Siamo arrivati al piatto forte: le due squadre più dominanti di questi playoffs si affrontano faccia a faccia, dopo aver superato i precedenti tre turni con un identico record (12-3: dal 1984 solo 12 squadre hanno fatto meglio, e tra queste solo tre non hanno poi vinto il titolo).
Iniziamo ad analizzare la serie passando in rassegna gli aspetti tattici più significativi in generale; nella seconda parte prenderemo in considerazione, con l’ausilio di qualche immagine, alcune situazioni specifiche.
IL FATTORE CAMPO
Abbiamo di fronte la miglior squadra casalinga di questi playoffs (8-0 all’AAA per Miami) e la miglior squadra in trasferta (5-2 lontano da casa per Dallas), e già questo ci suggerisce una prima chiave di lettura della serie: se c’è una squadra che può reggere l’impatto iniziale delle prime due gare a Miami, questa è proprio Dallas, e nelle Finals chiudere le prime due partite sull’1-1 è di capitale importanza, visto che la squadra sfavorita poi ha l’occasione di giocarne tre di fila sul proprio parquet.
Abbiamo inoltre tra le mani il rematch delle Finals del 2006, con la clamorosa rimonta di Miami da 0-2 (e -9 all’inizio del quarto periodo di Gara3) e l’altrettanto clamoroso, e francamente ingiustificato, numero di tiri liberi accordati a Wade (18, 9, 21 e 25 nelle ultime quattro sfide): i che ci conduce ad un altro tema tattico significativo.
I TIRI LIBERI
Le escursioni in lunetta avranno un’importanza capitale, soprattutto nella metà campo dei Mavs: il tutt’altro che fluido attacco a difesa schierata di Miami ha assoluto bisogno di prendere ossigeno con i tiri dalla lunetta nei momenti di difficoltà; Wade e James sono maestri nel buttarsi dentro, cercare il contatto e “calamitare” un fischio favorevole dagli arbitri anche dove non ci sarebbe, e i Mavs per parte loro sono una squadra che tendenzialmente regala parecchi viaggi in lunetta agli avversari.
Da un punto di vista strettamente tattico, quindi, questo sembra un aspetto della sfida molto succulento per gli Heat, a cui un “cuscinetto” di una decina di liberi di vantaggio potrebbe bastare per non guardarsi più indietro; però, e se avete ascoltato il nostro podcast ne avrete già sentito parlare, il “condizionamento ambientale” potrebbe giocare un ruolo decisivo.
Senza lasciarsi andare a dietrologie o teorie del complotto all’italiana, è evidente e naturale che ogni arbitro destinato a fischiare nelle Finals ha sentito parlare più e più volte di quei famigerati liberi di Wade del 2006; è un argomento di discussione che in questi giorni sta impazzando in tutti i media, ed è facile immaginare le reazioni “alla Zamparini” di quello sciamannato di Cuban non appena dovessero iniziare a piovere fischi pro-Wade o pro-James nelle prime gare.
Non sarebbe sorprendente se i grigi, nella proverbiale “frazione di secondo” in cui devono decidere le sorti di un contatto difficile da interpretare, finissero per farsi influenzare dall’eredità emotiva di quella serie e trattenessero qualche fischio di troppo in favore dei dioscuri James e Wade.
Se le cose andassero così, il bilanciamento dei liberi potrebbe annullarsi o addirittura ribaltarsi a favore dei Mavs, visto che Nowitzki, per parte sua, è perfettamente in grado di generare tante attenzioni e tanti contatti difensivi da andare in lunetta 10-15 volte a partita, soprattutto contro avversari fisici come Anthony o Haslem.
LE FILOSOFIE DI GIOCO
Le due candidate alla vittoria finale non potrebbero essere più diverse: laddove Miami si affida allo strapotere fisico e tecnico dei suoi esterni, dei loro due giocatori principali, che monopolizzano il gioco degli Heat praticamente in ogni aspetto, Dallas è una squadra molto carente dal punto di vista dell’esplosività e dell’esuberanza fisica, proprio e soprattutto negli esterni.
