Chiudete gli occhi, immaginate classe, potenza, carattere, gol, assist, leadership, sentite il boato dei fan verso l’icona che esce con la Stanley Cup, applausi, ecco tutto questo è Mark Messier, l’essere perfetto, il Messia!
Il 18 gennaio 1961 nasce colui che dà del tu al puck: probabilmente neanche piange appena messo al mondo ma guida gli altri bambini verso la vittoria, è fatto cosi Messier, lui è leader, è il giocatore a cui affidi una squadra sapendo che conti su di lui al 100%.
La sua infanzia è piena di hockey come capita ai bimbi in Canada, a quattro anni magari litiga con l’alfabeto ma familiarizza con pattini e bastone.
Gli inizi
Esordisce sul ghiaccio con i Spruce Grove Mets già dagli 11 anni e li guida al successo cinque anni più tardi quando dall’alto della roccia che è diventato con i quasi 100 chili di muscoli domina i coetanei e i suoi tanti minuti di penalità spiegano il fuoco interiore che solo i campioni hanno.
Il vero impatto con arene calde si ha con il debutto nell’Alberta Junior Hockey League, lega che per inciso di tanti prospetti fa sollevare la Stanley Cup solo a 15 giocatori: Duane Sutter(Islanders), Mike Vernon e Dana Murzyn (Avalanche), Mike Needham (Penguins), Kevin Haller (Canadiens), Troy Murray (Avalanche), Jim Nill (Red Wings) Richard Matvichuk (Stars), Ken Sutton (Flames), Pratt, Reinprecht e Hammett (ancora Avalanche nel 2001), Commodore, Wesley e Adams (Hurricanes), nessun fenomeno esagerato, nessuno prima dell’Alce di Edmonton.
Messier unisce la potenza e la classe di chi indifferentemente può giocare ala sinistra o centro, unita ad una cattiveria imprevedibile che lo rende il giocatore più completo della sua generazione.
In AJHL spiccano i tanti minuti di penalità ma non risalta la classe, il passaggio al livello successivo di hockey è complicato eppure l’Alce (perché questo nickname?scontratevi con un alce poi richiedetelo) chiude con 74 punti in 54 partite costellati da 194 minuti in panca puniti. L’approdo in Wha prima con gli Indianapolis Racers poi con i Cincinnati Stingers blocca le sue statistiche a livello realizzativo.
La Wha è soppressa nel 1979 e le squadre finiscono nella Nhl, sua acerrima concorrente (al momento del ritiro Messier sarà l’ultimo giocatore Nhl ad aver militato in Wha), al primo approccio con i pro Mark continua a non impressionare e tanti nel draft se lo dimenticano. Viene scelto al terzo round col numero 48, destino o fortuna non si sa ma approda negli Edmonton Oilers, la squadra della città natia, qualcosa di simile ad un dream team che verrà
Edmonton Oilers
Gli Oilers passano dalla Wha alla Nhl e il battesimo nel draft è con lode, arrivano Kevin Lowe al numero 21, Mark Messier con la scelta n.48 e Gleen Anderson col 69, cui si aggiungono Paul Coffey n.6 nel 1980 con Jari Kurri n.69 e il portiere Andy Moog col numero 132 che condivide il ruolo con Grant Fuhr n.8 del 1981. Dimentichiamo una cosa “di poco conto”, ai sopracitati campioni si aggiunge sua Maestosità Wayne Gretzky già tra le fila canadesi, la squadra dei sogni è bella e creata.
Da team materasso Edmonton sfida l’egemonia dell’epoca chiamata NY Islanders, Messier cresce e fa vedere una classe cristallina con 50 gol segnati alla sua terza stagione e un impatto con la Nhl che diventa devastante. Gli Oilers arrivano secondi assoluti con Fuhr che resta imbattuto per 23 partite di fila, record per un rookie e Gretzky sigla 212 punti in stagione, primato ancora assoluto (e inarrivabile). Edmonton è macchina da gol, segna 417 reti, 5.2 di media a partita ma a sorpresa vengono eliminati dai Kings in una drammatica serie.
