in talune situazioni una determinata squadra.
Proprio i numeri sono una delle tante cose che rendono giustizia ad un uomo ed a ciò che ha creato. Trattasi di Tom Thibodeau e della più che granitica ed adamantina difesa che ha messo in piedi con il sudore e la fatica in quel di Chicago, Illinois.
La sua carriera da allenatore è iniziata nel Minnesota, dopo quattro anni trascorsi ad Harvard. Dopo un rapido passaggio per Seattle, ricoprendo il ruolo di scout, approda in Texas alla corte dei San Antonio Spurs come assistant coach.
Dopo due anni trascorsi con gli speroni, solo i passaggi di Philadelphia, New York e Houston prima della svolta: Boston. Il 30 agosto 2007 infatti Thibodeau entra nello staff dei Celtics, con la dirigenza verde-oro che tanto sperava in un grosso upgrade del proprio reparto difensivo.
Sotto l’ala di Doc Rivers, Thibodeau aiuta i Celtics a diventare la squadra con la miglior difesa della NBA, riuscendo anche ad arrivare a vincere il tanto agognato anello.
Nella stagione 2007-2008 Boston arriva ad ottenere il primo posto in parecchie categorie statistiche difensive, e lo stesso Tom ha ricoperto un ruolo molto importante nei piani dei C’s per cercare di arginare Kobe Bryant nelle Finals, mantenuto in quella storica serie a 25.7 punti di media (.405 dal campo e .321 dall’arco), mentre nella stagione regolare il Mamba aveva chiuso con quasi 30 punti di media e percentuali leggermente superiori (28.3 punti, .459 al tiro, .361 da tre punti).
La tappa di Boston è però solo stata la prima di quella che si rivelerà una carriera finora fatta di lavoro, etica e grande organizzazione difensiva. Il 23 giugno 2010 infatti Thibodeau diventa il nuovo head coach dei Chicago Bulls e neanche un anno dopo (1 maggio 2011) riceve il premio di “Coach of the Year”, merito soprattutto del pareggio del record di vittorie in una singola stagione da parte di un allenatore al suo primo anno da head coach: 62.
I Bulls tra l’altro per la prima volta dopo Michael Jordan raggiungono quota 50 vittorie, e vengono stoppati solamente dai Miami Heat poi vice-campioni NBA.
Due anni fa il nativo di New Britain diventa anche l’allenatore più rapido a raggiungere le 100 vittorie in carriera grazie ad un match vinto contro gli Orlando Magic, raggiungendo il traguardo in 130 gare disputate, una in meno di Avery Johnson, detentore precedente del record.
Quello che però sembra essere il tracollo del sistema dei Tori di Chicago avviene nella prima gara dei play-offs di quell’anno quando, giocando contro i Sixers, Rose si infortuna pesantemente al ginocchio, compromettendo il cammino della squadra nella post-season.
Seguiranno una intera stagione senza Rose, ma conclusa col record di 45-37 e il passaggio del primo turno dei playoffs contro i Nets.
Quest’anno, dopo il secondo infortunio al ginocchio del numero 1 dei Bulls, e la trade che spedisce Luol Deng (altro perno fondamentale del gruppo di Thibodeau) a Cleveland, le cose non sembravano risplendere nella Windy City.
L’inizio della stagione non è stato dei migliori, ed i Bulls di fatto non sembravano giocare al loro solito ritmo. Tutto però sembra essere cambiato nel 2014, anno che ha visto un numero abbastanza corposo di cambi di marcia.
Un nuovo leader infatti ha preso posizione nello spogliatoio dei rosso-neri, ed anche in campo. Il suo nome è Joakim Noah. Grazie al centro francese la squadra di Thibodeau ha trovato una sorta di nuova dimensione di gioco, interpretazione dei giochi e lettura.