E quindi se in Florida molti dei successi della squadra sono rimessi alle intuizioni individuali dei loro campionissimi, e i giocatori al di fuori dei big three sono poco più che comparse, Dallas ha sostituito i picchi di eccellenza fisica di cui non dispone con una rosa molto profonda e versatile, e soprattutto con un gioco di squadra regolare ed efficace come il proverbiale orologio svizzero.
Un aspetto in cui le due squadre sono molto simili è quello dei rimbalzi, dal momento che entrambe sono solidissime nel difendere il propri tabellone e molto restìe ad attaccare quello altrui, prediligendo una rapida transizione difensiva alla possibilità di allungare un possesso offensivo.
Ci possiamo quindi attendere sicuramente pochi rimbalzi offensivi di Dallas e molti rimbalzi difensivi di Miami; dall’altra parte, invece, l’esito dei playoffs dell’Ovest potrebbe ingolosire Spoelstra invitandolo a cambiare la propria filosofia.
Dallas, infatti, dopo essere stata una delle migliori squadre a rimbalzo difensivo in regular season, ha fatto molta più fatica nelle tre eliminatorie precedenti: resta da vedere, però, se si tratta di un vero e proprio calo, forse determinato dalla stanchezza che inizia ad accumularsi delle gambe dei suoi molti ultratrentenni, oppure semplicemente la fisiologica conseguenza dell’aver affrontato tre delle migliori squadre della lega a rimbalzo offensivo, e per di più spinte dalla forza della “disperazione” per essersi trovate, da subito, ad inseguire i Mavs.
NELLA META’ CAMPO DEGLI HEAT
Miami ha costruito le sue fortune in questi playoffs sfruttando innanzitutto una difesa praticamente impenetrabile alle penetrazioni altrui; gli Heat sono abilissimi nel chiudersi a riccio per difendere il tabellone e riaprirsi immediatamente, ruotando ed effettuando i closeout sui tiratori in modo molto rapido, per negare i tiri da fuori sugli scarichi; al tempo stesso sono la squadra in assoluto più aggressiva della lega contro i giochi a due avversari, assalendo letteralmente il portatore di palla con due giocatori alla volta per costringerlo ad arretrare e scaricare, ed affidandosi alle rotazioni difensive degli altri tre giocatori in campo (e alla velocità e agli istinti di Wade e James) per riuscire a tenere botta nella situazione di 3 vs 4 che si viene così a creare, finché il resto della squadra non si riposiziona.
Una strategia che si è dimostrata tremendamente efficace contro squadre dotate di grandissimi talenti individuali nell’ 1vs1 (Iguodala e gli altri esterni di Phila, Rondo, Pierce, Rose) ma poco fluide nella circolazione di palla; sarà interessante vedere se potrà garantire gli stessi dividendi contro un attacco strutturato in modo radicalmente differente, che non si affida agli isolamenti, alle iniziative individuali e più in generale alle penetrazioni, ma piuttosto alla rotazione di palla e ai tiri piedi per terra.
Una difesa aggressiva e basata principalmente sulla rapidità e precisione delle proprie rotazioni può andare in grande difficoltà contro un attacco paziente, con giocatori che palleggiano poco e fanno girare molto il pallone: contro l’attacco dei Mavs, che punta non tanto a “sfondare” la difesa altrui ma a sbilanciarla ed aggirarla pazientemente, una difesa come quella degli Heat non può cavarsela con una o due rotazioni difensive, ma verrà spesso costretta a ruotare per tre, quattro, cinque volte di seguito; un compito che può rivelarsi molto stressante, sia fisicamente che dal punto di vista della concentrazione richiesta, anche perché contro i letali tiratori di Dallas basta una frazione di secondo di ritardo nei closeout per trovarsi a raccogliere il pallone dal fondo della retina.