Messier impara la dura legge dei playoff, Edmonton si migliora nel 1982-83 arrivando sino alla finalissima ma l’egemonia Islanders di Denis Potvin è dura a morire e la disputa si chiude 4 a 0. La classifica marcatori stagionale è impressionante, guida Gretzky con 196 punti poi Messier a quota 106, Anderson e Kurri 104, Coffey 96 cosi spiegando i 424 gol stagionali in regular season.
Ecco la Stanley Cup
La rabbia di aver sfiorato la Stanley Cup crea una squadra mostruosa, al talento enorme ecco la leadership che Mark Messier diffonde tra i compagni. Arriva la stagione perfetta per gli Oilers, primi nella regular season con 119 punti, 446 gol (record Nhl), + 15 punti sugli Islanders secondi, con Gretzky, Kurri e Anderson che viaggiano intorno ai 50 gol (The Great One esagerato a quota 87) e iniziano a mietere vittime nei playoff.
Spazzati via i Winnipeg Jets gli Oilers devono soffrire le 7 gare per liberarsi dei coriacei Calgary Flames per poi eliminare i Minnesota North Stars nelle finali di conference.
La finalissima è il remake dell’anno precedente contro gli Islanders, questa volta però s’impone Emonton per 4 a 1, rifilando un doppio 7-2 tra gara 3 e 4 in terra canadese e poi esultando nell’essere la prima squadra ex Wha a imporsi in Nhl.
Se Gretzky è il goleador principale Mark Messier incarna il giocatore perfetto, 8 gol e 18 assist fanno di lui il migliore della postseason e si guadagna il Conn Smythe Trophy, ora è nell’ olimpo delle leggende Nhl.
Spazzata via la dinastia Islanders per gli Oilers arrivano altre 4 Stanley Cup nelle successive 5 stagioni con il pokerissimo interrotto solo dai Montreal Canadiens nel 1985-86.
Dai trionfi si passa però allo shock.
L’era post Gretzky
Riavvolgiamo il nastro alla finalissima Boston-Edmonton in cui l’unico avversario del Dream Team è un blackout che azzera la gara giocata nel”giardino” dei Bruins, la serie si chiude 4 a 0, Gretzky solleva la coppa e chiede a tutti i componenti dello staff canadese di entrare sul ghiaccio e fare una foto tutti insieme, rituale che da quel giorno si ripropone in ogni trionfo con la coppa d’argento.
In pochi lo sanno ma quell’attimo è l’ultimo ricordo di Great One con la casacca di Edmonton visto che le valigie per Los Angeles sono pronte e si concretizzano il 9 agosto 1988.
Il degno successore nella gerarchia dei capitani Oilers è proprio Mark Messier, “L’Alce”diventa ora l’icona dei fan che subiscono il brutto scherzo del destino di ritrovare i Kings nei playoff 88-89 con conseguente eliminazione al primo turno in favore dell’ex Re che, in ogni caso, a Los Angeles non esulterà mai.
Lo sconforto la fa da padrone nella tifoseria di Messier.
L’Alce non è dello stesso avviso dei fan, spinto dalla pesante eredita di Gretzky si regala una stagione 89-90 fantastica (sul ghiaccio all’ epoca fanno esordio Sundin, Kolzig, Lidstrom e Fedorov, i Red Wings non si qualificano per l’ultima volta ai playoff, miglior striscia positiva a oggi negli sport Usa), gli Oilers chiudono dietro i Flames in stagione regolare nella Smythe Division, con la soddisfazione di staccare i Kings di 15 punti, col capitano che chiude a 129 punti dietro il solito Gretzky a quota 142.
I Kings sono tutt’altro che sconfitti, anzi battono proprio i Flames testa di serie n.1 e rifilano un 12-4 in gara 4, cosi si arriva all’ennesimo duello.
La vendetta va servita al momento giusto, secondo turno dei playoff e Edmonton spazza via Gretzky e Kings 4 a 0, è la semi-apoteosi (solo 7-0 e 6-1 nelle prime 2 gare).