Ma non solo: lo step up compiuto da Jimmy Butler alla posizione di guardia tiratrice ha garantito una certa continuità di rendimento, difensivo soprattutto, al coach del Connecticut. Le caratteristiche principali che hanno convito sempre più Thibodeau ad usufruire del nativo di Houston sono soprattutto quelle mentali.
Il ragazzo infatti gioca sempre duro, mette cuore e sudore su ogni pallone ed in ogni giocata che fa, ed è questo il primo aspetto che Thibodeau vuole dai propri giocatori. In una squadra che non ha molto talento offensivo e non realizza molti punti (trentesimo attacco per punti realizzati), questo genere di effort è quello che serve per portare a casa le W che servono.
La difesa di Chicago, infatti, è la numero 1 per punti concessi a quota 92.2 e proprio gente del calibro di Noah, Butler (e non solo) sono il perno del sistema e dei suoi ingranaggi.
Un esempio rapido ed abbastanza lampante è la gara vinta pochi giorni fa contro i Miami Heat, con LeBron James in continua difficoltà e con continua pressione addosso. Butler si è fatto sentire parecchio per tutta la partita, ed è colui che, grazie anche alla collaborazione di Noah e non solo, ha tolto dalle mani del “prescelto” la palla, forzando il supplementare poi favorevole alla formazione di casa.
Proprio il numero 21, dopo aver concesso a James solo 8 realizzazioni su 23 tentativi, è stato definito dal proprio allenatore come un “top-five defender”. Il valore da questo punto di vista di Butler difficilmente è discutibile, dato che in soli tre anni il giocatore proveniente dal Texas è diventato un ottimo difensore, in grado di coprire ogni posizione, eccetto quella del centro.
Anche Taj Gibson sta repentinamente salendo di colpi, soprattutto quando è in grado di chiudere le partite ad un intenso livello fisico e difensivo in coppia con Noah. Anche questo aspetto può aprire un numero incredibile di scenari per il front office di Chicago. Già perchè l’attuale titolare nel ruolo di ala forte potrebbe ricevere il ben servito dopo diverse stagioni non esenti da critiche.
Grazie all’amnesty i Bulls potrebbero scaricare il contratto di Carlos Boozer, avendo così un ampio margine di salary cap per la prossima free agency, che potrebbe presentare nomi alquanto altisonanti. Uno di questi è Carmelo Anthony, in caso decidesse di utilizzare l’opzione che gli consente di uscire un anno prima dal contratto rinunciando a tutti i soldi che ne deriverebbero.
Lo stesso prodotto di Syracuse è stato corteggiato durante l’All Star Weekend da Joakim Noah per questa estate, cercando di convincerlo ad accasarsi ai Bulls. Probabilmente Noah ha intravisto in lui l’uomo giusto per rendere l’attacco di Chicago molto più pericoloso, ma bisogna valutare attentamente se l’ex Nuggets sia il giocatore giusto per Thibodeau e la sua difesa.
Sicuramente potrebbe rivelarsi una più che accattivante possibilità per Anthony, che potrebbe far fare uno step up incredibilmente grande all’attacco dei Bulls, con ottime probabilità di rendere la squadra una più forte e completa contender, senza dimenticare che avrebbe maggiori possibilità di vincere l’anello che tanto sta cercando.
La stagione dunque non è ancora finita, e già si prospettano scenari più che interessanti per questa estate, free agency annessa ovviamente, ed anche per la prossima annata.
Solo il tempo ci potrà dire cosa succederà in Illinois, nel frattempo Thibodeau continua sulla propria strada grazie al capolavoro creato con le proprie mani nello United Center.
Studente di giurisprudenza. Appassionato delle Big Four, NFL in particolare. Tifoso sfegatato Green & Gold!
veder giocare in quel modo contro miami è stato stupendo
lo sarebbe stato anche se avesse perso, ma vedere noah giocare in quel modo e vincere è bellissimo (fortunatamente non ho visto la partita contro gli spurs, ma ho vista quella contro i rockets)