Al tempo stesso, l’assenza di esterni che monopolizzano il gioco rende molto meno significativa l’aggressività difensiva di Wade e James, che rendono molto meglio quando possono focalizzarsi su un “obiettivo” specifico (un avversario fisso, una linea di passaggio prevedibile) piuttosto che quando sono costretti a muoversi lontano dalla palla e dallo sviluppo del gioco.
In tutto questo non è stato ancora menzionato Dirk Nowitzki, e mi sembra il caso di iniziare, visto che sinora è stato, a mani basse, il miglior giocatore offensivo di questi playoffs, elevandosi ad un livello sidereo.
L’analisi di tutte le voci di eccellenza statistica e delle prestazioni epocali che il tedescone ha messo a segno in questa post-season richiederebbe un articolo a parte; in questa sede ci limiteremo a sottolineare cosa possono fare gli Heat per disinnescare quest’arma letale, anche perché la teoria, in realtà, è abbastanza semplice.
Per sopravvivere a Nowitzki, la regola è una sola: impedirgli la ricezione nel suo “ufficio” in post medio, da cui è sostanzialmente inarrestabile quando si mette in proprio e non c’è modo di raddoppiarlo efficacemente, visti i livelli di eccellenza come passatore che ha raggiunto nel corso degli anni e il fatto che quando va in post è sempre circondato da uno o due temibili cecchini ad un solo passaggio di distanza.
E’ quindi necessario quindi o fronteggiarlo con un difensore atletico, mobile e con le braccia lunghe (Brooks ha tentato di fare affidamento su Sefolosha, con discreti risultati, mentre gli Heat potrebbero affidare questo compito a Lebron), oppure utilizzare un difensore “tosto” dal baricentro basso che lo spinga via prima della ricezione allontanandolo di un paio di metri; Collison in questo senso è stato eroico per i Thunder, e Miami potrebbe affidarsi ad Anthony e, soprattutto, al redivivo Haslem.
Il capitano degli Heat nel 2006 giocò una serie eccezionale, limitando il tedesco meglio di chiunque altro prima e dopo, ma in questo momento non è ancora tornato al top della propria forma, e nel frattempo Nowitzki ha ulteriormente migliorato il suo repertorio, e soprattutto la squadra, orchestrata magistralmente da Kidd, è in grado di aspettare pazientemente che Dirk ritrovi la posizione che gli viene inizialmente negata facendo girare la palla e riposizionandosi nella situazione cosiddetta di “repost”.
James in situazione di fronting, Anthony o Haslem per spintonarlo via… e Bosh? Ecco, Bosh al contrario sembra ben poco adatto ad affrontare il tedesco sul suo campo di battaglia preferito, ma purtroppo per Spoelstra dovrebbe essere il giocatore a cui Nowitzki dovrà essere affidato più frequentemente. Dopo essere salito in cattedra offensivamente contro i Bulls, l’ex Raptor dovrà guadagnarsi il titolo di terzo “big three” a tutti gli effetti, perché se Nowitzki entra in ritmo per Miami sono dolori.
Un’ulteriore situazione tattica in cui Nowitzki normalmente massacra i suoi avversari in questa post-season è il gioco a due come bloccante: il suo blocco alto per Kidd o Barea, seguito da un movimento ad uscire in pop o fade, o dritto al ferro in roll (se non, ed è la situazione più devastante, con finta ad allargarsi per un tiro da tre e successivo movimento improvviso verso il canestro quando un difensore tenta di anticiparlo), è stato finora un rebus irrisolvibile per tutti gli avversari incontrati, che pure erano tutti difensori di altissimo livello (Aldridge, Gasol e Odom, Ibaka, Perkins e Collison): da questo punto di vista, però, gli Heat sono perfettamente attrezzati, dal momento che, come detto in precedenza, la loro difesa contro il pick and roll è la migliore e più aggressiva della lega.