Distratti dalla goduria di aver mandato a casa il Re, gli Oilers combinano un pasticcio con i Blackhawks ma sotto 2 a 1 nella serie Mark Messier si presenta a Chicago spiegando cosa vuol dire la parola leggenda, segna 2 gol e fa 2 assist nel 4-2 finale che fa da trampolino di lancio alle successive 2 vittorie che danno il pass verso la finalissima contro Ray Bourque e i suoi Boston Bruins.
Le 2 icone della Nhl si contendono anche il titolo di MVP stagionale vinto da Messier con il margine più ristretto della storia sul secondo, solo 2 punti.
La finalissima è a senso unico, Bill Ranford, goalie di Edmonton, blocca Boston ed è incoronato MVP dei playoff, Messier solleva la coppa dopo 5 gare e il 4 a 1 inflitto al Boston Garden.
Senza Gretzky, senza lacrime, grossi clamori o aspettative ecco di nuovo gli Oilers campioni, tutto come prima, tranne la visita della Stanley Cup in un locale di streaptease come nel 1987, dove, dimenticata, viene ritrovata ammaccata e con i fan che ancora ci bevono su.
Il Messia
Vincere in una squadra di fenomeni è gratificante, al limite dell’apoteosi, ma insegna il Mourinho nerazzurro ad un Ibra col mal di pancia in partenza verso Barcellona “se vinci Champions con loro sei uno dei tanti, non il più grande!”, lo stesso discorso si avvicina a Messier nell’ era Gretzky, serve qualcosa di leggendario.
Nella Nhl c’è una squadra affascinante che ormai non vince da 54 anni e gioca in un tempio dell’hockey, sono i New York Rangers.
Il binomio Messier-Blueshirts nasce nel 1991 quando il capitano Oilers vola nella Grande Mela in cambio di Nicholls, Rice, DeBrusk e appena messa la nuova maglia arrivano subito i gradi di condottiero con la lettera C sopra.
Rinvigorito a NY chiude la prima stagione con 107 punti grazie a 35 gol e 72 assist, meglio dei 91 punti che fa l’anno successivo mancando però i playoff e nel 1992 è ancora miglior giocatore del campionato.
È il 1993-94, intorno a Mark giocano i vari Mike Richter, Kevin Lowe, Esa Tikkanen, Gleen Anderson, Craig McTavish (tutti ex Oilers) oltre a campioni come Brian Leetch e Adam Greaves.
La cavalcata in regular season è formidabile chiudendo con 112 punti, 11 più dei Penguins secondi.
Come insegna la storia non si è grandi senza la coppa e i Rangers sono a bocca asciutta da troppo tempo.
Il trampolino di lancio dei Rangers sono i cuginetti degli Islanders che vengono spazzati via subito, poi 5 partite e tanti saluti ai Capitals sino ad arrivare all’ennesimo derby con i New Jersey Devils.
Lo spavento è grande, qualcosa s’inceppa e i Diavoli conducono la serie 3 a 2, ad una sola vittoria dalla finalissima, cosi, come consigliato agli eroi parla Mark Messier, è il 25 maggio 1994, giorno di Capitan Coraggio.
Messier non si limita a predicare, scende sul ghiaccio pronto a tutto, avvisa Martin Brodeur e gli rifila una tripletta, i Rangers vincono 4 a 2 e pareggiano la serie, cosi dopo quella dichiarazione Messier diventa il Messia, colui che porterà i suoi verso il paradiso.
In gara 7 l’eroe è Stephane Matteau che segna il gol del 2 a 1 in un doppio supplementare tra il delirio del Madison Square Garden e del radiocronista Howie Rose voce storica a NY.
Si spalancano le porte della finalissima, di fronte ecco la novità Vancouver Canucks guidati da Pavel Bure.
Per Messier la motivazione è altissima, far meglio del più grande, quel Wayne Gretzky che l’anno prima porta in finale i Kings ma perde con i Montreal Canadiens.
L’entusiasmo post Devils costa ai Rangers un’altra maratona in gara 1 dove vincono i Canucks al supplementare, Gelinas condanna il Madison e i suoi giocatori.
Colpiti ancora nell’orgoglio i Rangers si arrabbiano e collezionano una tripletta vincendo le 3 successive partite per 3-1, 5-1 e 4-2, preparando il palcoscenico della Grande Mela alla festa del 9 giugno.
Con i mondiali di calcio alle porte diventa mondiale anche la reazione dei Canucks che rovinano la festa espugnando il Madison 6 a 3 e addirittura facendo esplodere il Pacific Coliseum in una rocambolesca gara 6 chiusa 4 a 1 tra le polemiche Rangers per un gol non concesso.
Cosi il bivio arriva martedi 14 giugno, Mark Messier sarà Re o imiterà Gretzky?
Messier è il Messia, guida i suoi verso un doppio vantaggio quando i Canucks reagiscono segnando il 2 a 1 con l’icona canadese Trevor Linden e mentre la paura arriva sottile ecco che Mark segna il 3 a 1 vanificando la doppietta di Linden e rendendo gli ultimi minuti della gara un lungo calvario per tutti i tifosi.
Alla sirena finale Messier regala alla Nhl immagini stupende saltando su e giù come un bambino che non ha mai vinto niente e poi non sta nella pelle quando Bettman gli consegna la Stanley Cup, sollevata da capitano con 2 squadre diverse, unico in quest’impresa, col Messia che ha mantenuto la promessa, 54 anni dopo i Rangers si meritano la parata di stelle a NY.
Epilogo
Vincere la coppa con i Rangers è il punto più alto dell’Alce, diventato poi Capitan Coraggio e poi il Messia. Un trionfo cosi vale doppio rispetto anche alla gloriosa Canada Cup del 1987 dove Messier fa da sparring partner a Lemieux e Gretzky, indossando la maglia con la foglia d’acero nel 84-87-91 per la Canada Cup, poi campionato del mondo 1989 e coppa del mondo 1996.
Gli anni successivi alla vittoria della Stanley sono ancora proficui tra gol e assist, con 99 punti siglati alla soglia dei 35 anni e il regalo della sua squadra di affiancargli nel 96/97 niente meno che Wayne Gretzky.
I sogni di gloria della coppia d’oro ex Oilers s’infrangono in finale di conference contro Eric Lindros e la sua “Legion of Doom” linea devastante dei Flyers con LeClair e Renberg.
Oltre al danno la beffa, i Rangers non rinnovano il contratto a Messier vedendo in Gretzky e LaFontaine 2 centri più forti, cosi tra l’ira dei tifosi per la separazione Mark firma con i Canucks allenati da Mike Keenan coach dei Rangers 1994.
A Vancouver le cose partono subito male quando Trevor Linden dice di gradire Messier come capitano, mossa che indispettisce i fan che vedono solo lui con la C sulla maglia, poi però lo stesso ex capitano finisce agli Islanders. Il Messia chiede di indossare il suo solito numero 11 ma i Canucks, in memoria di Wayne Maki scomparso a causa di un tumore al cervello nel 1974, quel numero l’hanno ritirato e riconsegnarlo anche a uno come Messier non regala grande credito al feeling con Vancouver.
Il momento toccante della nuova avventura con i Canucks è il ritorno al Madison dove la venerazione verso la leggenda fa commuovere Messier grazie a standing ovation illimitate.
Le cose in terra canadese non vanno per il verso giusto e l’avventura Canucks si chiude dopo 3 stagioni e la mancata convocazione alle Olimpiadi del 1998 finalmente aperte ai professionisti.
Da free agent ha occhi solo per un team, un pianeta, un modo di essere, ritornare ai New York Rangers!
Brian Leetch gli consegna i gradi di capitano di una franchigia che dimentica subito i dissapori tra dirigenza e Mark.