Sarà necessario fare molta attenzione, in particolare, al rendimento di Barea: in tutte le serie precedenti al diabolico portoricano è bastato un buon blocco alto per fare a fette la difesa avversaria, ma contro gli Heat e le loro “trap” insistite nei giochi a due, è difficile che questo succeda.
Gli Heat sono riusciti ad impedire al giocatore più veloce della lega, l’MVP Rose, di “girare l’angolo” e puntare l’area nei giochi a due, togliendogli la palla dalle mani e costringendolo a passaggi prevedibili; Barea è devastante quando ha spazio di fronte a sè, ma molto sospetto come “decision maker” in situazione statica, e potrebbe essere costretto a giocare molto più spesso in questa seconda situazione piuttosto che nella prima.
NELLA META’ CAMPO DEI MAVS
Avendo a che fare con la miglior difesa e il miglior attacco di questi playoffs ci siamo dilungati sull’analisi dell’altra metà campo, ma non è che da questa parte manchino gli stimoli tattici.
Per quanto riguarda gli Heat, è ben noto che Spoelstra vorrebbe trovarsi il meno possibile in situazioni di attacco a metà campo: Miami vuole correre, correre a tutti i costi per sfruttare i due giocatori più devastanti della lega in campo aperto, e fare ai Mavs quello che Lebron ha fatto a Korver.
I Mavs, da questo punto di vista, potrebbero trovarsi in difficoltà, dal momento che hanno una preoccupante propensione alle palle perse in attacco, e ognuna di esse potrebbe incendiare i garretti dei cavalli di razza degli Heat e con loro tutta l’American Airlines Arena.
Se Dallas riuscisse a costringere Miami ad una partita a basso ritmo, costringendoli ad un attacco a metà campo, la situazione potrebbe prendere tutt’altra piega.
La difesa dei texani, infatti, statisticamente è solo mediocre: però, se togliamo i tanti (troppi) punti concessi in contropiede, vediamo che in realtà, a difesa schierata, si innalza al livello delle migliori della lega, come già sperimentato da Blazers, Lakers e Thunder.
Per raggiungere questi risultati, non fanno altro che applicare la stessa filosofia che adottano in attacco: in assenza di atleti e difensori di alto livello, ci si affida al gioco di squadra e al movimento corale.
In primo luogo, quando si parla di Mavericks e difesa, non si può non menzionare la zona, che utilizzano con una costanza ed una efficacia sconosciuta a tutte le altre squadre NBA (oltre il 10% dei loro possessi difensivi in regular season li ha visti schierarsi a zona).
Nel primo turno contro i Blazers non l’hanno utilizzata, visto che anche Portland ama la zona, e quindi sa anche come attaccarla; contro i Lakers nemmeno, un po’ perché l’attacco triangolo è eccellente contro la zona, e un po’ perché non ce n’è stato bisogno; contro i Thunder se n’è vista ben di più, almeno 6-7 volte a partita e soprattutto ad inizio dei quarti, per evitare che i Thunder partissero forte guadagnando inerzia.
Questo è il momento di sfoderarla in modo massiccio, perché i problemi di matchup difensivo contro Miami sono più accentuati che contro chiunque altro, e soprattutto perché gli Heat in regular season hanno fatto una fatica tremenda in questo frangente.
Per il resto, i Mavs tendono a giocare molto aggressivi ed in anticipo sulle linee di passaggio, e ad adottare una strategia di cambio quasi sistematico contro i giochi a due; in questo modo mettono poca pressione sul portatore di palla, negandogli il giro palla sull’esterno, “invitandolo” a palleggiare tanto e muoversi lateralmente, e confidando nel fatto che, ad un certo punto, l’attaccante si metta in proprio ed affronti 1 vs 5 una difesa che ha poco atletismo ma tanti centimetri sotto canestro.
Una strategia che si è dimostrata efficacissima contro Durant e, soprattutto, Westbrook, ancora troppo acerbi nelle letture e soprattutto poco aiutati da un supporting cast molto statico e poco coinvolto nelle giocate lontano dalla palla.