Non arriveranno trionfi ma il Messia il 4 novembre 2003 supera Gordie “Mr.Hockey” Howe al secondo posto nella classifica a punti di tutti i tempi, anticipando l’emozione della sua ultima passerella al Madison dove è applaudito ad ogni tocco del disco, decidendo per il ritiro a 43 anni.
Chiude con 1.756 gare giocate, 694 gol e 1.193 assist per 1.887 punti, alle spalle dell’irraggiungibile Gretzky primo.
Hall of Famer al primo anno in cui è possibile eleggerlo, carismatico al punto che la Nhl dà il suo nome al premio stagionale per il miglior giocatore che sa motivare i compagni ed è esempio di leadership.
Cattivo al punto giusto, mai domo, devastante sia in fase offensiva che difensiva, se chi vuole un cannoniere o assist man sceglie Gretzky o Lemieux con Messier si ottiene il pacchetto totale, il giocatore più completo della sua generazione, l’essere perfetto, lui, Mark Messier, semplicemente il Messia.
Perchè Messier è inimitabile:
1983-84 – Campione Stanley Cup – Edmonton Oilers
1984-85 – Campione Stanley Cup – Edmonton Oilers
1986-87 – Campione Stanley Cup – Edmonton Oilers
1987-88 – Campione Stanley Cup – Edmonton Oilers
1989-90 – Campione Stanley Cup – Edmonton Oilers
1993-94 – Campione Stanley Cup – New York Rangers
1983, 1984 , 1985, 1987 , 1988, 1990 – Clarence Campbell Bowl – con Edmonton Oilers
1986, 1987 – President Trophy con Edmonton Oilers
1992, 1994 – President Trophy con New York Rangers
1994 – Prince of Wales Trophy
1989-1990 – Hart Memorial Trophy
1991-1992 – Hart Memorial Trophy
1983-1984 – Conn Smythe Trophy
1989-1990 – Lester B. Pearson Award
1991-1992 – Lester B. Pearson Award
1981-1982 – First Team All-Star come Ala sinistra
1982-1983 – First team All-Star come Ala sinistra
1989-1990 – First Team All-Star come Centro
1991-1992 – First Team All-Star come Centro
1983-1984 – seconda squadra All-Star Ala sinistra
Ha giocato in 15 NHL All-Star game nel 1982 , 1983, 1984 , 1986, 1988, 1989, 1990, 1991, 1992, 1994, 1996, 1997, 1998, 2000 e 2004
L’unico atleta professionista ad aver capitanato due squadre di campionato diverse , gli Edmonton Oilers e i New York Rangers .
Nel 1998, è stato classificato numero 12 su The Hockey News ‘ nella lista dei 100 più grandi giocatori di hockey .
È secondo per partite giocate, 11 in meno rispetto alle 1767 di Gordie Howe
E ‘stato l’ultimo giocatore in attività che ha giocato nel 1970.
E ‘stato l’ ultimo giocatore in attività che ha giocato nel Mondiale Hockey Association .
Ha giocato a hockey per un quarto di secolo (1979-2004)
Non male per un Messia!
Supereroe travestito di giorno da ragioniere e di notte da redattore, Francesco Fiori nasce il 30 maggio 1983 a Sassari e da subito capisce che lo sport è come una passione esagerata, allevato con pane e album Panini. Un sardo che ama il ghiaccio, impossibile, conosce la Nhl grazie ai compiti dell’ora di pranzo che rinvia a causa della dipendenza da TELEPIU2. E’ nel giugno 2008 che decide per curiosità di collaborare con Playitusa grazie ad un pezzo dedicato al grande eroe Mario Lemieux. Non solo Hockey tra le passioni di colui che è casinista, testardo e sognatore (più altri mille difetti), segnala l’amore per la bici (definita sua dolce metà) ma anche una dedizione totale a calcio (INTER), basket (DINAMO SASSARI) e qualsiasi cosa sia sotto la voce SPORT e non lo faccia dormire.
Se anche voi non dormite rintracciatemi alla mail fcroda@yahoo.it giusto per 2 risate.
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