Da un certo punto di vista, questa strategia potrebbe nuovamente pagare buoni dividendi contro una squadra che, come i Thunder, sfoggia un attacco a metà campo molto macchinoso e basato soprattutto sulle interpretazioni individuali del dynamic duo Wade-James, piuttosto che sul movimento corale e sui tagli dal lato debole che sarebbero l’ideale per scardinare questa difesa.
Però non ci si può dimenticare che Durant e Westbrook, con tutto il rispetto, sono ancora distanti anni-luce da James e Wade quanto ad esperienza, letture del gioco, e soprattutto potenza fisica e capacità di chiudere nel traffico: quando Westbrook palleggia per dieci secondi e poi si butta dentro contro mezza difesa avversaria fino a schiantarsi su Chandler o Haywood, se segna è un evento; quando la stessa azione la fanno James e Wade, è comunque un tipo di tiro che può portare a buoni risultati, soprattutto considerando la propensione dei due a guadagnarsi tiri liberi e quella dei Mavs a concederne.
In ogni caso, le scelte tattiche di Wade e, soprattutto, di James, saranno decisive: Dallas concederà molti tiri dalla lunga distanza, e i dioscuri di Miami non potranno lasciarsi ingolosire, dovendo invece attaccare senza pietà il canestro.
Tanti tiri dalla distanza significano poca efficacia e tanti facili rimbalzi difensivi per Dallas; attaccare il ferro comporta invece più pressione sulla difesa dei Mavs, migliori percentuali e soprattutto più possibilità di caricare di falli i lunghi avversari in generale e Tyson Chandler in particolare.
L’ex compagno di merende di Chris Paul a New Orleans è infatti l’ingranaggio decisivo per questa difesa, l’unico con i piedi abbastanza veloci per accettare qualsiasi cambio sul perimetro ma anche con la verticalità e il tempismo per contestare tiri e raggranellare rimbalzi sotto il tabellone; la sua eccessiva propensione ai falli difensivi è però una spada di Damocle costantemente in bilico sul capo di Carlisle.
Haywood ha centimetri, chili ed è un solido difensore, ma forse troppo statico per questa sfida, soprattutto considerando che Spoelstra sembra sempre più intrigato dai quintetti piccoli con Lebron da 4: una soluzione che con Chandler è improponibile, ma che potrebbe rivelarsi devastante con Haywood sul parquet.
PRONOSTICO FINALE
Volendo ridurre all’osso l’analisi, da un lato abbiamo la naturalezza , gli istinti e la facilità di gioco di Wade e James, dall’altra la razionalità e la precisa esecuzione dei Mavs; Dallas ci ha sorpresi tutti con tre sere magistrali dal punto di vista, come detto, dell’esecuzione, sia in attacco che in difesa.
Alle Finals, però, credo che questi ingranaggi perfetti non riusciranno a rendere allo stesso modo, a reggere a tutta questa pressione, mentre il puro e semplice talento individuale di quei due là non può essere tolto dall’equazione.
Credo quindi che avranno la meglio gli Heat, verosimilmente in sei partite vincendo le prime due in casa e strappando via una delle tre a Dallas; i Mavericks, come detto, devono assolutamente portarsi a casa un 1-1 dalle prime due gare della serie in Florida per poter nutrire serie speranze di titolo.
Siamo tutti nella fogna, ma alcuni di noi guardano alle stelle. O. Wilde
Come sempre sono il fan numero uno del Fleccio, ora mi metto a studiare e prendo appunti!
Favorita Miami. Novitzki se la vedrà con Haslem, rientrato giusto giusto. Marion proverà a stare con james, chandler su bosh, stevenson su wade. Attacco di dallas troppo sbilanciato sul teutonico, che è la chiave per gli scarichi.
Rodrigue Beaubois l’avrei messo in rotazione al posto di Brewer.
sapete se la RAI la trasmette?
sjshhahahahahahahahaha
il cuore…non dimenticate il cuore….!!!! E i problemi fisici di Wade…
La RAI? Assolutamente no, ma perchè si è mai interessata di basket NBA? Le Finals verranno trasmesse su Sky…
Per quanto riguarda l’articolo, come sempre grande Fletcio…
Bella analisi Fletcher, secondo me Barea sarà fondamentale, prevedo che entrerà meglio nella serie di Kidd che faticherà a giocare i P&R…
Speriamo che Cearlisle, qualora avvenga quanto detto sopra, non esiti a cambiare i minutaggi.
sicuramente la sfida nei PnR sarà fondamentale, perché nessuno li gioca meglio di Dallas e nessuno li difende meglio di Miami.
però tra i due play dei Mavs io vedo messo meglio Kidd: la strategia ultra-aggressiva di Spoealstra sui giochi a due è fatta per limitare i giocatori molto veloci, che riescono a “girare l’angolo” in una frazione di secondo e prendere mezzo metro di vantaggio anche se il blocco non è perfetto e anche se il loro difensore è altrettanto atletico.
è una difesa che li costringe a rallentare e ragionare, “sfidando” le loro capacità di autocontrollo, la loro visione di gioco e la loro qualità come passatori.
ad esempio, contro Rose sono riusciti a mettere in luce alcuni dei pochissimi punti deboli dell’MVP, cioè la sua scarsa fiducia nel palleggio in arretramento e la tendenza a passare “in aria”, dopo aver saltato.
Kidd di punti debole del genere non ne ha, e un raddoppio molto aggressivo gli fa paura quanto può fare paura a noi un croissant accanto a un cappuccino… ha giocato più partite delle altre PG affrontate dagli Heat messe assieme, ha i centimetri per guardare al di là del raddoppio, ha gli istinti per fare il passaggio in uscita giusto e con i tempi giusti, ha la competenza tecnica per palleggiare in arretramento a suo piacimento, e trasformare il raddoppio estremo in un’arma a doppio taglio, allontanando l’uomo del bloccante di parecchi metri dal pitturato.
Barea, per parte sua, lo vedo in una posizione molto più delicata. Quel tipo di difesa sui PnR, come detto, è studiata apposta per disinnescare i giocatori come lui, anzi i giocatori molto più forti di lui, i Rose, i Westbrook, i Parker, i Rondo, eccecc. Se Rose non è riuscito a “girare l’angolo” a piacimento contro quella difesa, mi sorprenderebbe molto il fatto che ci riuscisse Barea… e se non può girare l’angolo, e lo costringi a diventare da PG “dinamica” a PG “ragionatrice”, da penetratore e passatore, secondo me vengono fuori tutti i suoi punti deboli.
sapete se la RAI la trasmette?
Povera italia, ma in cosa si e’ evoluta in tutti questi anni? ah.. ad aumentare il costo della benza e le mille tasse…Continuano a far guardare anche se a singhizzo le partite della Champions che non se le caga nessuno tranne i soliti malatoni..che saranno tanti pero sto calcio ha rotto le balle per quanto e’ falso e nessuno protesta.. su rai due poi c’e’ quell’oca della Simo che le balle le ha consumate per altri motivi..tv spazzatura buona solo per far alzare il Bird d’oltreoceano, altro che l’audience..
Vergogna, capre, vergogna!!!
@icentocinquantanni
Sei Vittorio Sgarbi..per caso? :P
..cmq sono d’accordo con te..
gran bell’articolo, ma a lo giudico molto simile a tutti gli articoli introduttivi delle serie play-off giocate da dallas quest’anno: sfavorti con tutti, poi sappiamo tutti pero’ come con portland. lakers e thunder le serie sono finite…..
qui sara diverso?
mah…. e se dallas vincesse a miami in gara 1 e 2? ha gia vinto con i lakers, favoritissimi………
ciao a tutti!!!
bell’analisi, condivido in pieno.. io però dico Dallas 4-3… viste le serie con blaz, lak e thunder mi hanno veramente impressionato.